Un’idea di lotta come sacrificio e dono ( di B.Frale)

Un’idea di lotta come sacrificio e dono Agostino non si era limitato ad esprimere un atteggiamento più indulgente nei confronti dei professionisti militari, seguendo le tracce contenute nel Vangelo che esortavano i combattenti ad un’etica della giustizia e del servizio onesto; il tenore drammatico dei tempi, e la stessa visione dell’impegno religioso come battaglia nel mondo combattuta contro il male per guadagnare la salvezza del prossimo, portavano la sua predicazione a rivestirsi energica- mente di simbologia militare. Il senso della difesa assicurata ai deboli contro i soprusi dei prepotenti era fortissimo e avvertito come un dovere religioso, un onere pastorale necessario: Ammonire i fomentatori di disordini, consolare i pusillanimi, sostenere i deboli, confutare i contraddittori, guardarsi dagli intriganti, istruire gli igno- ranti, stimolare gli indolenti, calmare i litigiosi, mettere a posto i pretenziosi, calmare i protestatori, soccorrere i poveri, liberare gli oppressi, incoraggiare i buoni, sopportare i cattivi e amare tutti.35 Fra il genere di vita che Agostino avrebbe desiderato, la quiete della contemplazione nella pace del chiostro, e quello che aveva accettato di svolgere per volontà di Dio, il peso dell’attività pasto- rale, esisteva un netto contrasto che doveva essere superato per il bene degli altri. La vocazione religiosa è innanzitutto servizio ver- so la Chiesa, specialmente nei confronti dei suoi membri più deboli esposti ad ogni genere di sopraffazioni; in questo il sacrificio e la fatica personali si configurano come sequela Christi, emulazione di Gesù nelle sue lotte contro il male e nelle sue rinunce: Siamo servi della Chiesa, e servi soprattutto dei suoi membri più deboli Se la Chiesa madre richiederà i vostri servizi, non accettateli per avida bra- mosia di salire né rifiutateli per il seducente desiderio di non far nulla, ma ubbidite con umile cuore a Dio Non anteponete la quiete della vostra contemplazione alle necessità della Chiesa Se il buon Pastore, che offrì la sua vita per le sue pecore, ha potuto suscitare per sé tanti martiri da queste medesime pecore, con quanto maggiore ardore debbono lottare per la verità fino alla morte, e fino a versare il proprio sangue combattendo contro il peccato, coloro ai quali il Signore affidò le sue pecore da pascere, cioè da formare e da guidare?36 I riferimenti al simbolismo militare si erano sviluppati abbon- dantemente nella tradizione canonicale, che identificava la propria missione come impegno nel mondo e possedeva un atteggiamento mentale portato a leggere il servizio per la comunità cristiana come battaglia anche offensiva nei confronti del male. Uno dei maggiori rappresentanti nella spiritualità del XII secolo, Geroch di Reiche- sberg, diceva che il chierico deve vincere il mondo con la lotta così come il monaco lo vince con la fuga, e suo fratello Arnone, proba- bile autore dello scritto che porta il titolo di Scutum canonicorum, ribadiva il medesimo concetto tacciando anche di egoismo quanti rifiutano l’impegno della lotta contro il male nel mondo: l’Ordine monastico, rifugiandosi nella propria tranquillità, si è rinchiuso nel silenzio del suo chiostro o, peggio ancora, ha accettato l’iniquità, mentre io, Ordine canonicale, lottavo fino alla morte attraverso i miei figli in privato e in pubblico.37 Sebbene la mentalità dei canonici come pure la loro teologia riferissero i concetti di impegno bellico ad una sfera puramente simbolica, l’offerta di questi militari decisi ad oblarsi presso il Sepolcro per ottenere il perdono dei peccati dovette apparire come una specie di trasposizione in ambito laico della professione cano- nicale: se i chierici regolari conducevano quotidianamente la loro battaglia contro il peccato con le armi della rinuncia e del servizio pastorale, i compagni di Hugues de Payns, membri dell’aristocra- zia militare, potevano ugualmente vivere un simile concetto d’im- pegno cristiano usando le loro abilità in guerra per la difesa mate- riale dei fratelli. La situazione del recente Regno di Gerusalemme era assai precaria, le comunicazioni viarie costituivano un rischio essendo le strade infestate dai predoni islamici che si gettavano sui viandanti e sui pellegrini per depredarli e assassinarli; secondo Fulcherio di Chartres la popolazione viveva in un perpetuo stato di insicurezza, con l’orecchio sempre teso a scorgere un segnale che l’avvertisse del pericolo.38 Nel 1119 accadde un evento funesto che probabilmente ebbe un ruolo determinante nella fondazione dell’ordine templare: un gruppo di pellegrini in viaggio fra Gerusalemme e il Giordano venne interamente trucidato e il massacro produsse una tale im- pressione che la sua eco raggiunse anche i cronisti dell’Occiden- te.39 Un anno più tardi, nel 1120, vi fu a Nablus un’importante assemblea che raccoglieva i principali esponenti del clero e della nobiltà del regno di Gerusalemme: gli storici vedono in quel radu- no la più probabile occasione per perorare ufficialmente la causa della confraternita militare da poco formata, e le fonti, infatti, pon- gono gli esordi del gruppo templare intorno a quell’anno.40 Forse lo sgomento seguito al disastro sensibilizzò i conversi presso il Sepolcro spingendoli ad interpretare lo spirito della teo- logia agostiniana, che in ogni caso avevano assorbito grazie alla predicazione e alla cura pastorale dei canonici, in una maniera più specifica e concreta per sovvenire le necessità di sopravvivenza della popolazione cristiana: il gruppo assunse i tre voti monastici di obbedienza, povertà e castità dinanzi al Patriarca di Gerusalem- me, e questi affidò loro la missione specifica di combattere il ne- mico islamico per difendere i pellegrini in viaggio verso il Santo Sepolcro.41

Un’idea di lotta come sacrificio e dono ( di B.Frale)ultima modifica: 2011-04-05T17:03:00+02:00da giovannisantoro
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