Esoterismo cristiano e Massoneria

 

 

Giuseppe Lombardo
(Università di Messina)

Il tema di questa relazione, massoneria e cristianesimo, o per meglio dire massoneria ed esoterismo cristiano, richiede forse qualche nota preliminare, non fosse altro che per sgombrare il terreno da possibili equivoci. Proverò quindi a muovere dagli elementi costitutivi che disegnano l’identità della Libera Muratorìa, basandomi sulle formulazioni che ad essi sono riservate nella Costituzione della Comunione italiana del Grande Oriente d’Italia. Il quarto dei “principi fondamentali per i riconoscimenti” così recita:
La Gran Loggia deve accettare come membri soltanto uomini di buoni costumi
che esprimono un credere nell’Essere Supremo”.

Il secondo capo del documento che fissa l’identità del Grande Oriente d’Italia è ancor più esplicito e articolato:
La natura della Massoneria e delle sue istituzioni è umanitaria, filosofica e
morale. Essa lascia a ciascuno dei suoi membri la scelta e la responsabilitübr> delle proprie opinioni religiose, ma nessuno può essere ammesso in
Massoneria se prima non abbia dichiarato esplicitamente di credere nell’Essere
Supremo.

L’art. 5 della nostra Costituzione, nell’elencare i metodi che assicurano la regolarità del lavoro muratorio, ribadisce:
Il Grande Oriente d’Italia: – lavora alla gloria del Grande Architetto
dell’Universo; […] – apre il libro della Sacra Legge sull’Ara del Tempio e vi
sovrappone la squadra e il compasso; – segue il simbolismo nell’insegnamento
e l’esoterismo nell’Arte Reale.[1]

Al di là dello “stampo” giuridico di ciascuna delle formulazioni, il carattere, per così dire, “compromissorio” delle medesime non può non essere colto. Il piano filosofico-morale è chiaramente individuato quale ambito privilegiato, fondamento e fine insieme dell’agire massonico, mentre contestualmente esso viene distinto, non contrapposto come spesso si pensa, da quello religioso. Quest’ultimo si traduce nell’adesione a un modello cultuale, il monoteismo, che è nello stesso tempo un modello “culturale”, riproposto oltre e contro ogni pretesa di storicizzazione. In buona sostanza, l’universalità massonica, che è poi il terreno di riferimento di ogni codificazione in via di principio, passa attraverso un’operazione squisitamente culturale: la rinuncia a disciplinare, o forse sarebbe meglio dire “colonizzare”, la sfera della coscienza esalta l’impegno etico in senso umanitario, controbilanciando in tal modo il relativismo della professione di fede.
Il paradigma fin qui delineato, rimasto immutato fin dalle origini della moderna Libera Muratorìa speculativa, ne svela le tipiche radici storico-culturali, e insieme rende ragione della sua permanente alterità rispetto ai sistemi di pensiero dominanti nella tradizione della civiltà occidentale. Quando nel 1723 , Anderson procede alla stesura del Libro delle Costituzioni, riducendo ad unità una variegata pluralità di testi manoscritti, il mondo occidentale si è da poco lasciata alle spalle l’epoca dei conflitti religiosi e la Riforma ha ormai messo radici profonde. In Inghilterra, l’asperità dello scontro ha offerto al Parlamento l’occasione storica per riequilibrare il rapporto con la Corona, e un sovrano, Carlo I, è stato giustiziato per alto tradimento dopo un’accusa e un processo senza precedenti.

