Viaggio nella Tavola di Smeraldo tra Protochimica e Filosofia Ermetica. – Parte Quinta

Riflessioni sull’Alchimia

di Elena Frasca Odorizzi

Bisogna precisare che Zosimo, non criticava la Magia, perché la riteneva pura superstizione, ma anzi, proprio perché credeva nel suo potere, temeva che potesse essere usata nel modo sbagliato. Era, infatti, credenza comune dei popoli antichi che la Magia, nel suo aspetto più sacro, non fosse altro che il rituale religioso dei Sacerdoti (1), cioè di coloro che interpretavano la Volontà Divina, attraverso i Segni, (gli Auspicia), che gli Dèi imprimevano nel Mondo, “rispondendo”, con riti sacrificali, basati su precise corrispondenze, elaborate e raccolte in libri sacri, generazione dopo generazione (2). Il problema, per Zosimo, era cosa si intendesse sacrificare: la propria prospettiva limitata ai bisogni del corpo, per ascendere agli Dèi, o cercare l’aiuto delle forze intermedie, per seguire i desideri materiali? La Magia, ai suoi occhi, diventava impura, solo se priva di afflato mistico, quando cioè utilizzata per seguire le illusioni del mondo e non per predisporre il ritorno dell’Anima alle sedi celesti, dopo la morte.
Nel caso della Magia Mesopotamica, in origine, questa era una Scienza Divina e un’Ars Regia, parte integrante della Religione di Stato,  riservata ai soli Sovrani, come quella Egizia, e controllata dai Sacerdoti, anche nelle forme concesse alla cittadinanza, per il benessere della Comunità. Quando la potenza dei popoli che abitavano tra il Tigri e l’Eufrate decadde, questo sistema per comunicare con il divino  iniziò ad allontanarsi dal suo scopo originario, venendo praticato al di fuori del contesto religioso e statale nel quale era nato. Il processo di decadimento fu accelerato dal piano di Ellenizzazione iniziato con le conquiste di Alessandro Magno e portato avanti dai suoi successori, cosicché, in epoca greco-romana, con il nome generico di Caldea, si intendeva indistintamente tutta la regione Mesopotamica (3), finché il termine stesso, Caldeo, perse ogni connotazione etnica e geografica, andando a indicare esclusivamente i cultori di una specifica branca di un’arte divinatoria chiamata Astrologia, nata in Mesopotamia, ma praticata  da una sorta di consorteria di mestiere, che la diffuse per tutto l’Impero, anche grazie al sincretistico Culto di Mithra. L’Astrologia Mesopotamica era fondata sul principio che il Cielo e la Terra, comunicassero tra sé attraverso le Stelle e i Pianeti, i quali trasmettevano segnali ben precisi sulla Terra, comprensibili solamente a coloro che sapevano interpretare questi Segni, ovvero i Sacerdoti specializzati in Astrologia (4)e Aruspicina (5):

« Cielo e terra, ambedue mandano segni univoci, ognuno per proprio conto, ma non indipendentemente, (ché) cielo e terra sono interconnessi, un segno cattivo in cielo è anche cattivo in terra, un segno cattivo in terra è anche cattivo in cielo! (Manuale dell’Astrologo caldeo, l’Enuma Anu Elil) (6) ».

Anche per localizzare una Miniera e compiere operazioni chimiche era necessario, affiancare la fede e il rituale religioso, alla tecnica artigiana (7), perché si trattava «di una invasione nel grembo della Terra», che altrimenti non sarebbe rimasta impunita (8) , stava, quindi, «agli dei o agli esseri divini rivelare la loro ubicazione o insegnare agli uomini le modalità di sfruttamento del loro contenuto (9)». A questo proposito troviamo una fonte interessante nel poeta astronomico Manilio, (I a.C. – I d.C.), che nel trattare il segno zodiacale del Capricorno ci dice che sotto la sua influenza non solo è possibile la displosis, cioè il raddoppiamento di una quantità di metallo prezioso, ma anche la ricerca di metalli nascosti e ricchezze sepolte, quindi di miniere (10). Per quanto riguarda, invece, la costruzione di un forno per metalli, secondo modalità rituali ben precise, esiste un frammento proveniente dalla Biblioteca di Assurbanipal, che secondo lo Studioso Robert Eisler, andrebbe considerato come la prima fonte storica attestante l’esistenza di una alchimia mesopotamica:

