Templari Esoterismo e Massoneria

MARIA DI MAGDALA E IL GRANDE SEGRETO TEMPLARE


Studi & Ricerche


La prima parte dello studio di Ugo Cortesi è stata pubblicata il “Informazioni Templari” n. 15. Può essere visionata in “Archivio”. Cortesi ha analizzato la figura di Maria Maddalena e delle altre “Marie” presenti nei vangeli, ed ha offerto il profilo della situazione religiosa del tempo e dei luoghi teatro della predicazione di Cristo. Ricordiamo che le affermazioni dell’autore non coinvolgono necessariamente le nostre opinioni.

MARIA DI MAGDALA

E IL GRANDE SEGRETO TEMPLARE

(di Ugo Cortesi)

Seconda Parte

Maria di Magdala non approdò mai in Francia, se non in rapporto, dagli inizi del XII secolo, di vicende legate alle “sette sorelle”, di cui probabilmente l’abate Saunière aveva trovato documentazione. La gnosi cristiana conosce nel XIV e XV secolo uno sviluppo anche all’interno della Chiesa, dovuto principalmente al fatto che il potere, a quel tempo arrogante e corrotto, aveva mostrato tutta la sua spudoratezza nel volere fare propria la verità delle sacre scritture, utilizzandola solamente per fini personali e di interesse, come del resto aveva fatto nei secoli precedenti in misura molto meno impudente. L’esempio culminante del pensiero distico senza intermediazioni, e del Supremo all’interno di ogni uomo, è stato Giordano Bruno, non per niente messo al rogo dalla Chiesa di Roma. Giovanni il Battista è vero che avesse avuto una certa importanza, ma ancora più importante è e resta Yeshua ben Joseph, Maestro di Giustizia, uomo tra gli uomini e figlio di Dio secondo la religione ebraica ed essena, che asseriva che tutti siamo figli di Dio, quindi anche lui era né più né meno degli altri esseri umani. A questo punto c’è da sottolineare che i primi europei a difesa dei pellegrini in Terrasanta furono i crociati Franchi dei quali molti, dopo il 1118, confluirono nei ranghi dei Templari, ma non tutti fecero parte dei maggiorenti. I dignitari dell’Ordine appartenevano ad un rango ben definito che trova le origini in quello che da molti oggi viene chiamato “Priorato di Sion”. Le leggende su questa organizzazione sono molteplici, a volte tenebrose e pregne di occultismo, a volte epiche e romanzate.  Tralascio il “Priorato di Sion” di Plantard per affermare invece che i “Saggi di Sion” esistevano fin dal primo secolo e che erano strettamente legati a Maria Maddalena e alle “sette sorelle”. Si può dire che l’Ordine di Sion (non il “Priorato”) è continuato con l’Ordine del Tempio. Non mi soffermo sul “sangreal” e sul Graal poiché ritengo e sostengo che il sacro Graal riferito ai Templari sia una vera e propria baggianata. Ora, nel 1118, quando Ugo di Payns ed altri otto cavalieri decidono di fondare l’Ordine d’accordo con Bernardo da Chiaravalle, le crociate erano in atto  da oltre venti anni, e cioè fino da quando, nel 1096, Goffredo di Buglione con le sue truppe partì per l’Oriente conquistando Gerusalemme nel 1099. Re Baldovino II già da alcuni anni prima del 1118 aveva messo a disposizione di alcuni cavalieri francesi della Champagne (tra i quali Ugo di Payns) una parte del Tempio di Salomone, edificio che era stato costruito duemila anni prima, distrutto più volte, ricostruito e trasformato. I cavalieri francesi scoprirono che i sotterranei del Tempio rappresentavano un altro palazzo pieno di cunicoli e camere, corridoi e labirinti che in minima parte, fino ad allora, erano stati esplorati anche perché molti ingressi erano stati celati da pareti. Dopo circa tre o quattro