Etica di Frontiera

Mariano Bianca

La società attuale in quest’epoca che possiamo chiamare di ultramodernità, caratterizzata dallo sviluppo tecnologico avanzato, dalla complessità dei sistemi sociali e dalla multiculturalità, richiede più di ogni altra l’intervento dell’etica. In particolare, lo sviluppo della ricerca scientifica in campo medico-biologico ha posto numerosi interrogativi etici che hanno dato luogo a quella che viene chiamata bioetica, o etica della vita. I trapianti d’organi, l’eutanasia e la buona morte, l’ingegneria genetica e le biotecnologie, che permettono di operare direttamente sul codice genetico dei singoli esseri viventi e sul genoma delle specie, inclusa quella umana, hanno posto numerosi interrogativi alla coscienza dell’uomo che non sempre sono di facile soluzione.
Si pensi, per esempio, alla possibilità di trapiantare organi da animali uccisi allo scopo per effettuare trapianti sugli esseri umani; ciò può valere, in particolare, anche per possibili estrazioni di organi dai primati superiori (scimpanzé, per esempio) e in tal caso apparirebbero evidenti problemi di etica non solo animalista. Anche il tema dell’eutanasia, come è noto, ci pone di fronte a dilemmi etici che sconvolgono la coscienza dell’uomo attuale ma, forse, non la sconvolgeranno nel futuro .
Tuttavia, non è solo nel mondo della vita che si pongono problemi etici, ma in molti altri aspetti della società attuale: si pensi alle questioni relative ai diritti umani o alle diversità e differenze, o ancor più a quelli relativi all’incontro di culture diverse nello stesso ambiente socio-culturale.
Sino ad ora, in molti casi, l’uomo per affrontare questi problemi di coscienza si è rivolto al sua patrimonio etico per così dire tradizionale, derivato dalle tradizioni culturali, ideologiche, sociali e religiose. Purtroppo per la complessità delle condizioni e la specificità dei problemi, in molti casi non si è potuto fare appello alle etiche attualmente a disposizione, a meno che, come è accaduto, non si sono affrontati veramente ma sono stati solo negati o messi da parte. Le etiche tradizionali sono etiche statiche e non dinamiche, con una struttura di valori e norme determinata e rigida e sono poco propense a una loro modificazione di fronte a nuove condizioni e problemi. In effetti, per esempio, le etiche tradizionali hanno affrontato i problemi etici basandosi unicamente sul loro bagaglio etico e non pensando in alcun modo di modificare i propri valori e di operare in vista della ricerca e della affermazione di nuovi.
Un atteggiamento per così dire conservatore che, al massimo, può considerare eticamente nuovi problemi con vecchi valori. Ciò non significa che i valori delle tradizioni etiche siano tutti e di per se stessi inadeguati ad affrontare i nuovi problemi che pone la società e lo sviluppo della scienza, ma è certo anche che, da un lato, la ricerca di nuovi valori permette di comprendere meglio le problematiche attuali e, dall’altro, in molti casi è difficile considerare i nuovi problemi entro etiche che nel loro periodo di formulazione non prevedevano certamente le problematiche attuali.
Anche in campo bioetico, non di rado, da più parti si è tentato di affrontare le nuove problematiche etiche, come per esempio quella dell’eutanasia, o del trapianto di organi, in base a valori tradizionali che non riescono a render conto delle nuove condizioni. Si pensi, ancora, alle situazioni di multiculturalità con la presenza di valori culturali provenienti da diverse tradizioni. Come è possibile fornire risposte, valori e norme a partire da etiche che si sono riferite o provengono dall’una o dall’altra tradizione? Appare, perciò, la necessità, da un lato, di superare le etiche tradizionali e, dall’altro, di considerare la loro validità sociale unitamente alla ricerca di nuovi valori e di nuove norme.