«Quando predisporrai il piano di un forno per minerali (ku-bu), tu cercherai un giorno propizio in un mese propizio, e allora predisporrai il piano del forno. Mentre essi costruiscono il forno tu [li] sorveglierai e lavorerai tu stesso (?) [nella casa del forno]: tu porterai gli embrioni [nati anzitempo], un altro (?), uno straniero non deve entrare, né alcuno impuro deve camminare davanti a lessi: tu devi offrire le libagioni dovute davanti ad essi: il giorno in cui tu depositerai il “minerale” nella fornace farai un sacrificio davanti all’embrione; poserai un incensiere con incenso di pino; verserai birra kurunna davanti ad essi. Accenderai un fuoco sotto la fornace e deporrai il “minerale” nella fornace. Gli uomini che condurrai perché si prendano cura della fornace devono purificarsi e [dopo] disporrai perché abbiano cura del forno. Il legno che brucerai sotto la fornace sarà dello storace (sarbatu) spesso, grossi ceppi scortecciati, che non sono stati [esposti] in fasci, ma conservati sotto rivestimenti di pelle, tagliati nel mese di Ab. Questo legno sarà messo nella tua fornace (11)».

Gli aspetti Magici dell’Alchimia non sono, quindi, assenti dalla Tavola di Smeraldo, solo perché non si vedono: essi semplicemente sono occulti, nascosti, cioè la pervadono intimamente, in una forma allegorica, che comunica direttamente con l’intelligenza del nostro pensiero laterale intuitivo, dimostrabile con lo studio del pensiero filosofico e religioso dell’antichità.

Sono pensieri sottintesi, in parole come meditatione e adaptatione, all’interno di un testo nel quale l’Autore spiega come Dio abbia creato il mondo, ma non è interessato a divulgare in quali altri modi e con quali altre finalità l’Alto e il Basso possano interagire, a parte l’Arte Distillatoria. Di questi argomenti se ne occuperà, pochi anni dopo, un altro testo arabo, il Gāyat-al-hakīm, letteralmente il Fine del saggio, che divenne famoso in Europa con il nome di Picatrix. A causa del suo contenuto venne rapidamente messo all’indice dalla Chiesa, ma questo non gli impedì di essere presente nelle biblioteche degli studiosi più importanti del Medioevo e del Rinascimento. In questo libro, che utilizza anch’esso, espressioni provenienti dai Testi Ermetici, si insegnano la Scienza delle Corrispondenze, l’Arte di creare Talismani e quella di evocare e utilizzare gli Spiriti Planetari, cercando, però, di recuperare l’antica concezione sacra del Mago, che è anche Sacerdote e Teurgo. «Il mago  non è  mai un ciarlatano, un imbonitore, un falsificatore; egli è chiamato alla conoscenza e affianca la natura aiutandola a svelarsi». Egli è un Teurgo, che non si sostituisce a Dio, perché non crea niente dal nulla, ma possiede l’arte di trasformare e manipolare, quindi: « […] egli non opera miracoli ma legge le profonde forze del creato, facendosi intermediario fra cielo e terra, sacerdote  estremo della natura e della gloria di Dio». Mago è colui « […] il cui potere e facoltà proviene dalla conoscenza profonda della natura e del tutto, della physis, dal conoscere quali sono le connessioni che legano le idee al mondo. Statue e  talismani sono immagini intermediarie tra i due mondi e il mago, sulla base della conoscenza della natura, diviene capace di leggere gli influssi e modificarne le tendenze, se nefaste, in energie positive (12).»
Anche gli Stoici e Plotino, riconoscevano l’esistenza di questi influssi astrali e divini, dandone una spiegazione filosofica, che portò il Neoplatonico Giamblico a non ritenere sbagliato ricorrere alla Magia. Giamblico, (245 – 325), era certo, infatti, che Ermete Trismegisto fosse il  Maestro per eccellenza dell‘Arte Teurgica e che nell’Ermetismo confluissero Alchimia, Magia e Astrologia. Ispirato dagli Oracoli Caldaici, fece della Teurgia l’argomento centrale del suo De Mysteriis, tentando di fondere la filosofia neoplatonica con la magia egiziana, a carattere mistico religioso, per realizzare così l’ideale platonico della assimilazione a Dio, attraverso l’unione sovrarazionale (13).
Gli Stoici chiamarono questo profondo legame esistente tra il Divino e la sua Manifestazione con il nome di Simpatia, considerandolo come un sentire comune, un sentire insieme, che congiungeva su ogni piano del visibile e dell’invisibile, il Tutto con le sue Parti. Plotino, lo riprese, spiegando che erano le Emanazioni a mettere in contatto l’alto e il basso, veicolando nella materia le qualità occulte divine, (cioè invisibili agli occhi, diverse da quelle fisiche proprie degli elementi stessi), discendenti nel Regno Terrestre, attraverso la struttura del Regno Celeste, cioè gli Astri e i Pianeti.
Tutti, dunque, concordavano sull’esistenza di una infinita trama di concordanze e armonie tra gli Enti Celesti e quelli Terrestri, che tanto affascinò Giordano Bruno e che spiegava “razionalmente (14)” le pratiche magico-religiose, le quali  diventavano criticabili, solo quando deviavano dalla loro autentica finalità e venivano usate per interessi materiali:

«Come devono essere spiegate le pratiche magiche? Mediante la simpatia, per mezzo dell’esistenza di una concordanza delle cose simili e una contrarietà delle cose dissimili, e grazie a una diversità di molti poteri operativi nell’unico universo vivente. Senza alcuna costrizione esterna, avvengono molti incantesimi e magie. La vera magia è l’Amore (Philia) e l’Odio (Neikos) nell’Universo. Nelle pratiche magiche gli uomini volgono tutto questo ai loro scopi (15)»

D) Pater eius est Sol, mater eius est Luna. Portauit illud uentus in uentre suo. Nutrix eius terra est.
D1) Il Sole è suo padre, la Luna è sua madre, il Vento l’ha portata nel suo ventre, la Terra è la sua nutrice.
D2) Suo padre è il Sole, sua madre la Luna. Il Vento lo portò nel suo grembo. La Terra è la sua nutrice.

In questo passaggio viene esposta la Teoria Alchemica della Trasmutazione degli Elementi, che si manifesta attraverso l‘Unità dei Contrari, cioè attraverso due movimenti opposti e complementari, la condensazione e la rarefazione:

« Venendo ai particolari, il suo pensiero [di Eraclito] era questo. Elemento primo è il fuoco, e tutte le cose “si hanno in cambio del fuoco” e si producono per rarefazione e condensazione. In forma chiara tuttavia non si diffonde a spiegare nulla. Le cose nel loro divenire seguono la legge dei contrari e tutto ciò che esiste scorre al modo di un fiume. L’universo è finito ed esiste un unico cosmo: esso è generato dal fuoco e di nuovo si risolve nel fuoco con ritorni ciclici fissi e per tutta l’eternità, e tutto è governato dal fato. Fra i contrari, quello che conduce alla generazione lo chiama

“guerra e contesa”, quello che porta alla conflagrazione “accordo e pace”, e il mutamento la “via in su e la in giù”: è seguendo questa che il mondo diviene. (16)»

