Il pacifismo ermetico del Botticelli nel dipinto «Venere e Marte». Un messaggio moderno in un quadro antico.

di Elena Frasca Odorizzi 

 

Il pacifismo ermetico del Botticelli nel dipinto «Venere e Marte».
Un messaggio moderno in un quadro antico. 

 

La divina proporzione e l’allegoria furono gli strumenti dell’Arte, con cui molti artisti rinascimentali produssero opere letterarie, monumenti architettonici, affreschi e dipintiintrisi di una rinnovata forma di religiosità pagana. Lo scopo di questa sorta di manifesto artistico era quello di diffondere la fiducia in un’armonia cosmica superiore intrinseca alla realtà materiale, da scegliere come via naturale per il superamento di ogni opposizione in forma di conciliazione. L’idea di fondo era che si sarebbe potuto instaurare un clima di pace universale se si fosse passati dall’attesa passiva di un intervento divino provvidenziale, alla consapevolezza che l’azione umana poteva divenire riflesso e tramite dell’ideale perfezione celeste, seguendo la via proposta dall’ermetica legge delle corrispondenze (così in basso … così in alto). Una visione evidentemente utopistica, se si considera che signori della guerra come i Medici ed i Malatesta, erano gli stessi patrocinatori di questa nuova cultura della pace, nella quale riversavano il loro desiderio di conquista ed emancipazione dalle interferenze politiche e sociali dei vari Papa-Re.
Tra i grandi artisti che operarono in questa direzione, ritagliandosi uno spazio tra idealismo e realismo, ci fu Sandro Filipepi  famoso come il Botticelli, che frequentando il circolo neoplatonico di Lorenzo il Magnifico, animato da Pico della  Mirandola e da Marsilio Ficino, incorporò nelle sue opere, non solo la geometria sacra del numero aureo, ma anche elementi di ermetismo e magia naturale.
Nel suo celebre dipinto della Primavera, rappresentò per esempio, sia il pensiero ficiniano, che una forma pionieristica di arte magica,  un «amuleto taumaturgico», il cui scopo, in base ai principi della magia simpatica, doveva essere quello di attirare su di sé «la benefica energia astrale [macrocosmica], per  rifletterla su chi si specchia in esso [microcosmo]», in questo caso Giuliano, il fratello di Lorenzo de’ Medici.
Nell’opera Venere e Marte, del 1483, l’artista indicò, invece, la Via per armonizzare ogni contrasto, cosa che mi impedisce di considerare il quadro come una semplice allegoria del matrimonio, che esaurisce il suo significato nella funzione decorativa di un mobile o in quella “educativa” degli sposi, senza tener conto anche della complessa personalità del Botticelli ermetista. Proprio nel rinascimento assistiamo, infatti, alla nascita della figura dell’Artista, che da semplice esecutore di temi sacri, si trasforma in intellettuale che esprime e veicola attraverso la sua arte il suo stesso modo di vedere  il mondo. Di conseguenza, il significato del soggetto, pur rimanendo nelle richieste del committente, andava obbligatoriamente oltre, trasformandosi in strumento di divulgazione delle idee pacifiste di Gemisto Pletone, filosofo neoplatonico, all’origine  della fondazione del circolo esoterico fiorentino del quale anche Botticelli, con la sua Arte, era parte attiva non meno dei suoi illustri compagni.
Non sorprende quindi che l’opera sembri “il ritratto” di un passo del De Rerum Naturae di Lucrezio, che di certo il pittore fiorentino ben conosceva, nutrendosi come tutti in quel tempo di testi classici e filosofici, ritrovati, tradotti e riadattati dagli esponenti della sua cerchia iniziatica.

