Thomas Dunckerley: un Massone dimenticato.

Di Daniele Mansuino

Articolo tratto da: http://www.riflessioni.it/esoterismo/thomas-dunckerley-1.htm

Thomas DunckerleyNella storia della Massoneria, Thomas Dunckerley occupa un posto del tutto particolare. La sua vita romanzesca fece di lui uno dei più importanti Massoni inglesi del diciottesimo secolo, e tra questi fu senza dubbio quello che conobbe maggiore celebrità in vita; moltissimi lo amavano e altrettanti lo invidiavano, perché la sua personalità non era di quelle che consentono di rimanere indifferenti.
Eppure, malgrado ciò, Dunckerley è oggi uno dei grandi Massoni meno ricordati. In Inghilterra, il suo nome è noto solo a una ristretta cerchia di addetti ai lavori: non più di due biografie sono state scritte su di lui, e Laurence Gardner (la cui erudizione è pari soltanto all’invincibile antipatia nei confronti di tutti i Massoni di indirizzo “esoterico”) gli dedica soltanto un capitoletto di sessanta righe nel quale lo definisce uno stravagante personaggio.
Fuori dall’Inghilterra è quasi completamente sconosciuto, e in rete il suo nome compare in meno di duemila pagine, nella maggioranza delle quali è citato solo di sfuggita; su Wikipedia non c’è una pagina a lui dedicata.
Come mai? Soprattutto per due ragioni. La prima, che Dunckerley era un uomo che pensava con la sua testa: non gli venne mai in mente di aderire supinamente agli schieramenti che dividevano l’Inghilterra massonica nei suoi anni, anzi la sua intera vita fu spesa in un inesausto lavoro di mediazione e conciliazione tra fazioni opposte.
La seconda ragione è più prosaica: Dunckerley era un figlio naturale del Re (e come vedremo, solo in età abbastanza avanzata riuscì a ottenere il riconoscimento da parte della Casa Reale), e anche a distanza di tanti anni gli Inglesi provano un certo pudore a parlare di queste cose.

Era nato a Oldham il 23 ottobre 1724. Nei mesi precedenti, sua madre era stata a servizio in casa di una nobildonna dove il Principe di Galles, futuro Re Giorgio II, soleva soggiornare.
Suo padre anagrafico era un dipendente del Duca di Devonshire. I genitori tennero nascosta al ragazzo la sua vera origine, e l’infanzia e l’adolescenza di Thomas furono segnate da dignitose ristrettezze. Era un ragazzo forte ed esuberante, segnato da un grande amore per la lettura che presto sfociò in una precoce vocazione massonica; pare non avesse ancora vent’anni quando venne accettato dalla Three Tuns di Portsmouth, che era una delle più antiche e autorevoli Logge britanniche. Ma poco dopo, come molti altri ragazzi della piccola borghesia del suo tempo scelse la Royal Navy, dove per molti anni prestò servizio come semplice cannoniere.
A quei tempi nell’esercito inglese era diffusa l’usanza delle Logge militari, che fornirono un contributo impareggiabile alla diffusione della Massoneria nel mondo; tra le loro caratteristiche più peculiari, c’era la facoltà di poter lavorare all’obbedienza anche di più Ordini contemporaneamente, affinché nessun Fratello tra quanti ne facevano parte dovesse sentirsi in qualche modo discriminato.
Le simpatie delle Logge militari andavano soprattutto agli Antients, che – avendo secessionato dalla Gran Loggia d’Inghilterra gestita dai Moderns – si battevano perché la pratica degli antichi gradi fosse riammessa nell’Ordine.
In verità, quelle effettivamente all’obbedienza della Atholl Lodge degli Antients erano in minoranza rispetto a quelle all’obbedienza delle Grandi Logge di Irlanda e di Scozia; ma queste ultime, per quanto ufficialmente leali verso la Gran Loggia d’Inghilterra, vantavano a loro volta molti antichi gradi da difendere, e di conseguenza erano di simpatie Antient anche loro. Queste caratteristiche facevano di ogni Loggia militare un crogiolo culturale dove Fratelli di diversa provenienza confrontavano le proprie tradizioni e opinioni.
Nel 1758, la nave su cui Dunckerley era imbarcato, la Vanguard, attraversò l’Atlantico per essere impiegata nella Guerra dei Sette Anni, che vedeva contrapposte Francia e Inghilterra. Sebbene egli non sapesse ancora di essere figlio di Re Giorgio, il suo carisma personale era stato sufficiente a fare di lui il Maestro Venerabile della Loggia della sua nave: la n°251 all’obbedienza della Gran Loggia d’Inghilterra (Moderns).
In età più avanzata, ricordando quell’esperienza, avrebbe scritto:

Reggere una Loggia su una nave affollata di uomini può essere difficile, e trovare posto tra merci, vele, munizioni e cannoni può essere un problema ancora più grande. Era una fortuna che, a quei tempi, non fossero ancora in uso le perambulazioni nel Tempio che oggi sono diventate così di moda (…). Anche il permesso del capitano non era sempre facile da ottenere, perché un gran numero di membri dell’equipaggio riuniti dietro porte chiuse a chiave suggerisce sempre idee di ammutinamento…

Il 18 settembre 1759, la città di Quebec capitolò, e il dominio dell’Inghilterra sul Canada fu temporaneamente assicurato. Si è calcolato che nelle truppe inglesi impegnato nell’assedio fossero impegnate ben quattordici Logge militari, delle quali ben dieci all’obbedienza della Gran Loggia d’Irlanda, e le altre quattro rispettivamente della Gran Loggia di Scozia, della neocostituita Gran Loggia Provinciale del Quebec, degli Antients e dei Moderns.
Il numero di Logge militari complessivamente presenti in Canada nel corso della Guerra dei Sette Anni non è stato mai calcolato con esattezza, ma era probabilmente vicino al centinaio; basti dire che pochi mesi dopo, nella pausa invernale delle operazioni, si costituirono in Gran Loggia e si diedero un Gran Maestro.
Non era mai accaduto prima che una nazione massonica si sviluppasse con tanta incontrollabile rapidità, e le notizie che giungevano da oltreoceano avevano posto la Gran Loggia d’Inghilterra in grande allarme: se non si fosse fatto qualcosa, il Quebec – infarcito com’era di tradizionalisti irlandesi e scozzesi – sarebbe certo diventato la roccaforte mondiale degli Antients.
Nei primi mesi del 1760, la Vanguard traversò a ritroso l’Atlantico per un breve soggiorno nei porti della madrepatria. Dunckerley ne approfittò per andare a far visita a suo padre, rimasto vedovo da poco, e in quell’occasione ricevette lo choc di essere messo al corrente sulle sue vere origini.
Non ci è dato di sapere quale reazione abbia avuto sul piano psicologico, ma subito ripartì per Londra, dove cercò di farsi ricevere dal Re senza riuscirci.
Non ci furono invece problemi, nella sua qualità di Maestro Venerabile di una Loggia Modern, a farsi ricevere da Lord Aberdour, l’allora Gran Maestro della Gran Loggia d’Inghilterra; il quale certamente, nel sentire la storia che il giovane cannoniere aveva da raccontargli, ebbe non poche occasioni di sobbalzare.
L’effetto che deve avergli fatto, lo possiamo arguire dai risultati. Dunckerley, infatti, uscì da quel colloquio con in mano un incredibile passaporto il cui testo credo non abbia uguali nella storia della Massoneria: gli conferiva l’autorità di regolare gli affari della Massoneria nelle Province del Canada appena conquistate o in qualsiasi altra parte del globo che egli possa visitare nella quale un regolare Gran Maestro Provinciale non sia stato già insediato.
Quando poche settimane dopo la Vanguard fece nuovamente vela alla volta del Canada recava dunque a bordo, nella persona di Thomas Dunckerley, il castigamatti che la Gran Loggia d’Inghilterra aveva scelto per mettere ordine nella Massoneria canadese.
Il Fratello Dunckerley, però, era destinato a rivelarsi un Modern completamente anomalo: nella Three Tuns, sua Loggia madre, era stato iniziato all’Arco Reale (che a quei tempi – ben lungi dal diventare il fiore all’occhiello della Massoneria britannica riconciliata – era ancora l’antient degree più temibile e prestigioso, che gli Antients propagandavano in contrapposizione al terzo grado “hiramita”), e solo il caso – complici le consuete mescolanze delle Logge militari – lo aveva portato a reggere il maglietto di un’Officina Modern. Non aveva mai nascosto le proprie simpatie nei confronti degli antichi gradi, e possiamo star certi che mentre la Vanguard vedeva delinearsi all’orizzonte le tormentate coste canadesi egli aveva già deciso che avrebbe interpretato il proprio mandato in modo molto personale.