anni di scavi, essi scoprirono sotto il luogo indicato some il sancta sanctorum, un “qualcosa” che indicava Iesus Nazoreus. L’abate Saunière troverà poi a Rennes le Chateau non quel qualcosa, ma la documentazione che dimostrava il ritrovamento e l’esistenza di quel qualcosa. Alla fine del 1117 Ugo di Payns rientrò in Francia, rese edotto Bernardo di ciò che era stato ritrovato, ed entrambi in gran segreto incontrarono papa Pasquale II per riferire la scoperta. Il 24 gennaio 1118 fu eletto papa Gelasio II. Ugo e Bernardo riferirono il ritrovamento, e insieme decisero di portare segretamente il rinvenimento in terra europea. Nacque così il “grande segreto” dei Templari. Dapprima si pensò di portarlo a Roma, ma poi si scelse la città francese di Cluny in considerazione della situazione politica precaria per la Chiesa che si era ingenerata nella capitale. Si dispose anche la scorta, che secondo le disposizioni sarebbe stata formata da quattro cavalieri e da sette dame (le “sette sorelle”), di mondo che nessuno avesse fatto caso ad un convoglio formato in prevalenza da donne. Ugo e tre cavalieri ripartirono per la Terra Santa, e il 17 gennaio del 1118 arrivano nuovamente in territorio francese il convoglio composto delle donne e recando quanto era stato rinvenuto nel Tempio di Gerusalemme. Papa Gelasio morì nello stesso mese, dopo avere visionato nell’abbazia di Cluny quanto era stato trasportato dalla Palestina. A Gelasio successe Callisto II, il quale per ragioni di sicurezza e di segretezza decise di fare trasportare a Rennes le Chateau il “segreto” di Ugo di Payns. Il prezioso materiale venne situato in un incavo all’interno di una vecchia chiesuola (abbattuta e ricostruita a metà del 1200) e protetto da una lastra di marmo, quella che poi verrà chiamata “Dalle des Chevaliers”. Furono impartite disposizioni che prevedevano turni di guardia sia da parte dei Templari che di pie donne. Al proposito fu fondato a Rennes nel 1224 l’Ordine delle Sorelle di Maria Maddalena, che può essere considerato una organizzazione femminile dell’Ordine Templare (“Sorores Templi”). Il “segreto” restò a Rennes fino al 1241, poi riprese la via per Gerusalemme nel 1243 con una scorta di sei cavalieri templari e di sette “sorores” dell’Ordine. Il convoglio si fermò a San Giovanni d’Acri, ma poiché era assai difficile raggiungere la città santa continuamente assediata dai mussulmani, re Luigi IX il Santo indisse nell’agosto del 1248 una nuova crociata cercando l’appoggio dei Mongoli, ma non riuscendo negli intenti il re francese fece fortificare ulteriormente Acri per potere meglio difendere ciò che vi era stato portato e occultato circa otto anni prima. Nel 1261 però fu deciso di riportare in Europa il cosiddetto “tesoro”, in quanto in Oriente non era più al sicuro. A quel tempo, patriarca di Gerusalemme era Jacques Pantaleon (il futuro papa Urbano IV) e gran maestro templare Thomas Berault. Il patriarca salpò da Acri con alcuni cavalieri templari e sempre sette sorelle. Approdarono nella località di Fos, nei pressi di Marsiglia, nei primi giorni dell’agosto 1261. Da allora il “tesoro” non lasciò mai più l’Europa. Ma cosa avevano trovato i cavalieri di Payns nel sancta sanctorum sotto il Tempio di Gerusalemme? Confrontando le diverse teorie degli studiosi di gnosi cristiana e di templarismo, risulterebbe che i cavalieri di Ugo di Payns avessero trovato il corpo di Gesù. In un certo qual modo, papa Urbano IV rese pubblica la scoperta introducendo nella liturgia cristiana la festa del “Corpus Domini” nel 