In questa prospettiva, la bioetica, o etica della vita, non si pone lo scopo di adeguare le etiche dell’una o dell’altra tradizione culturale o religiosa alle nuove condizioni, quanto quello di operare per dare luogo a nuovi valori e relative norme. Si tratta, in questo senso, di una ingegneria etica , che non parte da una naturalità etica, pur non negandola, ma da una considerazione dei valori tradizionali delle diverse culture e al contempo della formulazione di nuovi valori che possano essere validi per culture diverse. Un compito certamente difficile, ma esso rappresenta la sfida etica che l’uomo si trova ad affrontare con lo sviluppo accelerato della complessità sociale e della ricerca scientifico-tecnologica.
I caratteri di una nuova etica, dovrebbero allora fare riferimento alle etiche tradizionali, ma al contempo porsi nella prospettiva della formulazione di nuovi valori e di norme che tengano conto del nuovo: non si tratta allora di riadattare il vecchio al nuovo ma di approfondire le ragioni del nuovo e solo così è possibile individuare soluzioni etiche che rispecchino le esigenze attuali e, non da meno, le differenze tra individui e gruppi presenti in un dato ambiente umano, che si amplia addirittura all’intero villaggio globale.
Per tali ragioni appare evidente la necessità di pensare a un nuovo modo di concepire l’ambiente etico e l’etica. Questo nuovo modo di concepire l’ambiente etico è quello che chiamo frontiera etica e con questa espressione mi riferisco a una condizione che è il risultato del passaggio da etiche riferite a un solo insieme di valori, prospettive e culture, a etiche che provengono dall’incontro tra culture e prospettive diverse e che rispettano le diversità pur mirando alla formulazione di valori e norme valide per le diverse culture e prospettive. Questa frontiera etica fa allora riferimento ad etiche che sono proprio la frontiera tra culture diverse, differenti prospettive sul mondo e modi diversi di considerare e di affrontare la vita individuale e sociale. La frontiera etica non è il confine o il limite tra etiche, prospettive e culture differenti, ma è invece il punto di incontro che, nel rispetto delle etiche tradizionali e delle diversità, mira a valori che le includano o che le superino, in alcuni casi valutandole positivamente ma in altri anche negandole, ma meglio ancora fornendo i canoni etici per la considerazione proprio delle diversità e la loro legittimazione.
Norme etiche, quindi, non rigide e definitive ma per così dire aperte che possano dare ragione di differenze e diversità tra gli uomini, le prospettive sul mondo e le culture.
Da qui la nozione di etica di frontiera che, a differenza delle etiche tradizionali, si pone come obiettivo quello di operare proprio come una ingegneria etica che, in relazione alle nuove problematiche e condizioni, promuove una ricerca di valori che non abbiano il mero intento di negare o di adattare il nuovo in base a vecchi valori, ma che lo indaghino a fondo per capirne le ragioni alla luce di una considerazione globale dello sviluppo della persona umana, del rispetto delle differenze, dell’incontro tra prospettive e culture valoriali diverse, e degli obiettivi globali dell’intera collettività umana sul pianeta.
L’etica di frontiera, in tal senso, non si riduce a né si schiaccia sulle etiche tradizionali, ma intende anche superarle se si presenta il caso, al fine di fornire soluzioni etiche adeguate che non si presentino come una mera considerazione, se non addirittura, un rigetto di ciò che la mente umana ha prodotto e produrrà nel futuro.
L’etica di frontiera, inoltre, è un’etica che a differenza di quelle tradizionali, intende seguire pari passo lo sviluppo dell’umano e in tal senso non ritiene di formulare valori che abbiano una forma definitiva rispetto a una data condizione o un dato problema. E questo proprio perché il fatto di essere di frontiera non è solo relativo alle diversità, ma anche alla continuità di cambiamento della cultura dell’uomo. E’ un’etica che è alla frontiera tra ciò che c’è oggi e che ci sarà domani; è a cavallo tra il passato, il presente e il futuro, ed essendo in frontiera è sempre pronta a considerare e riconsiderare condizioni e problemi. Per questo, i sistemi etici di frontiera si pongono come costituiti da valori e norme etiche relative all’immediato, ma sono sempre pronti a modificare ancora valori e norme rispetto ai cambiamenti dell’intero ambiente umano, sociale, culturale e scientifico-tecnologico.
