Mors tua, vita mea

Di B. Frale

Durante i decenni seguenti del XIII secolo, quando la potenza
e l’ascendente politico dei Templari erano notevoli in seno alla società cristiana, nessuno pensò a quel precedente giuridico che in ogni caso rimaneva valido poiché il privilegio non era mai stato
abrogato o cassato per l’emissione di un decreto contrario. Ancora sotto il regno di san Luigi IX, una personalità incline al misticismo
e soprattutto molto sensibile alle necessità della Terrasanta, la col- laborazione fra il Tempio e la corona francese rimaneva stretta e cordiale;111 già sotto il successore Filippo III i rapporti comincia-
rono ad incrinarsi, almeno stando all’evidenza che il sovrano cercò
di impedire ai Templari di acquisire i beni della manomorta

com’era accaduto in passato. Il figlio Filippo IV ripeté più tardi la
medesima manovra, ma fu con lo scoppiare del conflitto franco- inglese seguito all’invasione della Guienna, nel 1294, che si inne-
scò un meccanismo terribile dalle conseguenze di portata interna- zionale.112
Esausta per le spese della guerra che si prolungava ben oltre
le previsioni del re, la Francia si trovava sull’orlo della bancarotta
e gli avvocati vicini alla corona indussero il sovrano a tassare in- debitamente il clero del regno; dinanzi alla fiera reazione di papa
Bonifacio VIII (Benedetto Caetani, 1294-1303) contro l’abuso ai danni della Chiesa, la manovra venne impostata da parte regia
come una lotta spiccatamente politica e formalmente mirata a de- tronizzare quel papa presentandolo come l’usurpatore del soglio
pontificio dopo l’abdicazione di Celestino V. La situazione andò progressivamente peggiorando fino alla scomunica di Filippo il
Bello (con la bolla Super Petri solio, redatta ma non promulgata)
e l’attentato di Anagni (1303).113
Pressato dalle gravi emergenze economiche, il re di Francia aveva realizzato che una grossa fetta della Chiesa del regno, cioè
i Templari e gli Ospitalieri, possedeva un patrimonio consistente
di unità produttive e capitali liquidi ma non era affatto tassabile
proprio in virtù di specifici privilegi che riservavano tutte le risorse degli ordini militari alle necessità della Terrasanta. Il re ambiva a
porre quel patrimonio sotto il controllo della corona caldeggiando l’unificazione di Tempio ed Ospedale che era stata discussa in seno
al Concilio di Lione, e che Filippo intendeva pilotare imponendo quale capo dell’ordine unico un membro della sua famiglia: egli
stesso, se necessario, dopo aver abdicato al trono in favore del
primogenito; ma il piano cadde per la ferma opposizione dei Tem- plari e l’indecisione dei pontefici.114
Dinanzi a quel fallimento venne concepita all’interno del Con- siglio reale, o più probabilmente nella cerchia degli avvocati regi,
una strategia alternativa che avrebbe consentito al sovrano di arri-
vare a gestire il patrimonio dei due ordini militari anche se fosse caduta l’ipotesi della fusione: Filippo il Bello fece entrare segre-
tamente nel Tempio dodici spie che divennero frati ma lavorarono
con pazienza a raccogliere tutto quanto potesse servire per
un’eventuale manovra contro l’ordine.115

Nel 1306 la situazione della Francia giunse ad un livello tale
di gravità che vi fu una rivolta della popolazione parigina e Filippo
IV fu costretto a rifugiarsi nella Torre del Tempio con la sua corte per sfuggire l’assalto della folla; in quell’occasione probabilmente
fece pesanti pressioni sul Tesoriere centrale del Tempio, frate Jean de La Tour, affinché gli rilasciasse un prestito per arginare almeno
le prime necessità. L’importo preteso dal sovrano, 300.000 fiorini d’oro, era enorme e sicuramente sbilanciava la solvibilità della
casa capitana di Parigi perché i Templari svolgevano anche ruolo
di banca e dovevano assicurare il pieno rimborso dei capitali ai loro
creditori; se si considera che la somma corrisponde a quel tempo
al bilancio annuo della repubblica marinara di Pisa,116 non è affatto
azzardato supporre che l’esazione del re di Francia avesse pratica- mente ripulito le casse del Tempio di Parigi. Ma la cosa più grave,
senza giustificazioni e capace di provocare l’espulsione del Teso- riere dall’ordine, era la dinamica assolutamente illegale del presti-
to, compiuto in violazione del regolamento templare e cioè lascian- done il Gran Maestro completamente all’oscuro.117
Lo scandalo del Tesoriere centrale dette origine ad una situa- zione burrascosa che rese tesissimi i rapporti fra il Tempio e la
corona:118 quando il Gran Maestro rientrò da Cipro, agli inizi del
1307, verificò i libri contabili e si accorse dell’enorme ammanco aperto proditoriamente a vantaggio del re. Filippo il Bello aveva
preteso quel denaro senza dare alcuna garanzia, senza ad esempio impegnare qualcuno dei beni della corona che avrebbe permesso
ai Templari di giustificare quel prestito.119
Il sovrano in passato aveva lottato contro Bonifacio VIII con- vinto di poter tassare a suo piacimento il clero francese per sovve-
nire le necessità finanziarie del regno; vinta la contesa,120 intendeva passare al patrimonio di quell’ordine privilegiato che custodiva la
Tesoreria del regno e ricavava una ricca parte dei proventi da beni situati in territorio francese. Aveva agito con un’arroganza inaudita
e la reazione del Gran Maestro fu talmente dura che il pontefice in persona dovette intervenire per tamponare la crisi.
Il Tesoriere La Tour fu riammesso nell’ordine proprio grazie all’intercessione di Clemente V, provvedimento che in sostanza
faceva figurare tutto l’evento come un incidente avvenuto per un
malinteso e che, almeno nelle speranze del papa, avrebbe salvato

i rapporti fra Jacques de Molay e Filippo il Bello:121 ma il re aveva
compreso che quel Gran Maestro si sarebbe fieramente opposto al controllo della corona sul Tempio, e che con lui alla dirigenza dell’ordine i beni templari non sarebbero mai stati una riserva d’emergenza per le necessità della politica francese.
L’attacco che il sovrano compirà di lì a poco probabilmente non derivava da un qualche ostilità ideologica preconcetta, nono- stante gli storici tendano a disegnarlo come una personalità irasci- bile e incline al fanatismo religioso. Con la stessa strategia Filippo
il Bello aveva requisito i beni di importanti gruppi finanziari del regno, cioè gli ebrei e i banchieri fiorentini, mettendoli sotto pro- cesso ed espropriandone i beni:122 nella mente del sovrano, o se preferiamo nella sottile costruzione teorica dei suoi avvocati, nes- sun prezzo pareva troppo alto per promuovere la potenza della

Mors tua, vita meaultima modifica: 2011-10-24T19:05:00+02:00da giovannisantoro
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