1264. Ma come potrebbe essere ricostruita la vicenda originale, quella che condusse al ritrovamento del corpo di Gesù Cristo a Gerusalemme? Probabilmente avvenne che Maria Maddalena insieme ad altre sei pie donne, nella notte tra il sabato e la domenica portarono via di nascosto il corpo di Gesù dal sepolcro, forse per paura che potesse diventare oggetto di ulteriori violenze o di sottrazione da parte di chi l’aveva condannato. Sulla persona di Yeshua ben Joseph nacquero presto leggende e miti, e lo si fece diventare, da parte di chi ne aveva interesse, un riferimento su cui costruire sopra “un potere”. Poi osservando che l’opinione pubblica sia romana che mediorientale faceva di Gesù un punto di riferimento per gli uomini onesti, qualcuno pensò che sarebbe stato meglio “adeguarsi” e creare un potere che avrebbe contato più proseliti di qualsiasi esercito. Probabilmente questo qualcuno fu Alessandro Caput Tauri, eletto papa nel 105 in base ad una scelta fatta dai vescovi dal clero, quindi in u modo diverso dalle precedenti nomine che avvenivano secondo un sistema che si tramandava da maestro a discepolo. Nel XVII secolo fu scoperto un manoscritto ritenuto apocrifo, in cui si cita papa Alessandro I impegnato contro gli eretici gnostici. Il seguito è conosciuto da tutti, basti pensare alla falsa donazione di Costantino, al lusso in cui vivevano gli alti prelati e alle ricchezze che vennero accumulate sul nome di Cristo. La gnosi di allora, che era a conoscenza del corpo di Cristo e non della resurrezione, portò alla costituzione di un gruppo di saggi che furono chiamati “Saggi di Sion”, dall’antico nome della città santa. Nel 1110, quando Ugo di Payns ed altri cavalieri si recarono in Terrasanta in aiuto dei crociati, essi vennero a conoscenza dell’esistenza dei Saggi di Sion, con i quali presero contatto. Su loro indicazione, successivamente Ugo e gli altri iniziarono segretamente gli scavi sopraddetti, trovando una lunga serie di cunicoli, in massima parte inesplorati, che portavano al sancta sanctorum. Dopo circa otto anni trovarono un’urna di granito contenente ossa umane con la scritta, in aramaico, su di un lato: “Yehoshuah ben Joseph maestro di giustizia”, oltre alla documentazione in rame e su pelle di capra che appunto documentava che Gesù era stato condannato da Hanna e da Caifa ed ucciso dagli invasori Romani. Nei ritrovamenti dei Rotoli del Mar Morto mancano due rotoli in rame, ma ci sono gli atti che descrivono la religione esseno-nazirea. Saunière non trovò l’urna con i resti mortali di Yeshua ben Joseph, ma anche una parte dei documenti scritti da Ugo di Payns dove era descritta la storia dettata dai Savi di Sion di Maria Maddalena, della morte di Gesù, della sua inumazione, della esumazione e collocazione dei resti nell’urna di granito. Veniva pertanto confutata la resurrezione materiale di Gesù, e per dire e credere quanto da lui scoperto, Saunière non ebbe mai l’assoluzione, anche in punto di morte. Nel 1910 egli fu sospeso a divinis, e qualche anno più tardi ricevette la visita di monsignor Angelo Giuseppe Roncalli, inviato dal pontefice per esaminare il ricorso presentato contro la sua sospensione. Roncalli ritornò a Roma ed il provvedimento ecclesiastico fu revocato. Nel 1958 il monsignore fu eletto papa come Giovanni XXIII, come quasi tutti gli alti prelati che ebbero conoscenza del  grande segreto dell’Ordine del Tempio. Secondo una tradizione templare, soltanto il primo papa franco che sarà eletto nel terzo millennio potrà svelare il mistero.

