Massoneria operativa e speculativa

Riflessioni sull’Esoterismo

di Daniele Mansuino 

Articolo tratto da:

http://www.riflessioni.it/esoterismo/massoneria-operativa-speculativa-2.htm


 

Massoneria operativa e speculativaNella stesura dei precedenti articoli sulla Massoneria, mi sono reso conto che l’espressione “Massoneria operativa” può rappresentare per i lettori un motivo di confusione. Infatti si tratta di un concetto che esaminato dall’interno della Massoneria appare abbastanza chiaro, ma presuppone la conoscenza di vari dettagli di cui chi si muove all’esterno del dibattito massonico non ha idea.
Al concetto di Massoneria “operativa” si contrappone quello di Massoneria “speculativa”, ovvero dedita alla speculazione: intesa nel senso di speculazione filosofica o, più genericamente, come un complesso di attività mentali che non ha come corrispettivo nessuna forma di attività fisica.
La prima basilare distinzione tra Massoneria “operativa” e “speculativa” è quindi legata alla pratica del mestiere di muratore: ancora oggi i Massoni definiscono “operativi” i muratori professionisti, e se un Fratello ha da compiere opere murarie in casa sua dice scherzando: “bisogna proprio che mi rivolga agli operativi.”
Se la contrapposizione si fermasse a questo sarebbe facile, ma non è così. Innanzitutto, è da notare che non c’è specularità fra i due termini: “Muratore” può essere usato anche per definire i Massoni “speculativi”, ma non “Massone” per i muratori “operativi”.
Questo perché una tacita convenzione, rispettata universalmente dagli storici della Massoneria, vuole che i termini “Massoneria” e “Massone” possano essere applicati solo a forme associative posteriori al 1717, anno in cui la Massoneria “speculativa” vedeva ufficialmente la luce, e solo ad organizzazioni più o meno direttamente derivate dalla Gran Loggia d’Inghilterra.
Un tale criterio risulta essere abbastanza valido per semplificare le intricate vicende dei primi anni della Massoneria, ma non altrettanto per chiarire la differenza tra “speculativi” e “operativi”. Per esempio, Logge “speculative”, esistevano già ben prima del 1717; come vogliamo definire le persone che ne facevano parte? Massoni non si può, muratori d’altra parte non erano, insomma non si sa proprio come chiamarli (c’è chi li definisce “accettati”, il che mi ha sempre ricordato la mitica canzone dei Pink Floyd Careful With That Axe, Eugene).
E’ da notare inoltre che non tutti i muratori del periodo anteriore al 1717 possono essere considerati precursori della Massoneria: infatti non tutti avevano la consuetudine di tramandare “riti di mestiere”, e di regola la definizione di “operativi” è riservata a coloro che li praticavano.
Di conseguenza, il concetto di “operatività” è ben lungi dall’essere fondato sulla semplice attività manuale, e la sua trasposizione nel linguaggio della Massoneria moderna fa sì che i Massoni siano definiti più o meno “operativi” in base alla valutazione del loro modo di rapportarsi con l’istituzione massonica, o anche della “regolarità” dei rituali con cui lavorano.
Poiché su entrambi questi punti non esiste una definizione universalmente concordata di quelli che debbano essere i requisiti ottimali, questo fa sì che il concetto di “Massoneria Operativa” venga di fatto applicato a realtà molto diverse, che possiamo ridurre a due classi fondamentali:

 

Per i Massoni di indirizzo esoterico, l’operatività può consistere nella trattazione in Loggia di temi legati all’esoterismo e nel loro approfondimento. Può anche verificarsi che Fratelli particolarmente addentrati negli studi esoterici propongano con successo strutture aggiuntive alla ritualità standard da praticare in Loggia per rendere il lavoro più “operativo”;  notevole a questo proposito è il libro “Principi e metodi di Massoneria operativa”, di cui è autore il Massone anconetano Francesco Brunelli (1958- ).
Per i Massoni di indirizzo sociale, il concetto di “Massoneria Operativa” si fonda sull’ideale di una Massoneria attenta e partecipe alle vicende della società civile nonché in grado di produrre su di essa interventi significativi, come opere di beneficienza, borse di studio e altre iniziative volte a favorire la diffusione dei migliori sentimenti umani.