Anderson espunge accuratamente dal proprio testo tutti i riferimenti, attestati nei precedenti manoscritti, alla Chiesa ufficiale, alla fede cristiana in quanto tale, all’obbedienza alle autorità religiose. Nella parte storica del suo lavoro, egli riserva appena poche righe alla predicazione del Cristo (chiamato il “Divino Messia”, il “Grande Architetto della Chiesa”), nonostante lo sforzo costante esercitato per intrecciare la sequenza di eventi delle epoche passate con la presunta trasmissione della saggezza iniziatica.[2] La Libera Muratorìa nasce, pertanto, quale istituzione altra rispetto alla prospettiva totalizzante e onnicomprensiva di cui il cristianesimo ha innervato tutta la civiltà dell’Occidente. Mi riferisco ovviamente al cristianesimo ufficiale, a quello delle chiese organizzate, o se si preferisce all’esperienza storica del cristianesimo, alla tendenza, in esso via via sempre più marcata a strutturarsi secondo modelli gerarchici, ruotanti intorno al monopolio assoluto della verità di fede e che riproducono all’interno dell’organizzazione religiosa le rigide distinzioni di casta e di classe ricevute dalla società. I fondatori della Gran Loggia di Londra nel 1717, e poi Anderson, il reverendo Desaguliers, i primi Grandi Maestri, ecc., quanti, in breve, hanno parte nella creazione della Libera Muratorìa moderna in quanto istituzione, si muovono con intenti che oggi appaiono chiaramente ispirati, non tanto come abbiamo spesso sentito sostenere, all’esigenza di offrire, nello spazio riservato delle Logge massoniche, il terreno per un confronto leale e una eventuale conciliazione fra cattolici e protestanti — sebbene tale esigenza non possa considerarsi del tutto estranea o assente — quanto soprattutto alla necessità di veicolare l’avvenuta relativizzazione della professione di fede senza che essa potesse essere interpretata e quindi respinta quale pericoloso tentativo di eversione dell’ordine sociale. Non è casuale, infatti, che la riscrittura andersoniana dei “doveri” del libero muratore si caratterizzi su un versante per l’eliminazione di qualsiasi invocazione di apertura alla Vergine, ai Santi, alla Santa Chiesa quale controparte terrena del progetto divino, e sul versante opposto per l’introduzione (assolutamente innovativa rispetto alla tradizione precedente), di una esplicita dichiarazione di lealismo verso i poteri costituiti (le cosiddette “Magistrature civili, supreme e subordinate” del secondo “Dovere”), nonché di rifiuto di qualsiasi forma di ribellismo o complotto a sfondo politico.[3] Una soluzione che ancora oggi, pur con gli adattamenti alle mutate condizioni ideologico-politiche e alla diversa sensibilità sociale, continua a mostrarsi vitale, a garantire il non confessionalismo, o se si preferisce, la laicità tendenziale dell’Istituzione liberomuratoria. In questa prospettiva abbiamo usato prima il termine “compromissorio”, anche se, forse, sarebbe meglio parlare di scelta pragmatica, in linea con la vocazione antiautoritaria tipica della migliore cultura anglosassone. Svuotando la professione di fede di ogni tendenza ad appoggiarsi fideisticamente su verità dogmatiche amministrate da una gerarchia che se ne dichiara depositaria e custode, riportando la scelta religiosa nella sfera autonoma e in qualche modo impenetrabile della coscienza, in altre parole recuperando una lettura la più estensiva possibile della nozione luterana di “sacerdozio universale”,  le Costituzioni del 1723 riconoscono al libero muratore uno spazio amplissimo di libertà nella ricerca individuale e di potenzialità connesse all’equilibrato esercizio dei poteri della ragione. Il rovescio della medaglia è rappresentato dalla soglia minimale richiesta in termini di ossequio formale ed esterno al sacro, alle aspettative che esso suscita e alle ansie cui esso risponde in una società ancora sostanzialmente conservatrice e tradizionalista: l’adesione al “monoteismo”, tradotto nella formula rituale del “Grande Architetto dell’Universo”,  avvertito quale principio ordinatore,  fonte di regole che sono destinate a presiedere al grande meccanismo della creazione e a garantirne l’armonico funzionamento, coniugando la dimensione macrocosmica con quella microcosmica, il naturale e l’umano, il sociale e l’individuale, il divino e il terreno, secondo una dialettica di apparentamento analogico che risolve le inevitabili aporie del reale trascendendole e conciliandole sul piano dell’universale.
Non è difficile riconoscere in questo particolarissimo “compromesso” l’origine di quel processo, le cui radici affondano nel lento e secolare lavoro di codificazione degli antichi rituali, che gradualmente condurrà al recupero, nell’ambito specifico della cultura massonica, di una serie assai articolata di filoni esoterici di pensiero. La spinta verso l’esoterismo è in qualche modo funzionale all’accettazione della sfida della costruzione di una prospettiva esistenziale sganciata da qualsiasi visione totalizzante. Rispetto alla filosofia e alla scienza, come è noto, il pensiero esoterico marca la propria inconfondibile natura attraverso il rifiuto dei dogmi, delle verità precostituite, delle teorie che pretendono di esaurire tutti gli aspetti del reale. In alternativa, esso propone un metodo d’indagine che prescinde dalla rigidità ossificata della “nozione”, della “legge”,