(fine)

LA VERA VITA

DI BERENGER SAUNIERE

(di William Putnam e John Wood)

Bérengèr Saunière era nato a Montazels l’undici aprile del 1852, uno degli otto figli di Marguerite e Joseph Saunière. Studiò dapprima presso l’Istituto San Luigi a Limoux, una cittadina commerciale della Linguadoca a pochi chilometri di distanza da Rennes le Chateau, poi aveva completato la preparazione al seminario di Carcassonne dove fu ordinato sacerdote nel 1879. Al primo incarico come curato, era stato assegnato al villaggio di Alet les Bains, un alto piccolo centro del dipartimento dell’Aude. Tre anni dopo, nel 1882, era stato nominato parroco di Le Clat, un villaggio situato a dieci chilometri più a sud. Questo era stato il suo ultimo spostamento prima di approdare a Rennes le Chateau il primo giugno del 1885. Arrivato a Rennes, un villaggio di 198 anime, Saunière aveva trovato un paese sprofondato nella povertà. Le case cadevano a pezzi, le scorte di acqua potabile non erano sufficienti al fabbisogno e il centro era raggiungibile soltanto a dorso di mulo. Il suo salario era talmente basso da costringerlo a ricorrere per l’alimentazione a pesce e a cacciagione che lui stesso si procurava. La chiesa, come gran parte degli edifici di Rennes, era in condizione di estrema precarietà. Così la prima cosa che il curato si era preoccupato di fare era stata quella di dare inizio a piccole opere di restauro, ricorrendo alle modeste offerte che riusciva a racimolare presso i parrocchiani. I lavori erano iniziati dall’altare. Si racconta che proprio mentre stava risistemando l’altare, Saunière avesse rinvenuto delle pergamene nascoste chissà da quando, nell’incavo di una colonnina vuota, ricavata dal fusto di un’antica colonna visigota riutilizzata dai costruttori della chiesa come sostegno dell’altare stesso. Secondo un’altra versione del racconto, le pergamene sarebbero state nascoste in un flacone di vetro situato in una colonna cava posta ai piedi della scalinata del campanile. L’avvenimento innescò conseguenze immediate. Oggi disponiamo della copia di due di queste pergamene. Il testo è in latino e riporta passi del Nuovo Testamento. Una disamina attenta aveva dimostrato trattarsi di messaggi segreti, scritti in codice criptato in un caso, tramite l’aggiunta al testo latino di lettere in soprannumero; nell’altro caso con la dislocazione lungo il testo di lettere significative. Il messaggio segreto della seconda pergamena poteva decifrarsi con una certa facilità. Si parlava di un tesoro appartenuto a Dagoberto II, un sovrano della dinastia merovingia del VII secolo. Al contrario, le lettere in esubero che connotavano la prima pergamena racchiudevano invece un messaggio particolarmente ostico a decifrare. Ammesso che Sunière abbia avuto l’intuizione necessaria per risolvere l’enigma della pergamena legata alla presenza del tesoro, per svelare il contenuto ermetico dell’altra avrebbe dovuto avere necessità di aiuto. Stando ad alcune versioni, Saunère avrebbe mostrato le pergamene al suo vescovo di Carcassonne, quindi si sarebbe recato a Parigi per cercare di trovare la chiave di volta per la loro decodificazione. In proposito, si racconta che si fosse incontrato con Emile Hoffet, nipote del direttore del seminario di Saint Sulpice, rinomato per i suoi studi linguistici. Mentre Hoffet era impegnato nell’esame delle pergamene, Saunière si era introdotto nella società parigina dove aveva incontrato alcune personalità di spicco del tempo, tra cui, per esempio, il compositore Claude Debussy e la celebre cantante lirica Emma Calvè. Pare che abbia visitato anche il Louvre, acquistando riproduzioni di almeno tre dipinti, tra cui senz’altro l’opera “I pastori d’Arcadia” di Nicolas Poussin. Questa tela raffigura una tomba in un contesto idilliaco, sulla quale indugiano alcuni pastori che sembrano attirare l’attenzione dell’osservatore sulla scritta “et in Arcadia ego”, io (sono) in Arcadia. Il sepolcro in questione è molto simile a quello che si trovava lungo la strada che da Rennes le Chateau conduceva alla cittadina Arques. Lo sfondo del dipinto, inoltre, ricorderebbe molto il paesaggio tipico di Arques. E’ possibile che fino dal XVII secolo il pittore Poussin fosse al corrente di un importante segreto, ed abbia voluto lasciarne testimonianza nel quadro? Forse sì, poiché quando finalmente anche la prima pergamena fu decifrata, tra le altre cose si poteva leggere: “Poussin detiene la chiave”. Rientrato a Rennes, Saunière fermò