 

« Poiché tu solamente governi la natura delle cose,
e nulla senza di te può sorgere alle divine regioni della luce,
nulla senza te prodursi di lieto e di amabile,
desidero di averti compagna nello scrivere i versi
che intendo comporre sulla natura di tutte le cose,
per la prole di Memmio diletta, che sempre tu, o dea,
volesti eccellesse di tutti i pregi adornata.
Tanto più concedi, o dea, eterna grazia ai miei detti.
E fa che intanto le feroci opere della guerra
Per tutti i mari e le terre riposino sopite.
Infatti tu sola puoi gratificare i mortali con una tranquilla pace,
poiché le crudeli azioni guerresche governa Marte
possente in armi, che spesso rovescia il capo nel tuo grembo,
vinto dall’eterna ferita d’amore,
e così mirandoti con il tornito collo reclino, in te, o dea,
sazia anelante d’amore gli avidi occhi,
e alla tu bocca è sospeso il respiro del dio supino.
Quando egli, o divina, riposa sul tuo corpo santo,
riversandoti su di lui effondi dalle labbra soavi parole
e chiedi, o gloriosa, una placida pace per i Romani (vv. 20.40) »

 

L’angoscia per l’avidità che genera violenza e miseria, che ai tempi di Lucrezio attanagliava i cittadini di Roma e delle sue “Province”, sembra stemperarsi nell’ottimismo ideologico del Botticelli i cui tempi non erano certo migliori. Il significato del dipinto ricalca perfettamente i versi dell’epicureo poeta latino, al punto che sembrerebbe di non poter aggiungere altro a quanto detto, ma è proprio la triste consapevolezza che ancora nel mondo non regnano  pace e benessere per tutti, a spingere chi osserva ad abbandonare la lettura storico oggettiva del dipinto per quella intuitiva e  soggettiva, riflettendo più profondamente sul senso che l’opera ci ispira. Una volta, infatti, che l’arte  esce dalla mente e dalle mani del suo “genitor” questa vive di vita propria, trova la sua strada nel mondo come qualsiasi creatura e smette di esprimere unicamente la visione del suo artefice. Diventa cioè uno specchio nel quale gli altri cercano e trovano più significati di quanti l’artista stesso pensasse di aver comunicato, poiché il simbolo è come un cristallo pieno di sfaccettature che ci conducono ad approfondire sempre di più  lo stesso concetto.

Marte dorme rilassato, ed anche se non sappiamo cosa stia sognando, deve essere preda di un sonno molto profondo ed intenso, perché la postura ci rivela una mente molto lontana da quel corpo abbandonato su se stesso.

 

Botticelli - Venere e Marte
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Piccoli Pan si fanno beffe dei suoi attributi guerrieri, dell’elmo, della lancia, dell’armatura, che ricordano più l’abbigliamento di un frequentatore di tornei in onore di una dama, che di un guerriero abituato ai massacri. Anche se, infatti, proprio con l’Umanesimo si inizia a parlare del Medioevo come di un “secolo buio”, è evidente che gli antichi non si riferivano a quel filo rosso e luminoso che congiunge l’amor cortese, i fedeli d’amore, il culto della Nostra Signora, lo gnosticismo, l’alchimia, le cattedrali gotiche ed i templari con le epoche successive. Alludevano semmai a quelle forze coercitive ed oppressive che cercavano di imporre una fede cieca e dogmatica, reprimendo con la forza il libero pensiero ed il diritto di scelta. Scelta che in greco si dice airesis e che noi traduciamo e conosciamo con il nome di «eresia»: un termine carico di sangue e violenze perpetuate contro i portatori di visioni mistiche e scientifiche alternative.
 
Se Marte «dormisse», sulla Terra regnerebbe la Pace?

 

“Et se sempre Marte fussi sottoposto a Venere, cioè la contrarietà de principii componenti a loro debiti temperamenti, nessuna cosa mai si corromperebbe”.  (Pico della Mirandola)

 

