Fra gli scaffali della storia d’Europa

 

Tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del XX secolo due illustri professori di lingua tedesca, Konrad Schottmüller ed Heinrich Fin- ke, lavorarono allo studio e all’edizione delle fonti del processo ai Templari conservate in Vaticano; il primo pubblicò gli atti dell’in- chiesta di Cipro, di Brindisi, dell’area inglese ed anche dell’inchie- sta tenuta nella Curia Romana a Poitiers;11 il secondo curò l’edi- zione di altri frammenti, cioè una parte dei fascicoli confluiti nel registro avignonese 48 e quelli di un’inchiesta avvenuta in località ignota conservati nell’avignonese 305;12 nessuno di loro si occupò della bella pergamena redatta a Chinon. Pochi anni piùtardi Paul Viollet e Georges Lizérand affrontarono l’analisi delle confessioni rilasciate da Jacques de Molay giungendo alla conclusione che non era sopravvissuto alcun resoconto originale dell’unica comparizio- ne del Gran Maestro dinanzi all’autorità pontificia; vent’anni or sono la Gilmour Bryson completava il lavoro di pubblicazione ag- giungendovi il grande rotolo membranaceo con l’udienza tenuta


nel Patrimonio di San Pietro in Tuscia e nell’Abruzzo; ma le loro opere non contemplavano il documento in questione.13

Gli storici che si dedicarono al processo dopo Schottmüller e Finke partirono da queste due edizioni prestigiose e dettero per

scontato, com’è perfettamente comprensibile, che nascessero da una ricerca sistematica e che nessuna fonte del processo fosse sfug-

gita loro: da qui la mancanza di una tradizione di studio per tutto il corso del Novecento. Una pista fondamentale verso la soluzione

dell’enigma si trova nel ricchissimo studio retrospettivo sulle fonti bibliografiche ed archivistiche compiuto da Francesco Tommasi,14

che in anni recenti si è trovato alle prese con lo stesso problema di studiare un documento originale del processo rimasto lungamente

inedito: prendendo in prestito la sua metodologia eccellente e percorrendo a ritroso la tradizione degli studi, è possibile risalire ai

motivi che probabilmente relegarono in un fondo dimenticato dell’archivio pontificio la preziosa testimonianza.

La considerazione che Schottmüller e Finke avessero compiu-

to un’indagine esaustiva dei documenti templari nell’Archivio Vaticano era per così dire obbligata, visti i molti meriti scientifici dei

due professionisti, ma trascurava un fatto importante: forse perché aveva lavorato prima dell’apertura al pubblico, Schottmüller non

forniva la segnatura archivistica precisa dei vari pezzi rendendo molto difficile il compito di identificarli fra le centinaia di migliaia

di documenti medievali. Probabilmente per questo motivo sulla copia della sua pubblicazione conservata presso la Biblioteca Apo-

stolica Vaticana una mano di inizio Novecento appose a matita l’esatta segnatura dei vari atti: non sarebbe troppo sorprendente se

si scoprisse che l’anonimo segnalatore fu proprio Heinrich Finke, alle prese con l’arduo problema di identificare quanto già edito e

studiato dal suo predecessore.

Sicuramente la mole ingente di atti processuali trovati presso l’Archivio indusse l’uno e l’altro ad operare una scelta, ma questa

spiegazione è troppo semplicistica e non chiarisce perché mai avrebbero del tutto negletto proprio il documento più significativo

dell’inchiesta pontificia; una ricerca retrospettiva permette di iden- tificare la risposta più affidabile, che cioè all’origine della loro

svista vi fu una concomitanza di fattori.