per privilegiare la rappresentazione analogica, quasi sempre giocata su una specifica combinazione di elementi figurativi e simbolici che tendono a porsi quale chiave di lettura mai del tutto esaustiva, anzi costantemente aperta alla individuazione di ulteriori motivi di ampliamento del reticolo di significati via via individuati. La chiave che ogni esoterismo costruisce vale ad un tempo quale strumento di comprensione e indagine e strumento di azione, coinvolge cioè tanto il piano speculativo quanto il piano operativo. Muovendo indifferentemente da elementi semplici o da formulazioni complesse, esso consente di cogliere l’intera totalità del reale, ivi comprese le sue specifiche differenziazioni, la sua creatività, i suoi valori sensibili. Qualsiasi ipotesi filosofica, nel momento in cui assurge a sistema, finisce per ridurre il molteplice a unità concettuale; al contrario, ogni chiave esoterica moltiplica l’unità, le monadi in cui risolvere il reale, trasforma ogni punto in centro di significati ed elemento di circonferenza. Ogni essere, in una prospettiva esoterica, è pensato come un microcosmo organicamente collegato a miriadi di altri esseri.[4]
E’ questo il background di riferimento su cui insiste la formulazione dell’art. 5 della nostra Costituzione quando individua nel simbolismo e nell’esoterismo le metodiche di lavoro principali, tacitamente riprendendo il “compromesso” andersoniano, nel senso di non predisporre comunque nessuna serie vincolante di opzioni. Non si statuisce, infatti, né quale simbolismo né quale esoterismo, o quali varianti di entrambi, possano e debbano essere privilegiati, con ciò riconoscendo il valore fondante della libertà di scelta di ciascun Libero Muratore. In ogni caso, quando si parla di esoterismo (nella cui dimensione interna possiamo agevolmente considerare riassorbito il piano simbolico) si sottintende la cosiddetta disciplina dell’arcano, cioè tutto quel fascio di differenziazioni funzionali in cui consiste la condizione dell’iniziato: questi si identifica in un piccolo gruppo, è qualitativamente separato dal profano, è colui che possiede la conoscenza, appartiene al mondo della luce. L’iniziazione massonica può, a ragione, esser ritenuta un caso particolare di disciplina dell’arcano e questo ci consente di chiudere, almeno provvisoriamente, il cerchio. Quando la Libera Muratorìa si costituisce in quanto corpus corpus visibile in termini storici e istituzionali, il cristianesimo ha ormai una storia più che millenaria, ha pervaso di sé tutte le forme antropologico-sociali in cui si è venuta via via strutturando la società occidentale, respingendo ai margini, ovvero bollando come eretiche e devianti, tradizioni di pensiero che pure avevano goduto di grande prestigio in epoche passate. Parallelamente esso ha quasi del tutto cancellato una propria originaria dimensione esoterica per amplificare al massimo quella ideologico-religiosa. Il coinvolgimento nella sfera del potere temporale, e il vastissimo sommovimento rappresentato dalla Riforma, non sono che le punte massime di un processo plurisecolare nel corso del quale, in nome dell’evangelizzazione, altre religioni, altre filosofie, altri esoterismi, che pure in Occidente avevano radici profonde (si pensi alla religione mitraica, al druidismo, all’antroposofia, ecc.), vengono spazzati via inesorabilmente. Non c’è da sorprendersi, per conseguenza, se la Libera Muratorìa delle origini si colloca non contro ma fuori dell’ufficialità di tutte le chiese riconosciute, adottando la nozione inclusiva di “Grande Architetto dell’Universo” quale terreno comune sul quale si ritrovano persone di estrazione e collocazione sociale differente, unite però nel vincolo iniziatico e nella ricerca di forme nuove, mai sperimentate, di affermazione dell’io individuale, nello sforzo di esorcizzarne le aspettative così come le ansie connesse ad una condizione esistenziale ormai priva degli approdi rassicuranti del dogma e della gerarchia.
Non è quindi per niente strano che nelLibro delle Costituzioni i riferimenti al cristianesimo siano del tutto assenti, se si escludono le note della parte conclusiva della sezione storica nella quale Anderson menziona alcuni edifici di culto legati alla Chiesa Anglicana, ma più per ragioni legate alla loro struttura architettonica che non per motivazioni religiose. [5]