 

A monte di queste opinioni, e non di rado in convivenza con esse, l’ombra delle antiche gilde degli edificatori di cattedrali accompagna tuttora nel loro cammino i Massoni di oggi, apportando talvolta una specie di sottile disagio nel confrontarsi con i loro precursori del lontano passato: è come se i Massoni, privati della possibilità di operare materialmente con martello e scalpello, si sentissero orbati di qualcosa.
Nel tentativo di dare una spiegazione a questo fenomeno, Réné Guénon ha dedicato pagine di straordinaria bellezza alla distinzione tra maestranza effettivae virtuale. Partendo dalla premessa che la trasmissione iniziatica della Massoneria è ancora valida, e quindi la ritualità massonica continua a esercitare la sua azione a livello interiore, il fatto che nella muratoria operativa i riti erano integrati da un’attività manuale avrebbe consentito all’iniziato di prendere coscienza dei loro effetti;  invece nella Massoneria speculativa, privato di tale mezzo di verifica, non sarebbe più in grado di capire esattamente ciò che avviene in lui, né di applicarne gli effetti sul piano della realtà.
Il punto di vista guenoniano, però, è profondamente condizionato dalla visione pessimista del grande esoterista francese. In base alla dottrina indù dei cicli cosmici, Guénon escludeva che la realizzazione iniziatica potesse coinvolgere a qualsiasi titolo il livello sociale: di conseguenza, considerava parimenti impossibile che la Massoneria potesse in futuro evolversi in meglio.
A mio umile parere, la nostalgia dell’operatività perduta è un pregiudizio che si fonda su un paio di presupposti errati. Primo, l’idea che la continuità della tradizione muratoria si sia spezzata un certo giorno del 1717, quando un certo numero di nerboruti scalpellini inglesi gettarono improvvisamente gli attrezzi per mettersi a disquisire di filosofia: non c’è bisogno di sottolineare quanto sia puerile questa versione, e in effetti la storia ci dice che le cose non andarono così.
Secondo, la sopravvalutazione delle presunte conoscenze esoteriche detenute dagli operativi; mentre in realtà, stante la scarsità di documenti scritti a tale riguardo e le grandi differenze fra le tradizioni degli antichi muratori nei vari paesi, è molto difficile fornire su questo argomento valutazioni definitive.
Per esempio, alcune gilde praticavano una ritualità esclusivamente “tecnica”, fondata su segni e prese di riconoscimento; altre presentavano forme rituali legate all’esoterismo; altre ancora non davano segno esteriormente di praticare nessuna forma rituale, ma erano tuttavia composte almeno in parte da esoteristi, come risulta da emblemi, incisioni o statue che erano soliti piazzare in punti strategici delle loro opere.
In ogni caso, quanti oggi rimpiangono l’operatività delle gilde dimenticano forse che la superiore ricchezza del messaggio massonico rispetto a quello delle altre forme di esoterismo artigiano deve essere ascritta all’influenza del Templarismo: cioè precisamente da quella stessa componente che determinò la nascita della Massoneria speculativa.
La storia è nota. Dopo che il 13 ottobre 1307 i Templari furono dichiarati in arresto dal Re di Francia, la loro potente flotta (che batteva la bandiera detta Skull and Bones o impropriamente Jolly Roger: il famoso teschio con le ossa incrociate dei pirati) fece vela sulla Scozia, dove sapeva di poter contare sull’appoggio della famiglia Sinclair.
I Sinclair aiutarono i Cavalieri a sistemarsi e provvidero anche a riorganizzarli militarmente: decisivo fu il loro apporto alla battaglia di Bannockburn, cominciata il 24 giugno 1314, nella quale gli Inglesi furono battuti e si aprì la strada all’indipendenza della Scozia, dichiarata sei anni dopo.
Anche se è certo che dall’incontro dei Templari con le gilde scozzesi sorsero le prime forme di muratoria speculativa, alcuni si ostinano a dubitarne perché non trovano verosimile la fusione di una forma esoterica guerriera con una artigiana; occorre dire però che le relazioni tra Templari e costruttori presentavano il carattere di una parentela di lunga data, della quale entrambe le parti erano sempre state consapevoli.
E’ infatti alla figura di San Bernardo di Chiaravalle (Bernard de Clairvaux: 1090-1153) che vanno fatte risalire tanto l’origine dell’Ordine del Tempio (materialmente costituito da un suo stretto parente, Hugues de Payns) quanto quella di una delle più importanti gilde muratorie di Francia, i Figli di Salomone; il corpus teorico di questi ultimi si fondava sulla geometria sacra del Tempio di Gerusalemme, ed era tratto da testi ermetici che proprio San Bernardo aveva riscoperto e tradotto.