Entrambi gli studiosi tedeschi lavorarono su un inventario manoscritto realizzato nel 1628 da Giambattista Confalonieri, allora

Custode dell’Archivio di Castel Sant’Angelo, che sistemò gli atti più importanti del processo all’interno dell’armadio contrassegna-

to dalla lettera D;15 tuttavia durante la deportazione napoleonica il fondo perse molti documenti perché i generali francesi, in partico-

lare il Radet che aveva compiuto l’assedio di Roma, manifestarono una vera bramosia per le carte del processo templare: addirittura

pretesero di aprire le casse dove gli addetti dell’archivio papale avevano imballato gli atti prima ancora che il convoglio partisse

alla volta di Parigi.16

Dopo il faticoso rientro dalla Francia la documentazione tornò alle sue collocazioni ma con l’amara certezza che molti pezzi erano andati smarriti o distrutti. Nel 1909 il cardinal Melampo promosse una nuova inventariazione del fondo di Castel Sant’Angelo sia per- ché quella antica era danneggiata e in certi punti illeggibile, sia

perché il notevole progresso compiuto dagli studi storici negli ultimi decenni dell’Ottocento richiedeva strumenti molto più sofisti- cati e moderni per la ricerca d’archivio.

Fu un’operazione realizzata in tempi lunghi e con grande cura, mirata a risistemare completamente il fondo, annotare la presenza

di sigilli ed altri elementi importanti, trascrivere i documenti irre-

cuperabili; si sapeva inoltre che molti atti creduti smarriti erano invece finiti in fondi diversi, perciò si mise mano ad un rastrella-

mento a tappeto che nel 1913, come annotava con soddisfazione lo scrittore Vincenzo Nardoni, aveva permesso di recuperare almeno

un centinaio di pezzi. Purtroppo si dovette constatare che tutta un’intera sezione di atti del processo ai Templari era effettivamente

sparita durante il trasferimento a Parigi.17

Schottmüller pubblicò la sua edizione nel 1884 e Finke nel 1906; entrambi dunque fecero ricerche nell’Archivio prima della grande risistemazione del cardinal Melampo, prima cioè che il fondo venisse riordinato e si chiarisse con precisione quanti docu- menti erano spariti quando l’archivio papale fu portato a Parigi, e quali si potevaeffettivamente sperare di recuperare dal rastrella- mento; dunque i due studiosi non pubblicarono la pergamena di Chinon, l’atto più significativo dell’inchiesta papale,probabilmen-

te perché lavorarono in quella fase durante la quale molti pezzi del processo erano dati per persi.


Rimane da spiegare come mai i due studiosi non valutarono con una discussione appropriata almeno la notizia della pergame- na; questa domanda poteva avere solo una spiegazione convincente, che cioè la presenza della pergamena fosse difficilmente rico- noscibile: infatti due segugi della capacità di Schottmüller e Finkeavrebbero rivoltato i fondi dell’archivio se solo avessero saputo che da qualche parte si poteva trovarla. La più convincente dimostrazione viene dal fatto che Gaetano Lamattina, ancora in anni recenti e disponendo del nuovo inventario dettagliato, realizzò un ottimo repertorio di tutti i documenti papali relativi all’ordine del

Tempio il quale però ignorava la pergamena di Chinon, recensita brevemente nell’elenco d’appendice di un altro suo libro divulga tivo senza riconoscere in essa l’importantissimo documento né identificare proprio l’atto che molti avevano cercato invano.18

All’origine della confusione vi fu probabilmente un malinteso di carattere topografico, una svista banale che purtroppo sviò il La-

mattina come già era accaduto per Schottmüller e Finke.

Larchivista Confalonieri aveva descritto l’inchiesta tenuta a Chinon dai tre cardinali Commissari di Clemente V come proce-

dimento localizzato nella diocesi di Tours; la notazione è esatta in quanto il castello di Chinon si trovava precisamente nella diocesi

di Tours, inoltre trattandosi di un procedimento giudiziario della Chiesa l’individuazione topografica basata sulla diocesi era di gran

lunga più significativa rispetto a quella del singolo fortilizio.