Gli stessi rituali dei tre gradi oggi in uso, ma anche la tradizione che li precede, pur facendo significativo ricorso a luoghi, simboli, e figure del Vecchio Testamento, a elementi tipici dell’ebraismo, evitano accuratamente qualsiasi incursione in direzione del Nuovo Testamento e soprattutto nell’elaborazione teologica con cui la Chiesa, dopo avere riassorbito e metabolizzato l’eredità classica, soprattutto quella della filosofia greca, affina ed estende il proprio controllo ideologico e culturale sull’intera civiltà dell’Occidente. Per ritrovare spunti o esplorazioni in questo senso, è necessario passare ad alcuni aspetti significativi del simbolismo rosacrociano, o agli “alti gradi” nelle versioni rituali più note, o scavare nella suggestiva “ipotesi templare” del Discorso del Cavaliere Andrew Ramsay (1737), ma si tratta pur sempre di proposte tardive, di operazioni ricombinatorie tra filoni misterici ed esoterici preesistenti, non di sintesi originali. Pur crescendo e sviluppandosi all’interno di un mondo pervasivamente cristianizzato, la Libera Muratorìa sembra straordinariamente impermeabile a qualsiasi osmosi con il terreno simbolico e culturale da cui essa è circondata.
A questo punto si impone una domanda, o meglio una riflessione sulla stessa possibilità di ipotizzare un rapporto fra massoneria ed esoterismo cristiano. Ma se volessimo impostare il problema in maniera ancor più radicale, potremmo chiederci se è mai esistito un vero esoterismo cristianoDiscorso della montagna quando afferma: “Beati i poveri in ispirito, perché di loro è il regno de’ cieli” (Matteo, 5:3),[6] potremmo essere indotti a concludere che niente è in apparenza più lontano da qualsivoglia prospettiva esoterica. Ma la “montagna” in quanto simbolo di elevazione verso il cielo, di conoscenza che apre nuovi e sconfinati orizzonti, ha senza dubbio valenze esoteriche che non possiamo trascurare. E quando in Matteo, 18:3, leggiamo “In verità io vi dico: Se non mutate e non diventate come i piccoli fanciulli, non entrerete punto nel regno dei cieli”, è impossibile non riconoscervi il paradigma della “doppia nascita” che è centrale a tutte le forme di pensiero esoterico nonché ai rituali massonici. D’altra parte, se è possibile proseguire nella menzione di luoghi evangelici alternativamente disposti su versanti opposti, non si potrà non prendere atto che la predicazione di Cristo propone chiavi esoteriche in modo talora assai esplicito. Faccio riferimento ai tre luoghi più noti:
Non date ciò ch’è santo ai cani e non gettate le vostre perle dinanzi ai porci,
che talora non le pestino co’ piedi e rivolti contro a voi non vi sbranino.
(Matteo
, 7:6)
Il principio della “selettività”, vale a dire l’idea che la saggezza iniziatica è riservata solo a pochi, che deve essere gelosamente custodita e trasmessa sotto determinate condizioni , è tratto costitutivo di qualsiasi forma di esoterismo, e trova una sua ubiquità a noi ben nota in tutti i rituali massonici, sia a livello dei tre gradi azzurri , sia nelle sequenze degli “alti gradi”. Certo, il cristianesimo la riceve dalle tradizioni misteriche precedenti ma nella formulazione evangelica l’accento è posto volutamente sulla natura rigeneratrice della verità iniziatica (il “santo”) e sull’uso distorto della medesima quando, per avventura, dovesse essere incautamente comunicata ai profani, nonché sui rischi che l’iniziato può correre a causa di comportamenti contrari al solenne giuramento prestato. Si tratta di un’articolazione che, come si diceva, ritroviamo con pochissime modifiche nella tradizione rituale muratoria, dove l’insistenza sulle “difficoltà” non comuni che l’iniziato deve affrontare e sull’esigenza che egli affini al massimo le proprie doti e si riconfermi saldamente negli impegni assunti, disegna una parabola crescente di intensità via via che dalla massoneria simbolica ci si inoltra in quella del Rito Scozzese Antico e Accettato o nelle camere dell’Arco Reale, tanto per fare solo gli esempi più noti.
Ancora dal Vangelo di Matteo, ripercorriamo uno dei luoghi più citati, quello che sicuramente è suscettibile di essere vissuto e interiorizzato in ambito liberomuratorio con maggiore partecipazione emotiva poiché corrisponde al modo in cui generazioni di massoni, ma anche l’Istituzione in quanto tale, si sono letti e hanno interpretato e vissuto il proprio ruolo consapevolmente:
Entrate per la porta stretta, poiché larga è la porta e spaziosa la via che mena
alla perdizione, e molti son quelli che entran per essa. Stretta invece è la porta
ed angusta la via che mena alla vita, e pochi son quelli che la trovano. (Matteo, 7:13-14)
e in quale misura esso sopravviva all’interno della tradizione liberomuratoria. A prima vista la risposta sembra scontare l’esistenza di alcuni dati pressoché irriducibili. Se ci limitassimo al Gesù del