Se le azioni nel mondo si orientassero verso un fine teso a portare benessere per tutti, e quindi il guerriero si trasformasse in cavaliere, il futuro potrebbe essere migliore? O forse con l’ottica di una persona del XXI secolo, potremmo meglio dire, se l’energia potenziale desiderasse essere sospinta  fuori dall’ignoranza, verso la conoscenza, potremmo sperare in una evoluzione generale?
Di certo non regnerebbero l’inoperosità e la noia, come temono alcuni, ma più probabilmente l’allegria ironica dei piccoli fauni agresti, “figli” del “fecondante” Inuo, il Dio Arcadico Pan Liceo.
Le energie rappresentate da Venere e Marte vanno dunque equilibrate, ma per gli ermetisti, (o quanto meno per quelli contemporanei), le dicotomie simboliche rappresentano concetti spirituali,  energetici, al massimo chimici, e non fisici. Non si tratta di  ruoli sessuali, conta l’individuo nel suo insieme. Non è dall’unione di due persone diverse che prende forma una nuova individualità spirituale, ma dall’unione delle due nature scisse dentro di noi. Tutto è Uno, in gradi diversi di trasformazione, ma è sempre la medesima “cosa”, come le facce della stessa medaglia del Giano bifronte dell’alchemica Porta di Rivodutri.

 

La Dea ed il Dio pagani sono, come la Regina ed il Re alchemici, cioè sono la materia dell’opera nei suoi due aspetti complementari dalla cui unione, attraverso varie fasi, nascerà il figlio dei filosofi.
Simbolicamente, infatti, Marte presiede attraverso il suo pianeta, al segno astrologico dell’Ariete, conosciuto per le sue caratteristiche impulsive tipiche dell’adolescenza immatura che deve ancora trovare un fine costruttivo. Venere presiede al segno del Toro, ovvero l’energia potente che incanalata nell’aratro crea il solco nel quale dobbiamo piantare il nostro seme. Seme come potenzialità personale, che si trasforma in spiga misterica, in frutto utile cioè non solo a se stessi, come realizzazione personale, ma anche al prossimo poiché «con una candela accesa se ne accende un’altra». L’Ariete è il primo dei tre segni posti tradizionalmente negli emblemi alchemici, nel cielo che influenza la formazione in terra, della pietra, seguendo una tradizione che si ritrova già nell’Antro delle Ninfe del neoplatonico Porfirio, a proposito del culto di Mitra.  Il regime del fuoco dell’Ariete è il calore attivatore della crescita istintiva. Il suo mese è marzo ed in questo periodo si celebravano le ieros gamos tra Venere e Marte. Il segno zodiacale esattamente al di sopra della pietra filosofale è il Toro, che occupa i mesi di aprile e maggio, il tempo degli amori di Beltane, della “Nostra Signora”e delle Rose di Afrodite, del Cantico dei Cantici e dei rosari ermetici come quello di Robert Fludd.. Il terzo segno è quello dei Gemelli presieduto da Mercurio che evidentemente rappresenta la realizzazione del magistero, il frutto dell’unione mistica, sessuale ed ermetica tra i due Dei, nel senso di trasformazione della stessa sostanza/materia/energia nel Rebis, la cosa doppia, ma Una insieme. Si chiama, infatti, Armonia, la dea nata dalla loro unione, espressione perfetta della coincidentia o concordia oppositorum.