Il filosofo Empedocle, (490/85 – 425/30 a.C.), riprendendo da Eraclito l’ipotesi che il principio di tutte le cose fosse il Divenire e accettando l’idea di Parmenide, (515 – 450 a.C.), che la molteplicità di tutto questo divenire fosse apparente, affermò che niente si crea dal niente, ed esiste una Origine Unica di tutta questa mutevolezza, che non può che essere che Una, ingenerata e immortale (17). Essa è un Tutto omogeneo, sferico e armonioso, quando regna la forza coesiva dell’Amore perché prevale l’Aggregazione, mentre, quando vince la Discordia, allora il Tutto si disgrega lentamente e la Separazione dei suoi componenti primi (18) porta alla formazione del Mondo della Molteplicità (19). Questi principi costitutivi della Prima Materia, secondo Empedocle , erano le quattro sostanze enunciate dai Naturalisti, che lui definì Radici (20) di tutte le cose e che Platone, in seguito, chiamò Elementi (21). L’idea che nella Quadruplicità fosse rappresenta la manifestazione dell’Unità nella Molteplicità era stata formulata anche dai Pitagorici, attraverso la  loro sacra Tetraktis, mentre un assioma di Maria l’Ebrea recitava che: « l’Uno diventa Due, i Due diventano Tre, e per mezzo del Terzo, il Quarto compie l’Unità (22)».
Empedocle affermò anche, che la differenza tra le Creature era dovuta alla diversa percentuale di mescolanza delle Quattro Radici, mentre Filistione di Locri (IV secolo a.C.), un medico della sua scuola, notando cheil Fuoco e l’Aria, essendo simili, si dirigevano verso l’alto, mentre i loro opposti, l’Acqua e la Terra, si dirigevano verso il basso, fece notare che ciascuna Radice era contraddistinta da una qualità: per il Fuoco era il Caldo, per l’Aria il Freddo, per l’Acqual’Umido e per la Terra il Secco».

NOTE

1) L’Astrologia in Mesopotamia era considerata una  scienza per iniziati, perché si riteneva che essa fosse di origine divina. Nei Colofoni Assiri e Babilonesi troviamo il divieto a rendere nota questa scienza ai non iniziati definendolo un tabù divino: «L’iniziato la mostri all’iniziato, il non iniziato non la deve vedere è questo un tabù divino » GIOVANNI PETTINATO, La Scrittura Celeste, la nascita dell’astrologia in Mesopotamia, Milano, Mondadori, 1998, pp. 163 – 64 . Solo i Sacerdoti potevano, quindi, occuparsi di Astrologia, così come esisteva una distinzione tra la Profezia Cultuale e Non Cultuale. Profeta vuol dire letteralmente colui che parla per qualcuno, a nome di un altro, in questo caso di un Dio. Si tratta quindi non di un indovino, ma di un prescelto a ricevere un messaggio dalla divinità, affinché lo traduca per il sovrano o per la popolazione. Il Profetismo Cultuale in Mesopotamia, ma probabilmente anche in Egitto, era esercitato solo da persone addette professionalmente al culto e trattava di cose sacre, mentre il Profetismo non cultuale era espletato da persone non addette al culto, perché riguardava cose profane come le spedizioni militari, gli affari politici. Ivi, p.  37. In Zosimo si legge: « L’arte chiamata divina, cioè la dottrina a cui si dedicano tutti coloro che praticano le manipolazioni e le arti nobili – cioè le quattro arti relative all’oro, all’argento, alla porpora e alle pietre – , quest’arte divina era stata concessa solo ai sacerdoti [egiziani] ». ( Questo passo di Zosimo, citato a partire da un testo d Olimpiodoro, era stato pubblicato in Berthelot, Ruelle (1888, vol. II) ed è stato riedito seguendo il manoscritto marciano, da Letruit (1995, p. 19, cfr. anche pp. 85-7). Il passo citato segue quest’ultima edizione riportata da Michela Pereira, che integra il testo d Berthelot. ) . Vedi anche ZOSIMO DI PANOPOLI, Visioni e Risvegli, op. cit. , p. 185 e segg.

2) In pratica gli Dei avevano un loro linguaggio e gli antichi pensavano di aver scoperto quel linguaggio. Vedi la Religione Etrusca e il significato dei Liber Rituales, in Etruschi, una nuova immagine, a cura di Mario Cristofani, Firenze, Giunti, 2000, pp. 139-169.