i lavori di restauro della chiesa e licenziò i muratori addetti con l’intenzione di procedere da solo. Proprio in questo periodo Saunière scoprì i resti di una tomba che dovevano essere molto importanti, poiché ne annotò la scoperta nel suo diario privato. Contemporaneamente incominciò a riassettare l’antico piccolo cimitero annesso alla chiesa nonostante la disapprovazione degli abitanti del posto. Tra le tombe più antiche vi era quella della contessa di Haupoul, Marie de Nègre d’Ables, vissuta nel XVIII secolo nel castello omonimo vicino a Rennes le Chateau. Si dice che Saunière avesse eliminato l’iscrizione misteriosa che aveva notato sulla lastra tombale della contessa, ritenuta da molti la vera chiave per la decifrazione del testo della prima pergamena. Tuttavia l’iscrizione era già stata oggetto dell’attenzione di alcuni membri della Società di Studi Scientifici dell’Aude, i quali si erano provvidenzialmente preoccupati di riportarla negli atti della loro associazione, impedendo così che se ne smarrisse il ricordo. Saunière iniziò a comportarsi in maniera alquanto strana. Per esempio, i suoi compaesani lo vedevano sovente fare lunghe passeggiate nella campagna portandosi appresso una valigia apparentemente molto pesante. Molti lo avevano visto anche entrare in alcune delle antiche miniere abbandonate, senza un motivo plausibile spariva dalla circolazione per qualche giorno e riceveva una quantità incredibile di posta, circa 150 lettere al giorno. Inoltre Saunière incominciava a dare segno di potere disporre di una notevole quantità di denaro. Aveva completamente restaurato e rinnovato la chiesa. I dettagli delle sculture e delle pitture che il parroco fece realizzare dentro il sacro edificio sono straordinari. In particolare, proprio sulla soglia della chiesa si legge “terribilis est iste locus” e le raffigurazioni delle stazioni della Via Crucis sono dotate di particolari singolarissimi. Se dessimo retta ad alcuni ricercatori, tutti questi dettagli non sarebbero altro che delle indicazioni disseminate appositamente per offrire la chiave di lettura del grande segreto scoperto e custodito da Bérengèr Saunière. I lavori edili non si erano fermati alla chiesa del paese. Grazie allo strano prevosto gran parte delle case di Rennes erano state restaurate, era stata costruita una cisterna per la raccolta dell’acqua potabile, era stata realizzata una strada carrabile. A fianco della chiesa Saunière aveva fatto costruire anche una lussuosa villa con un giardino ed un belvedere a picco sul pianoro sottostante. Ad una estremità del giardino stava una grande serra con una struttura metallica, mentre sull’altro versante si alzava la cosiddetta Torre di Magdala, destinata a contenere la nuova e vastissima biblioteca di Sauniére. Egli però non era andato ad abitare nella grande villa, da lui stesso battezzata Villa Betania. Usò l’edificio soltanto negli ultimi anni della vita, e per ricevere ed ospitare personaggi eccellenti. Tra i molti, si sono fatti i nomi della già citata Emma Calvè, il segretario generale di Francia per la cultura, e perfino l’arciduca Giovanni d’Asburgo. Facendo un veloce calcolo, il parroco aveva speso in pochi anni non meno di 190 mila franchi, che oggi sono l’equivalente di parecchi milioni di euro. Nel 1910 il nuovo vescovo della diocesi aveva incominciato a trovare perlomeno sospetto il suo tenore di vita. Così convocò Saunière davanti alla corte ecclesiastica locale al fine di avere da lui spiegazioni su ogni cosa. I tentativi di convincere gli inquisitori che si trattava di denaro legittimo non avevano persuaso nessuno ed erano stati respinti. Ritenuto menzognero, Saunière era stato interdetto dal celebrare messa e gli era stato intimato di consegnare i suoi beni alla Chiesa, come era obbligo fare in rispetto del voto sacerdotale di povertà. Saunière non solo si era rifiutato di obbedire, ma aveva ingaggiato una vero e proprio braccio di ferro con il vescovo locale e le autorità ecclesiastiche. Alla fine fu perdonato e riabilitato dalla Chiesa di Roma.  Nel 1917 Saunière morì. Sul letto di morte si era confessato al prete di una vicina parrocchia. Si racconta che il confessore fosse stato sconvolto dalla confessione e che non si fosse sentito di assolverlo dai peccati. Al momento della decesso Saunière era di certo in condizioni di povertà, ma sono in molti a ritenere che avesse già trasmesso i suoi beni alla perpetua che gli era rimasta sempre fedele, Marie Dènarnaud.