Se fosse quindi l’Amore ad ispirare le azioni di Venere e Marte, il mondo interiore sarebbe ancora in lotta con quello esteriore o più probabilmente godremmo tutti del frutto delle loro nozze?
Venere con la sua espressione ieratica e serena, carica di “Umanitas, sembra darci una risposta che va oltre lo spazio ed il tempo. Il suo aspetto regale, il suo abbigliamento la identificano come una sacerdotessa ed una sapiente. I versi di Lucrezio la equiparano all’Iside di Apuleio, mentre Marte si lascia andare ai suoi piedi, come Dioniso alla presenza della  misteriosa Dea del celebre affresco della Villa dei Misteri.
La Venere del Botticelli non è dunque Lussuria , che conquista con effimero desiderio carnale e lascia spossato Marte, né tanto meno è Vergine del focolare che veglia sul suo sonno senza disturbarlo, mentre questi risposa dalle sue fatiche di conquistatore. Venere e  Marte siamo noi stessi con le nostre contraddizioni di fronte alla vita, perchè è questo il senso degli elementi per l’alchimia spirituale. Venere è la dea verde degli alchimisti. E’ l’Amore universale, è l’Agape, che contiene tutte le forme di amore in sé. E’ puro desiderio che attrae tutti gli esseri e da lei tutti gli esseri ritornano ricaricati, ri-generati, pacificati, perchè privati di sentimenti come gelosia, vendetta, odio, discordia, tutte emozioni che Marte suscita ed alimenta dentro di noi quando ci sentiamo rifiutati o non ci consideriamo amati, quando in realtà siamo noi che non siamo capaci di amarci per primi. Venere è’ il mistero iniziatore che lascia entrare nella sacra e santa stanza nuziale solo chi è capace di aprirsi al ricevere, quindi un onesto ed umile cercatore di verità come Rosekreutz o Parsifal. E’ la Sofia gnostica, la saggezza ottenuta tramite la conoscenza, perchè  sopra ogni cosa la Venere Alchimistica rappresenta la nostra Natura, il nostro maestro interiore. Mentre, infatti, una parte di noi dorme nella vita, credendo di essere sveglia, la nostra guida interiore veglia nello spirito, perchè come pura consapevolezza cosciente, essa è quell’intelligenza istintiva innata che ci consente di sentire e distinguere, fin dentro le ossa , ciò che è giusto da ciò che è sbagliato per noi stessi. Il dio dormiente in questo caso non rappresenta però il sonno della ragione, di chi preferisce che siano gli altri a scegliere per lui o crede di poter decidere per un altro, ma all’opposto diventa il vero risvegliato  in un altro piano della realtà. Marte si trasfigura nell’eroe che compie l’azione più coraggiosa che un guerriero possa intraprendere, mentre lotta ogni giorno per realizzare se stesso: si abbandona, “cede le armi”, non teme di mettersi a nudo, perchè davanti a Venere, che di solito è lei nuda, come la Verità, non ha senso nascondersi dietro ai “metalli vili”, alle cose materiali, all’apparenza. L’armatura è simbolo di tutti quei pesi e maschere che teniamo stretti a noi per paura di essere visti per quello che siamo, per timore di essere vulnerabili, di essere giudicati e feriti. In questo modo crediamo di poter evitare nuove delusioni attaccando e ferendo gli altri per primi, con una “penetrante” lancia da torneo che colpisce da lontano, impedendo il più leale e per questo più intimo e coraggioso corpo a corpo.  Marte è quindi l’essere umano che sceglie di fidarsi della sua voce interiore abbandonando le false difese, le inutili armi, le personalità fittizie, ormai balocco per i fauni. Anche la lancia non serve più a dividere, ma sembra riavvicinare i due opposti contendenti, perchè anche l’amore ha la forma di un combattimento, che si tratti di due persone che scambiano l’altro per un riflesso di sé o si tratti di quel misto di odio amore, fiducia-sfiducia che proviamo verso noi stessi.

 

Il piccolo Pan che sta soffiando nell’orecchio del Dio con una conchiglia dorata a mò di tromba, non vuole svegliarlo, ma ci mostra quanto intensamente Marte stia esplorando un altro piano di realtà: quello interiore. Il suono della tromba, nella simbologia ermetica, è infatti un invito a risvegliarsi nella vita spirituale attraverso l’abbandono dei vecchi modelli di pensiero e viene raffigurato a seconda degli autori con con un rapimento mistico, un avventura onirica, l’eremitaggio nel deserto. A guardare meglio sembra proprio che la voce della Dea, “udibile” nel suo sguardo, scorra e venga sospinta, per mezzo della conchiglia, dal pneuma del piccolo fauno direttamente nelle orecchie e quindi nella mente di Marte, sussurrandogli ed istruendolo su chissà quali conoscenze, anche se un’idea ce la possiamo fare.
Marte si sta muovendo nella dimensione interiore nella quale regna quella parte di noi che spesso non ascoltiamo, ma il cui linguaggio, fatto di immagini simboliche ed oniriche, di sensazioni fisiche istintive, dovremmo imparare a comprendere.
Venere ha ottenuto la fiducia del leone senza usare la forza, come la donna dell’Arcano XI e Marte che tiene le gambe nella posizione dell’Imperator e dell’Appeso indica che la sua ricerca – istruzione sta avendo buon esito, riuscendo a tenere in equilibrio verticale un oggetto di ferro proprio mentre sta dormendo. Un’impresa quasi impossibile che sembra lo scherzo di un fauno giocherellone, ma se così fosse la mano ci darebbe l’impressione di stare per ricadere su se stessa, mente il dito medium, al contrario, appare ben poggiato e stabile sull’oggetto metallico, facendoci così pensare alla Via Media, alla via dell’equilibrio, alla via della bilancia. Non un caso, quindi, ma la conferma che è possibile essere presenti nella realtà di tutti i giorni, anche nella apparente assenza, cioè mentre mutiamo prospettiva e cerchiamo noi stessi dentro invece che fuori. Mentre viaggiamo nei giardini dell’anima in compagnia della nostra guida interiore. Marte, quindi, dorme per essere sveglio in un’altra dimensione, ma è presente, è in tensione verticale, come un ponte tra l’alto ed il basso, il dentro ed il fuori, il sonno e la veglia, la vita materiale e quella spirituale, facendo di tutto “Uno”. La via per ottenere tutto questo è nella ricerca di equilibrio indicata dal suo ginocchio, che, trovandosi a metà della lancia, trasforma l’arma nel braccio orizzontale di una stadera in cui Venere e Marte rappresentano i pesi contrapposti e complementari di un simbolico equilibrio dinamico, macro e micorcosmico. Due energie che in realtà sono Una ed insieme molteplici.