Anche in questo caso gli antecedenti della formula evangelica sono numerosissimi, ma essa conserva un fascino del tutto peculiare, legato soprattutto alla simmetria con cui l’itinerario iniziatico si sviluppa tra forze attrattive opposte, riconducibili alle energie primordiali dell’universo, al bene e al male, alla luce e alle tenebre, in quanto entità attive, operanti a livello cosmico ma anche nell’intimo della coscienza. Come non richiamare immediatamente l’analogia con metafore quali quella delle “oscure e profonde prigioni al vizio” o l’invito pressante al’autodisciplina, al dominio di sé, che scandiscono nella Libera Muratorìa i passaggi cruciali del sistema trigradale?
E infine, la parabola del seminatore, sempre dal Vangelo di Matteo, nella sua straordinaria icasticità, con una parte dei semi, quelli caduti lungo il ciglio della strada, divorati dagli uccelli; quelli che invece attecchiscono in luoghi pietrosi e hanno una crescita stentata a causa della scarsità del terreno fertile; quelli che, caduti sul terreno buono, si sviluppano rigogliosi e danno frutti per trenta, per sessanta, per cento. Ma è il commento di chiusura che è destinato a scuotere ulteriormente:
Chi ha orecchi da udire oda.
Allora i discepoli, accostatisi, gli dissero: Perché parli loro in parabole? Ed egli
rispose loro: Perché a voi è dato di conoscere i misteri del regno dei cieli; ma a
loro non è dato. Perché a chiunque ha, sarà dato, e sarà nell’abbondanza; ma a
chiunque non ha, sarà tolto anche quello che ha. Perciò parlo loro in parabole,
perché, vedendo, non vedono; e udendo, non odono e non intendono.
(Matteo, 13: 9-13)