3) Caldea veniva chiamata anche Babilonia in epcoa ellenistica. GIOVANNI PETTINATO, La Scrittura Celeste, op. cit. , p. 32 .

4) L’Astrologia Oraria considera che ogni opera umana sia influenzata da determinate costellazioni di cui conserverebbe l’impronta, così si danno oroscopi a navi, ponti, organizzazioni, fabbriche, ecc.  C’è poi anche l‘Astrologia Astrometeorologica che studia l’influenza astrale sui fenomeni sismici e atmosferici (pioggia, vento, maremoti, terremoti).  DORA D’ALÒ, Storia dell’ Astrologia, I Libri di sirio, I volume, Milano, Editoriale Albero, 1992, p. 96.

5) «Ogni cosa, nella mentalità babilonese aveva una precisa ragione d’essere, niente nasceva per caso o si presentava così com’era senza un valido motivo. Il tuono, la pioggia, le eclissi, le malformazioni dei feti o degli organi interni degli animali, tutto a era dai Babilonesi catalogato. Seguendo vie che oggi non sono per noi comprensibili, essi traevano da ogni fenomeno una deduzione sul significato fausto o infausto che poteva avere nella vita quotidiana, tanto del singolo che della società […] Vista sotto questa luce la Divinazione appartiene a quella forma di rivelazione che noi potremmo definire direttamente “indiretta”, in quanto la divinità non si rivela direttamente ma per mezzo di fenomeni naturali come il movimento degli astri, i fenomeni atmosferici, i movimenti degli animali, le nascite, ecc. (prima categoria), oppure per mezzo di fenomeni provocati dai sacerdoti a tale scopo, come l’esame delle viscere e soprattutto del fegato degli animali, l’osservazione del fumo dell’incenso o delle gocce d’olio nell’acqua (seconda categoria)»; GIOVANNI PETTINATO, La Scrittura Celeste, la nascita dell’astrologia in Mesopotamia, Milano, Mondadori, 1998, pp. 32 – 33 – Confronta con quanto citato sull’influenza dei Decani.

6) Ivi, p. 106.

7) L’idea che i Metalli potessero crescere e mutare nella Terra e che quindi le Miniere, come i Campi, dovessero essere lasciate a riposo, era nata da osservazioni empiriche, impropriamente generalizzate, come il veder crescere di anno in anno i cristalli in una miniera, a causa delle  infiltrazione degli strati di roccia delle pareti oppure dal veder scorrere l’acqua su di una lastra di ferro, che lentamente si dissolveva, mentre su di essa crescevano grossi cristalli di rame Prima che si comprendessero i processi chimici di ossido-riduzione alla base di queste trasformazioni, quest’ultimo esperimento era considerato una prova tangibile della possibilità di trasformare i metalli anche da chi si considerava scettico nei confronti dell’alchimia come Giorgio Agricola (1494-1555), il padre della Metallurgia, autore della monumentale opera De Re Metallica Vedi HELMUT GEBELEIN, Alchimia, op. cit. , pp. 41-43

8) Ivi , pp. 41

9) MIRCEA ELIADE, Arti del Metallo e Alchimia, op. cit. , p. 49

10) «Quindi tu [Capricorno] influenzi le arti e lo studio. Di qualunque cosa abbia bisogno il fuoco ai suo scopi, richiedendo nuove fiamme per le sue opere, sotto di te viene stabilito. Per cercare i metalli nascosti e le ricchezze sepolte, per calcinare le vene della terra, per raddoppiare ad arte la materia con mano sicura, tutto ciò che è fabbricato con argento od oro, ciò che in ferro e in bronzo i fabbri ardenti fondono [solvant] e i focolari di Cerere perfezionano, sorge come tuo dono … Da ciò anche la mobilità delle cose, e la mente mutevole che spesso ondeggia», Manilio, IV 243 segg.in JACK LINDSAY, Le origini dell’Alchimia nell’Egitto Greco-Romano, op. cit., p. 43

11) MIRCEA ELIADE, Arti del Metallo e Alchimia, op. cit. , pp. 64-65.