 

“Marte spicca fra i pianeti per la sua forza, poiché rende gli uomini più forti, ma Venere lo domina… Venere, quando è in congiunzione con Marte, in opposizione a lui e in recezione o veglia dall’aspetto sestile e trigono, come noi diciamo, spesso arresta la sua malignità… essa sembra dominare e placare Marte, ma Marte non domina mai Venere…”  (Marsilio Ficino)

 

In questo Tao Ermetico, finchè la coscienza resta viglie ed «il guerriero tremendo» rimane suo «amante» la nostra volontà si lascerà attrarre dal desiderio di trovare serenità ed armonia. Una volta creata la pietra filosofale, cioè dei filosofi, degli amanti della saggezza, i seguaci di Sofia, questa diverrà automaticamente capace di proiettare fuori di sé la sua proprietà trasformativa dissolutrice e coagulatrice, in altre parole pacificatrice. La possibilità di essere felici dipende solamente dalle nostre scelte personali. Possiamo migliorare o peggiorare la nostra vita e quella delle persone e degli altri esseri viventi che ci sono vicini, semplicemente in base alle scelte coraggiose o vigliacche che faremo.

 

«Soffrirai finchè odierai» e di conseguenza farai soffrire, ma se troviamo la Pace, lasciando che «omnia vincit amor» se «[…] nos cedamus amori », cioè che l’amore vinca su tutto se cediamo all’amore, al vero amore per noi stessi, per la saggezza, per la conoscenza, per la libertà e per la verità, le naturali conseguenze non potranno che essere  il senso di fratellanza, il rispetto reciproco, la cooperazione, la condivisione, l’evoluzione ed il benessere generale.

Articolo tratto da:

http://www.riflessioni.it/alchimia/botticelli-venere-marte-3.htm

 

 

Il pacifismo ermetico del Botticelli nel dipinto «Venere e Marte». Un messaggio moderno in un quadro antico.ultima modifica: 2009-01-04T17:54:07+01:00da giovannisantoro
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Un pensiero su “Il pacifismo ermetico del Botticelli nel dipinto «Venere e Marte». Un messaggio moderno in un quadro antico.

  1. Autore…………..: Ple , Giacinto
    Titolo…………..: Ontologia della physis / Giacinto Ple
    Pubblicazione…….: Melegnano : Montedit, [2007].
    Descriz. fisica…..: 38 p. ; 21 cm
    Collezione……….: Koiné
    Note…………….: gnano : Montedit, [2007]. – 38 p. ; 21 cm
    Num.standard……..: ISBN 88-603-7292-5.
    Numero di record….: BVE0445650
    Natura bibliografica: Monografia
    Paese di pubblic….: Italia
    Tipo materiale……: Materiale a stampa
    Localizzazione……: Biblioteca Marucelliana
    Collocazione……..: MAR C02 01624
    Inventario……….: MF0010035185 200712271 v.

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