La distinzione tra sfera iniziatica e ambito profano non potrebbe essere più netta. La scissione dell’ambito semantico dell’“intendere” in quelli correlati ma escludenti del “vedere” e dell’“udire” senza che ciò significhi una conoscenza più profonda e completa, rappresenta la faglia lungo la quale l’esoterismo in genere, e quello cristiano delle origini in particolare, si separa dal cristianesimo in quanto sistema cultuale organizzato. La storia della Chiesa successiva all’Editto di Milano (313 d.C.) può essere letta anche come storia della progressiva marginalizzazione di ogni tendenza esoterica, dell’inesorabile recedere verso il quadrante del “mistico” e del “visionario” di forme di religiosità emotivamente coinvolgenti e pertanto difficili da conciliare con la domanda di uniformità, ordine e disciplina interni, adesione non problematica agli articoli di fede, di cui la Chiesa avverte un’esigenza crescente dopo l’avvenuta legalizzazione. Il plurisecolare braccio di ferro, divenuto via via vera e propria persecuzione, con manifestazioni di religiosità bollate come devianti ed eretiche è in parte il rovescio della medaglia della serie di assestamenti e reinterpretazioni dell’originario messaggio della predicazione di Cristo che sfociano nel progressivo stabilizzarsi e istituzionalizzarsi del cristianesimo in quanto confessione tendenzialmente maggioritaria e poi religione di stato. Ce lo confermano indirettamente anche i numerosissimi luoghi degli scritti apocrifi che ripropongono la stretta correlazione tra esoterismo e cristianesimo che abbiamo rilevato nei passi citati in precedenza, ma soprattutto le ondate di religiosità eterodossa che, a partire dal 50 d.C., si affermano in Palestina ed elaborano le grandi tesi del dualismo (o manicheismo) e del messianesimo. Un’ondata ancora più incontenibile sarà quella che investirà oriente e occidente a partire dal 125 d.C. dando origine allo gnosticismo, il vastissimo movimento filosofico-religioso che ruota intorno alla conoscenza, come dichiarava Basilide di Alessandria, di “quel Dio che non è tale, di quel Dio che Aristotele chiamava il pensiero del pensiero”. Su di esso abbiamo soprattutto testimonianze indirette, anche se alcuni dei testi diretti come la Pistis Sophia (330 d.C.) .) o i documenti scoperti a Nag-Hammadi nel 1945 cominciano a circolare in traduzione. Non bisogna poi trascurare l’importanza di opere come la Gerarchia ecclesiastica dello pseudo-Dionigi che da Platone riprende l’idea di un “al di là dell’essenza” per interpretarlo in senso trascendente e teistico, che parla del mistero cristiano come una forma di manifestazione del divino destinata a comunicare “le sante verità solo in modo santo a uomini santi attraverso una santa illuminazione”. A partire dal VI secolo d.C., tuttavia, l’azione congiunta della gerarchia ecclesiastica e del potere temporale soffoca ogni dissenso. Lentamente, sulla gnosi trionfano i catechismi e la grande stagione dell’esoterismo cristiano si avvia al suo definitivo tramonto.

Le analogie fra esoterismo cristiano, così come fin qui delineato, e ritualismo massonico non possono, alla luce di quanto si è sostenuto, che essere indirette, riguardare le “invarianti” della comune tradizione esoterica che sta a monte. [7] E’ comunque significativo che esse siano concentrate soprattutto negli “alti gradi” che storicamente si consolidano in epoca successiva alla codificazione della Libera Muratorìa speculativa e in una temperie ideologico-culturale profondamente diversa, quando specifiche tradizioni vengono riattualizzate a livello di progettualità consapevole e con l’occhio attento alla distintività e riconoscibilità di corpi rituali in via di costituzione.