Dal punto di vista storico i Figli di Salomone non durarono a lungo, ma abbastanza perché le loro concezioni fossero adottate con entusiasmo da numerose altre gilde di “operativi”; si diffusero così in tutta Europa e sicuramente anche in Scozia, che nel tardo Medioevo era legata alla Francia da forti legami.
Niente di più facile quindi che i Templari, ritrovandosi in un Paese straniero decimati di numero e con il loro Ordine disgregato, abbiano trovato naturale appoggiarsi a organizzazioni delle quali condividevano gli interessi culturali, e che fornivano loro inoltre l’inestimabile vantaggio di un’ampia rete di contatti già saldamente insediata sul territorio.
A questo punto, era fatale che la maggiore ricchezza dell’esoterismo templare rispetto a quello muratorio causasse il sorgere di Logge in cui esso veniva posto al centro dei lavori, delineando  anche la nascita di un sistema di gradi più complesso dei soli due gradi operativi. Era ovvio pure che in Logge di questo genere le arti costruttorie dovessero presto decadere a un ruolo marginale, fino al punto di non essere più praticate.
Si creò in questo modo una rete di Logge speculative che – a quanto sembra – ebbe fin dal principio l’usanza di intrattenere con gli operativi ben pochi contatti: per quanto da testimonianze anteriori al 1717 risulti che effettivamente sono esistite anche “Logge miste”, la relativa scarsità del loro numero fa supporre che gli speculativi si appoggiassero agli operativi solo fin quando in un dato luogo non erano abbastanza numerosi per poter procedere alla costituzione di Logge autonome.
L’espansione della muratoria speculativa coincise con quella degli antient degrees, ai quali ho accennato ne I due progetti della Massoneria: “antichi gradi” per la maggior parte dei quali il legame con la pratica operativa era assai indiretto. L’usanza era di praticarli nelle Logge Azzurre come una sorta di scala al di sopra del grado di Compagno, e ogni Loggia si creava il proprio sistema; studiando le somiglianze e le differenze tra gli antient degrees praticati nelle varie città, gli odierni storici della Massoneria stanno laboriosamente ricostruendo gli esatti percorsi della lenta calata degli speculativi dalla Scozia verso Sud.
Per arrivare fino a Londra, gli speculativi impiegarono circa tre secoli: il primo londinese iniziato a una Loggia speculativa di cui si abbia notizia fu, nel 1646, lo storico e alchimista Elias Ashmole (1617-1692).
Fu proprio la scoperta del ricco patrimonio esoterico che si celava negli antient degrees speculativi a entusiasmare i londinesi, fino a dar loro l’idea di trasformare quel dormiente complesso di antichi riti in uno strumento magico in grado di influenzare la storia del mondo; idea destinata a trovare espressione compiuta nel 1717, quando la Massoneria speculativa non solo ufficializzò la propria esistenza mediante la costituzione della Gran Loggia d’Inghilterra, ma per la prima volta rivendicò a sé stessa il primato nei confronti delle Logge operative che l’avevano generata.
I nostalgici dell’operatività farebbero quindi bene a ricordare che fu proprio il trascendimento di quest’ultima a creare le condizioni per cui la Massoneria poté vedere la luce. Senza l’intervento dei Templari la muratoria speculativa non sarebbe mai sorta, e senza quest’ultima le forme rituali dei costruttori avrebbero seguito il destino di tutte le altre forme iniziatiche legate ad attività artigiane, delle quali al giorno d’oggi nessuno si ricorda più.
Tra le varie leggende volte ad accreditare la presunta superiorità della muratoria operativa, un posto importante è occupato dal mito della massoneria operativa in sette gradi. Anche se ovviamente il numero dei gradi non è così importante per determinare il livello di una organizzazione iniziatica, questo concetto vago dà tuttavia l’idea di una forma esoterica strutturata in modo complesso, dalla quale è automatico concludere che l’attuale Massoneria in tre gradi avrebbe perso per strada parecchio del suo bagaglio. Ma in realtà non è mai esistito niente di simile, e non sarà fuori luogo concludere il mio modesto articolo con brevi note dedicate alla genesi di questo mito.