12) Commento al Picatrix di Roberto Taioli in http://www.riflessioni.it/alchimia/picatrix-00.htm . Il Picatrix fu scritto da Abū l-Qāsim Maslama b. Ahmad al-Majriti, oriundo di Cordoba morto nel 1007-8 d.C. Fu tradotto in latino intorno alla metà del XII secolo.

13) GIAMBLICO, op. cit., I misteri dell’Egitto, pp.95-98, VIII, 4-8.

14) Gli Stoici erano favorevoli all’Astrologia, (compresa la pratica degli oroscopi), perché attraverso essa si poteva dimostrare la Razionalità del Cosmo, visto come un’unica catena di cause, che generavano eventi che si ripercuotevano su ogni altra parte del mondo. In base a questa concatenazione di eventi prestabiliti ai quali l’essere umano cooperava all’interno della Totalità Cosmica, per lo Stoico non vi era altra strada che «vivere conformemente alla Natura».

15) PLOTINO, Enneadi, IV, 40, riportato in JACK LINDSAY, Le origini dell’Alchimia nell’Egitto Greco-Romano, op. cit. , p. 19

16) DIOGENE LAERZIO,IX 8-9 su Eraclito, in ERACLITO, I frammenti e le testimonianze, op. cit. , pp. 62-63

17) Pitagora di Samo, (570-497 a.C), identificò l’archetipo informatore delle cose nella successione dei numeri interi. Democrito di Abdera, (460-370 a.C.), dedusse invece che esistessero delle minuscole particelle di materia pura, invisibili e indivisibili, (in greco atoma, da cui Atomi), eternamente in movimento in uno spazo infinito e vuoto, che differivano per ordine e posizione e che costituivano tutti gli enti aggregandosi e disaggregandosi continuamente.

18) Pian Piano l’azione opposta della Discordia portava il Tutto a una progressiva Separazione degli Elementi primi. La durata di questo equilibrio variabile tra le  due forze equivaleva all’esistenza del nostro mondo con il suo susseguirsi di morti e rinascite, fino a quando la Disgregazione prendeva il sopravvento e si giungeva al Caos dove regnava la Discordia. A questo punto toccava all’azione dell’Amore di ricreare il nostro mondo ristabilendo l’equilibrio dinamico tra le due Forze Cosmiche, in modo che la forza dell’Aggregazione si imponesse di nuovo e riconducesse Tutto alla condizione iniziale dello “Sfero” e così da capo. Essendo la Vita e la Morte solo una manifestazione del Divenire, anche la teoria  Pitagorica della Metempsicosi trova il suo coronamento nella filosofia di Empedocle, così come quella dei cicli cosmici, ripresa poi dagli Stoici.

19) Per Empedocle il modo in cui Amore e Discordia influenzano la creazione della realtà è casuale, per cui la selezione naturale favorisce le creature che hanno una migliore organizzazione e quindi alla loro migliore possibilità di sopravvivenza.

20) «Poiché sappi primieramente che quattro sono le radici d’ogni cosa, Zeus cadente, Era avvivatrice ed Edoneo e Nesti che di sue lagrime distilla il fonte mortale».

21) Il termine Elementi viene introdotto da Platone (Timeo) con la parola Stokeion, mentre Empedolce li chiamava Radici, (rizòma), di tutte le cose. La parola greca per elementi, stoicheia, vuol dire lettere dell’alfabeto, cioè gli elementi primi di ogni parola. Il termine al singolare, invece, è stoicheion , che vuol dire, principio, inizio, componente minimo. Platone introduce anche il Quinto Elemento, l’Etere.

22) Citato in C. G. JUNG, Psicologia e Alchimia, Torino, Boringhieri, 1981, pag. 26



Viaggio nella Tavola di Smeraldo tra Protochimica e Filosofia Ermetica. – Parte Quintaultima modifica: 2011-03-22T15:30:00+01:00da giovannisantoro
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