Rimane però un’eccezione, senza dubbio la più importante, in grado di aprire una prospettiva non sorprendente ma certo ricca di suggestione e tale da suscitare itinerari di lettura fascinosi. E’ centrale alla Massoneria azzurra, ma non solo ad essa, la presenza del Libro della Legge Sacra, su cui sono sovrapposti squadra e compasso, aperto, in genere, sul versetto iniziale del Vangelo di Giovanni. Non è poi semplice sottacere l’ubiquità, nei nostri rituali, del riferimento al simbolismo giovanneo agganciato alla sequenza naturale delle stagioni e alla parabola del declinare della luce fino al punto solstiziale più basso, da cui si origina l’arco che condurrà al punto solstiziale più alto. La connessione fra le antiche corporazioni di mestiere e le celebrazioni giovannee annuali è, infine, dato che indiscutibilmente caratterizza le origini della Libera Muratorìa speculativa e che, ormai, risulta essere talmente interiorizzato da non venir più posto necessariamente in termini di problematizzazione. Senza per nulla entrare nel merito della questione circa la natura esoterica del quarto Vangelo e degli altri scritti giovannei, ce n’è abbastanza per correggere in modo significativo lo spaccato che scaturisce da una asettica considerazione dei dati storici.
Nel principio era la Parola, e la Parola era con Dio, e la Parola era Dio. Essa
era nel principio con Dio. Ogni cosa è stata fatta per mezzo di lei; e senza di lei
neppure una delle cose fatte è stata fatta. In lei era la vita; e la vita era la luce
degli uomini; e la luce splende nelle tenebre, e le tenebre non l’hanno ricevuta.

(Giovanni, 1:1-5)
E’ il locus principe, la punta massima di coincidenza fra rituale massonico ed esoterismo cristiano. Il simbolismo della Luce quale potenza creatrice, logos ed Essere Supremo insieme, è talmente connaturato all’approccio muratorio alla realtà cosmica e umana da bilanciare in gran parte l’impressione di una Libera Muratorìa astrattamente razionalistica quale potrebbe emergere da una lettura decontestualizzata delle Costituzioni andersoniane.
La Luce splende nelle tenebre ma “le tenebre non l’hanno ricevuta”. “Ricevere”, “accogliere”: termine sempre ambivalente negli scritti di Giovanni, che se da un lato insiste sull’incapacità degli uomini nel riconoscere le manifestazioni del logos, dall’altro sottintende la vittoria finale della luce, la certezza di un superamento del conflitto. Il dramma del quarto Vangelo, il dramma della dialettica luce-tenebre che la Massoneria ingloba e correla al simbolismo costruttivo, si configura come rapporto di due poteri le cui determinazioni contraddittorie quasi sempre contrassegnano il ritmo esistenziale della quotidianità. E’ un dramma equivalente a un “campo di potenzialità”, per dirla con Husserl, in cui da sempre si proiettano i desideri, le lotte, le vittorie e le sconfitte, dell’umanità. Un dramma che si svolge a livello storico, a livello mitico, a livello escatologico, fino a realizzare la vittoria della luce sulle tenebre.
Sul piano esperienziale e spaziale esso oppone il cielo alla terra e all’abisso del mare modellandosi per schemi binari come salire/scendere, essere gettato/essere precipitato, essere/venire, ecc. L’alto corrisponde alla destra, simbolo di autorità e di vittoria, il basso alla sinistra, simbolo di condanna e deviazione. In questa struttura cosmica, la caduta è associata al male, al peccato, all’accecamento, mentre l’ascesa, il colore bianco, connotano il trionfo della luce, del bene. La dinamica spaziale è inoltre completata da una dinamica temporale che articola l’opposizione fra tempo fisico e tempo umano, tempo di condanna e tempo di grazia, passato e presente-futuro.
Il conflitto luce-tenebre è rintracciabile in tutti gli scritti di Giovanni: nel Vangelo esso è soprattutto storico, nella Prima lettera ha natura etica, nell’Apocalisse nell’Apocalisse investe il piano mitico-escatologico. Nella sua polivalenza tale dualismo attinge a diverse tradizioni di pensiero del Vicino Oriente (il zoroastrismo per fare un solo esempio) e ne influenza altrettante (si pensi solo agli gnostici, o al gruppo settario di Qumran). Giovanni personifica e storicizza gli elementi del conflitto che concepisce sotto forma di “processo”, a sua volta articolato nelle fasi del giudizio e della testimonianza. Quest’ultima è identificata con Gesù, la parola-luce, il segno di contraddizione e di rottura intorno al quale le genti si raccolgono e si dividono, la manifestazione del “creatore” che è venuta ad abitare con noi, facendosi “logos di vita”, discendendo dal cielo per giustificare e giudicare nell’ultimo giorno come “logos di Dio” La separazione delle origini provocata dalla parola di Dio e dalla lotta che essa innesca si proietta sul piano storico nella lotta fra credenti e non credenti , tra figli della luce e figli delle tenebre, tra servi-testimoni e abitanti della terra, fra il Cristo e l’Anticristo. Lo scontro passa attraverso la personificazione delle forze del male, le tenebre, a loro volta destinate ad essere disperse quando il non-luogo della vittoria riassorbirà totalmente il conflitto e “non ci sarà più notte; ed essi non avranno bisogno di luce di lampada, né di luce di sole, perché li illuminerà il Signore Iddio, ed essi regneranno nei secoli dei secoli” ” (Apocalisse, 22:5).[8]
Le analogie e le connessioni con il ritualismo e l’esoterismo muratori sono talmente lampanti che non è necessario io vi insista oltre. Esoterismo cristiano e Libera Muratorìa si incontrano su questo terreno del tutto peculiare, incrociando suggestioni, aspettative, tensioni ideali che la storia, per altri versi, per altri itinerari, ha preteso separare.