 

La politica di accentramento perseguita dalla Gran Loggia d’Inghilterra fin dagli esordi destò ben presto il malcontento degli speculativi di provincia, che nel 1725 si concretizzò nella costituzione della Grand Lodge of All England (più nota come Gran Loggia di York; ma il nome è fuorviante, perché in realtà aveva questo nome la struttura messa in piedi dalla Gran Loggia d’Inghilterra per contrastarla).
È storicamente accertato che la nascita della Grand Lodge of All England prese le mosse dal furibondo litigio di due fazioni di Massoni per l’assegnazione delle cariche che governavano le Logge cittadine. Questo, però, accadeva a York, città storicamente caratterizzata da intensi contatti con la Scozia,  in cui già da un paio di secoli aveva preso forma e si era consolidato un sistema di antient degrees di notevole profondità e completezza.
Il sistema di York  in sette gradi  (niente a che vedere con l’attuale Rito di York) era particolarmente efficace dal punto di vista formativo, in quanto caratterizzato dall’usanza delle Letture (oggi dette Catechismi): si trattava di colloqui tra gli Ufficiali di Loggia in cui le tematiche del grado venivano svolte sotto forma di domande e risposte, determinando un effetto psicologico assai suggestivo.
Contando sul prestigio universalmente riconosciuto al loro sistema, i fondatori della Grand Lodge pensarono bene di spostare la loro battaglia dal piano personale a quello ideologico, anticipando di circa un quarto di secolo le rivendicazioni degli Antients sul diritto delle Logge locali a praticare liberamente gli antient degrees ; ma il fatto che l’influenza della Grand Lodge non riuscì mai a spingersi oltre i confini dello Yorkshire avrebbe dimostrato che i tempi non erano maturi.
Dai clamori generati da questa vicenda ebbe origine una serie di equivoci. Dapprima il conflitto tra Grand Lodge of All England e Gran Loggia d’Inghilterra venne confuso con quello che era in atto tra Logge operative e speculative, poi in conseguenza di ciò il sistema di York  in sette gradi venne identificato con quello in uso presso la muratoria operativa.
Può forse sembrare assurdo che questo sia accaduto negli stessi anni in cui i veri operativi in due gradi lavoravano ancora in molte città inglesi; eppure, fino a che punto i pregiudizi di classe avessero separato i Massoni dai muratori risulta da un aneddoto riportato da Neville Cryer. Per quanto sia posteriore di circa un secolo e mezzo rispetto agli avvenimenti che abbiamo appena esposto, può anche servire a dimostrare quanto poco il sistema di York avesse in comune con le autentiche usanze operative.