L’etica di frontiera, inoltre, prevede la formulazioni di norme che hanno una natura complementare nel senso che comprendono in se stesse le diverse prospettive in campo, permettendo così non comportamenti univoci ma alternativi e legittimamente accettati.
L’etica di frontiera opera quindi in quella che possiamo chiamare virtualità etica, cioè un mondo di valori e di norme che vengono prospettati per condizioni attuali o per altre prevedibili, ma che non si pongono mai come definitivi.
Un altro aspetto rilevante di quella che ho chiamato etica di frontiera, è fondato sul fatto che essa deriva da fonti culturali diverse, e non da una monocultura, e quindi da un incontro tra culture e prospettive tutte legittimamente accettabili e accettate.
In questa prospettiva, anche concetti di etica tradizionale come quello fondamentale di tolleranza, appaiono legati a una concezione monoculturale, a una etica fondata sulla predominanza di una cultura che tollera ciò che non gli appartiene. E’ indubbio che questa ottica è stata una svolta fondamentale nello sviluppo della cultura umana, ma appare anch’essa legata a una etica monoculturale. Per questo, alla luce dell’etica di frontiera il valore della tolleranza appare ricaricabile di significato in un diverso valore che è quello del rispetto delle differenze tra gli uomini e della accettazione reciproca.
Un altro aspetto rilevante della etica di frontiera è fondato sul fatto che valori e norme indicate, dopo attenta analisi delle condizioni, delle problematiche e delle diverse visioni sul mondo, si presentano come prospettiche o meglio ancora come proposte che la collettività può accettare in vista di nuovi chiarimenti e mai intese come regole che si ritiene abbiano una validità universale e definitiva, in base a validazioni di natura ideologica, sacra, religiosa o naturale.
Questa etica di frontiera, allora, non è un etica che deriva in modo spontaneo dal vivere degli uomini, né si affida a concezioni naturalistiche, culturali o religiose, anche se può riferirsi o fondarsi su alcune di esse, ma è il risultato di un sforzo umano profondo e rigoroso allo stesso tempo che, come ho accennato, appare come una ingegneria etica proprio perché possiede un aspetto di costruzione e si fonda su un incontro e sul dialogo tra prospettive diverse sull’uomo e sul mondo. In tal senso i valori non sono pronti nel mondo da una supposta eternità di tradizione, né tanto meno da una altrettanto supposta naturalità dell’uomo, anche se entrambe possono fornire importanti ragioni e indicazioni, ma da un opera intenzionale e rigorosa di coloro che operano in questo settore e che propongono all’intera collettività umana possibili soluzioni a problemi etici.
Per concludere, si può dire che nell’epoca attuale si intravede la necessità di una nuova etica e questa non può che essere considerata, a mio parere, proprio come una etica di frontiera, nei diversi sensi indicati, proprio per fare in modo che, da un lato, non ci si ponga in una condizione di negazione di ogni risultato dello sviluppo della cultura umana e, dall’altro, che non si debbano imporre regole senza il rispetto delle differenze, delle diversità di prospettive sul modo di concepire la vita, l’uomo e la società. Si è di fronte a una sfida etica che non può mirare a delimitare gli orizzonti entro etiche tradizionali, ma ad allargarli per lasciar spazio a nuovi valori consoni allo sviluppo attuale dell’uomo senza mai pensare di aver raggiunto qualcosa di definitivo. Non si tratta di un triviale relativismo etico, secondo cui ogni valore è accettabile, quanto un relativismo costruttivo e storico che considera l’etica non come un campo costruito una volta per tutte, ma sempre aperto a nuovi orizzonti così come mutano gli orizzonti del destino dell’uomo su questo pianeta o altrove.
Etica di Frontieraultima modifica: 2010-03-07T18:32:00+01:00da giovannisantoro
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