Con la bolla Faciens misericordiam del 12 agosto 13081il papa ordinò l’apertura di inchieste sui Templari in tutta la cristia-

nità, inchiesteche dovevano essere tenute dai vescovi diocesani e che si protrassero poi per tutto il biennio 1309-1311: la notazione del Confalonieri in diocesi Turonensi, unita al fatto che molti dei pezzi rubati erano proprio atti di inchieste diocesane, deve aver confuso i due studiosi che probabilmente non riconobbero l’importantissimo procedimento pontificio e lo credettero una delle tante inchieste provinciali.20 Lo scrittore Nardoni si muoveva molto agilmente nella lettura dei documenti antichi ma non era un esperto di storia templare: ai suoi occhi l’inchiesta di Chinon era solo una fra le tante udienze nel processo dei Templari, una pergamena fra le molte pergamene dell’armadio D che si riferivano a procedimenti svolti nelle varie diocesi d’Europa. Nessuna me-

raviglia se si limitò a conservare la dicitura originaria usata dal Confalonieri, la quale del resto non poteva sembrargli errata visto

che la locazione presente sulla pergamena era in castro de Caynona diocesis Turonensis.

Il merito della scoperta va a Bérenger Frédol, la personalità e l’attività del quale avevo dovuto studiare in precedenti ricerche.

Notandolo fra gli inquirenti che tennero l’inchiesta in diocesi Turonensi, compresi immediatamente che qualcosa non quadrava:

uno dei migliori canonisti del suo tempo, cardinale in prima pro- mozione, membro di spicco del Sacro Collegio, legato pontificio

per le missioni più delicate nonché nipote del papa, poteva abban- donare la Curia per andare a dirigere una delle tante inchieste di

provincia?21

Tommasi sostiene che le segnature generiche di un tempo (Instr. miscell.), unite alla notizia di ingenti perdite subite dall’ar-

chivio papale durante le sue peregrinazioni, finirono per disorien- tare e scoraggiare gli studiosi; in effetti lo Schottmüller, che pure

fu un ricercatore infaticabile, fa riferimento a pezzi non più reperibili dopo le deportazioni napoleoniche.22 Lo studioso perugino ag-

giunge che la diaspora degli atti del processo contro il Tempio ap- pare molto strana e sembra sospettare che non sia dovuta semplice-

mente al caso: il censimento completo come pure la ricomposizione almeno virtuale del fondo originario, che nel XIV secolo si intito-

lava processusTemplariorum, sarebbero davvero auspicabili.23

Il documento recentemente identificato apre molte questioni storiche che non potranno essere definite se non in tempi lunghi e

attraverso uno studio quanto più ampio possibile dell’intera vicen- da processuale in tutte le sue facce: quella politica, quella econo-

mica, quella che riguarda la diplomazia internazionale; la diffusio- ne della notizia ha inoltre suscitato un forte interesse e molte ri-

chieste da parte degli studiosi, i quali sollecitano con giusta pres- sione che il documento sia messo quanto prima a disposizione della

comunità scientifica.

Il periodo trascorso dal ritrovamento è troppo limitato perché si possa affrontare la discussione storica dell’inchiesta di Chinon

nella maniera esauriente che richiederebbe, e del resto l’evento non si comprende se non in relazione a molti fattori esterni del contesto

cui appartiene: perciò si è scelto di fornire in questa sede soprat-

tutto l’edizione della fonte unita ad una presentazione generale

delle nuove questioni, rinviando una trattazione più articolata pos- sibile solo dopo aver analizzato con cura le molte bolle pontificie

e le altre testimonianze che si susseguirono nella rovente estate del 1308. La pergamena di Chinon èdunque offerta all’attenzione degli storici, perché la riflessione generale ed il contributo dei vari

specialisti possano condurci ad un quadro dei fatti più chiaro e

attendibile.

Fra gli scaffali della storia d’Europaultima modifica: 2010-01-19T16:00:00+01:00da giovannisantoro
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