LA SPADA E LA CROCE

(di Maria Rita Astolfi)

La spada in foggia di croce fu per i Templari non solo simbolo, ma anche luogo di contatto con la sfera del divino. La croce templare poteva essere “patente” (pattèe) a struttura ottagonale, come immagine simbolica della capacità umana di andare oltre i limiti dell’esistenza terrena. Poteva essere anche “patriarcale” (o “di Lorena”), con due braccia orizzontali, delle quali quello superiore è più corto. Di probabile origine celtico-irlandese ed introdotta in Europa da San Colombano, la croce patriarcale riproduce il glifo dell’albero, simbolo universale della misteriosa fonte della vita della quale il Cristo rappresenta la linfa. Qualora si voglia fondere le immagini della patriarcale con la spada in una interconnessione di tipo rotatorio simmetrico, si ottiene una nuova figura con un simbolismo più complesso, del quale i contenuti sono differenziati, ma qualora se ne intreccino tutti i possibili significati, si riesce a fondere il molteplice nell’uno. Per comprendere appieno il simbolo che si ottiene, è necessario osservarlo sia nella totalità dei riferimenti che si integrano vicendevolmente nonchè nella significazione di sintesi che assume. Deve infatti essere interpretato attraverso l’uso di immagini e di concetti che hanno origini antichissime, che sono ancorate al mito e che sono state create prima di esso e per esso. La rotazione della spada è indispensabile affinché il significato del simbolo si modifichi. Si premette che la spada con la unta verso il basso esprime il potere regale-divino, la discesa dall’alto del sacro con il potere di investitura e di iniziazione. La spada con la punta verso l’alto indica il movimento dell’ascendere e della tensione umana verso il sacro, della accettazione del percorso di purificazione in un’ottica di interiore trasformazione. Allora, se si assemblino croce patriarcale e spada con la punta in alto, o con quella rivolta in basso, si ottiene la croce “papale”  la cui caratteristica iconografica sono tre bracci disposti in orizzontale. Questo nuova figura ottenuta, in un sistema di corrispondenze diventa a sua volta la rappresentazione di una struttura portante che si può riconoscere nell’Albero della Vita del sistema sefirotico cabalistico. Se si sovrappone la croce papale ottenuta all’Albero delle Sefiroth, le due figure coincidono. Le sefiroth formano la base di tutte i sistemi teologico-metafisici delle costruzioni cabalistiche, quelle stesse che nascono dallo gnosticismo trasposto nelle tradizioni ebraiche, che a loro volta sono interconnesse con le dottrine alchimistiche. Peraltro esistono forti legami della Kabballah con la Gnosi ed il suo mitico simbolismo (cfr. “Abraxas”, in “Informazioni Templari” n. 14, ndr), ed è noto che nel XII secolo le influenze culturali tra le tradizioni religiose mediterranee erano molto forti, soprattutto nei luoghi di cultura come monasteri ed università. La possibilità di innestare sulla matrice della croce-spada-albero della vita il sistema cosmogonico mediorientale (perfino egizio) in un processo di sincresi culturale e religioso, venne probabilmente perseguita nella simbologia dei Templari, ed indicata nella loro iconografia religiosa. A loro volta, le immagini diventano ulteriori simboli di fusione mistica tra le radici cristiano-celtiche e quelle ebraico-mediterranee.

MARIA DI MAGDALA E IL GRANDE SEGRETO TEMPLAREultima modifica: 2009-12-04T18:30:00+01:00da
Reposta per primo quest’articolo