 

Nel 1883 un Massone di York, il Fratello Whytehead, andò per caso a visitare una confraternita di muratori della sua città: umili e semplici artigiani che lavoravano al restauro di un edificio.
Proprio in quei giorni, Whytehead stava lavorando a una “tavola” sulla Massoneria del Marchio, e pur avendo consultato tutti i possibili documenti, non gli era riuscito di trovar conferma di un dettaglio di cui era sicuro: l’usanza degli antichi muratori di collocare il marchio dei tagliatori all’interno e quello dei costruttori all’esterno. Ebbe quindi un sobbalzo quando vide sfilare davanti a sé due operai che reggevano una pietra recante due marchi sui lati opposti; li interrogò, e da loro ebbe la conferma che l’usanza da lui cercata invano in dozzine di libri era ancora in uso tra gli “operativi” della sua città, senza che nessun Massone ne avesse la minima idea.

 

Aneddoti a parte, tutti i documenti disponibili sul sistema di York dicono che fu sempre praticato da Massoni speculativi, e per giunta su un territorio assai ristretto; eppure nulla poté impedire che l’equivoco crescesse ancora nella seconda metà del diciottesimo secolo, quando l’Arco Reale divenne uno dei temi fondamentali del dibattito massonico. Sette gradi nel sistema di York, sette gradi nell’Arco Reale: non poteva mancare chi proclamasse solennemente che il secondo era derivato dal primo… bugia piuttosto clamorosa non solo perché i due sistemi hanno ben poco in comune, ma anche perché esiste una sterminata documentazione sull’antica pratica dell’Arco Reale in luoghi lontani da York e secondo modalità del tutto diverse.
Il pregiudizio dei sette gradi  ha avuto un successo talmente grande da riuscire anche a… proiettarsi indietro nel tempo: difatti,  nel 1913, tre Fratelli della Gran Loggia Unita d’Inghilterra (tra i quali John Yarker, grande esoterista celebre però anche per i suoi eccessi di disinvoltura nell’applicare il concetto di “successione iniziatica”) “risvegliarono” la… “Massoneria Operativa” in sette gradi, sulla base di una patente del 1638.
Questo Ordine, che esiste tuttora, ha fama di gran serietà, e i suoi lavori sono ricchi di suggestione e bellezza. Il problema, però, è che i suoi rituali sono stati ricostruiti in tempi moderni basandosi sull’idea che l’organizzazione originaria fosse in sette gradi: ipotesi non del tutto impossibile perché nulla è impossibile al mondo, ma di sicuro non particolarmente ricca di attendibilità.
Anche l’esistenza di questi “Operativi”… dell’ultima ora ha contribuito non poco a trasformare il pregiudizio dei sette gradi in un dogma, il cui obbiettivo è diffondere tra i Massoni il rimpianto verso la “spiritualità” che la Massoneria di oggi avrebbe perduto.

 

Per quello che può valere, la mia posizione riguardo a questo problema è assai diversa: secondo me,  il senso di inadeguatezza che disturba oggi molti Massoni non viene dalla rescissione dei legami con il fantomatico mondo operativo, bensì dal fatto che abbiamo smarrito le chiavi per sfruttare al meglio le potenzialità della Massoneria speculativa.
Ho espresso più ampiamente questa idea nell’articolo I due progetti della Massoneria, dove ho attirato l’attenzione sulle possibilità di azione magica che si nascondono sotto il velo dei rituali massonici: la loro riscoperta potrebbe restituire alla Massoneria quella funzione operativa che i suoi fondatori avevano previsto, e la schizoide separazione che è stata oggetto di questo articolo svanirebbe nel passato.
Ritorneremmo a essere operativi nel senso che i padri della Massoneria attribuivano a questo termine: gli edificatori di un mondo nuovo, fondato su Libertà, Uguaglianza e Fratellanza.

Daniele Mansuino
(con la collaborazione del Venerabilissimo Fratello Giovanni Domma)

Massoneria operativa e speculativaultima modifica: 2008-12-21T20:04:45+01:00da giovannisantoro
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