Note
[1] Antichi Doveri, Costituzione, Regolamento dell’Ordine, a cura del Grande Oriente d’Italia, Palazzo Giustiniani, Roma: Sedigraf, 1995, pp. xv, xvii, 4-5.
[2] Cfr. James Anderson, Le Costituzioni dei Liberi Muratori, 1723, a cura di Giuseppe Lombardo, Cosenza: Edizioni Brenner, 2000, p. 17.
[3] Ibid., p. 33.
[4] Su tutta questa problematica si vedano in particolare i capp. xii-xvii in Pierre A. Riffard, L’esoterismo, trad. di Maria Grazia Meriggi, Milano: Rizzoli, 1996, vol. I, pp. 362-581 (tit. or.: L’ésotérisme. Qu’est-ce que l’ésotérisme? Anthologie de l’ésoterisme occidental, Paris: Editions Robert Laffont, 1990).
[5] Anderson, Le Costituzioni dei Liberi Muratori, 1723, cit., pp. 25-30.
[6] Cito le Sacre Scritture dalla versione riveduta in testo originale dal dott. Giovanni Luzzi, Roma: Società Biblica Britannica e Forestiera, 1967.
[7] Uso il termine “invariante” nell’accezione delineata in Riffard, L’esoterismo, cit., pp. 464-468.
[8] Per questa linea di lettura cfr. Clémence Hélou, “Il conflitto delle tenebre e della luce negli scritti giovannei. Un approccio simbolico”, in Simbolismo ed esperienza della luce nelle grandi religioni, “ Atti del Colloquio Internazionale del Lussemburgo, 29-31 marzo 1996”, trad. di Alberta Paramico Schuler, Milano: Editoriale Jaca Book, 1997, pp. 175-190.

Esoterismo cristiano e Massoneriaultima modifica: 2011-05-03T19:43:00+02:00da giovannisantoro
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