C’è da chiedersi ovviamente perché la Gran Loggia d’Inghilterra avesse deciso di dar fiducia a un uomo così lontano dalle sue idee, e una delle ragioni può senz’altro essere ravvisata nel carattere del personaggio: Dunckerley era un uomo tutto d’un pezzo, e la sua integrità e lealtà erano fuori discussione. Inoltre, a parte le sue opinioni sui gradi, concordava con i Moderns su un punto fondamentale della loro politica: la centralizzazione del potere, con l’obbligo delle Logge di fissare una quota d’ingresso uguale per tutti e piuttosto elevata.
Come abbiamo già osservato ne I due progetti della Massoneria, per quanto le schematizzazioni del ventesimo secolo su modernismo e tradizionalismo abbiano creato l’opinione che gli Antients fossero favorevoli a un ordine più rigido, era vero il contrario: in realtà, solo il decentramento più esasperato poteva garantire a ogni singola Officina la possibilità di praticare gli antichi gradi secondo le tradizioni del luogo, e questo era fonte di innumerevoli disaccordi e rivalità che incoraggiavano in seno agli Antients il malcostume delle iniziazioni selvagge. Tenendo basse le capitazioni, l’Officina aveva la possibilità di reclutare un maggior numero di Fratelli, da “pelare” poi – facendo leva sulle loro ambizioni individuali – vendendo loro gli antichi gradi uno alla volta.
Tutto questo il disciplinato Dunckerley disapprovava incondizionatamente, ed era anche un uomo saggio, che – a differenza di tanti Lords pomposamente insigniti – non si faceva illusioni sulla futura supremazia della Gran Loggia d’Inghilterra sulle Gran Logge Provinciali: quindi, pur ben deciso a farsi rispettare dai Canadesi, non intendeva alienarseli con eccessi di autoritarismo.
Appena sbarcato, poté rendersi conto che la sua forza principale stava nel sostegno delle Logge militari, sorprese e inorgoglite perché un umile Fratello – a fianco del quale fino a poco prima avevano combattuto e lavorato – fosse stato imprevedibilmente insignito di un tale onore. Fu soprattutto merito loro se la Gran Loggia Provinciale del Quebec accettò di sottoporsi all’autorità del nuovo arrivato, e anche questo la dice lunga a riguardo della lungimiranza con cui Londra aveva operato la sua scelta.
Dunckerley, poi, aveva buone maniere e fascino personale, e dopo le prime diffidenze la buona società gli spalancò le sue porte. Negli anni successivi, la grande rapidità con cui le Officine del Quebec passarono tutte all’obbedienza della Gran Loggia d’Inghilterra la dice lunga sui suoi poteri di convinzione, e il fatto che tra queste c’erano anche parecchie Officine Antient ci conferma che la sua tolleranza nei confronti degli antichi gradi era ben lungi dall’essere venuta meno.
Quello che Dunckerley seppe fare della Gran Loggia Provinciale del Quebec nei pochi anni della sua permanenza fu una sorta di serra, in cui gli antient degrees venivano coltivati con la massima e più amorevole cura: le Officine facevano a gara tra loro per studiarli, rilasciarli e praticarli, e sembra che in alcune di esse, addirittura, il cammino massonico dei Fratelli fosse scandito dal rilascio di un grado antico ad ogni tornata.
Si batté poi con grande foga perché il rito di Installazione dei Maestri Venerabili fosse praticato da tutte le Officine in forma analoga a quello praticato nell’Arco Reale, creando un precedente che – molti anni dopo la sua morte – sarebbe stato ripreso nell’accordo tra Antients e Moderns del 1813. Si impegnò anche perché le parti dei Gradi Azzurri che facevano riferimento al simbolismo cristiano fossero lasciate intatte: non perché fosse un uomo particolarmente religioso ma perché, come soleva dire, ogni virgola che noi toglieremo agli antichi rituali sarà come una coltellata vibrata al cuore dell’Istituzione.
Questi erano argomenti che in Inghilterra venivano sostenuti dagli Antients; ma forse neppure in seno agli Antients si poteva riscontrare tanto integralismo, in quanto la maggior parte si batteva semplicemente in favore delle tradizioni della sua Loggia, ben lungi dall’aver sviluppato sulla questione degli antichi gradi una teoria generale.

La cosa più notevole è che le scelte di Dunckerley non suscitarono a Londra reazioni negative (le polemiche sarebbero arrivate più tardi, quando Dunckerley avrebbe cercato di trapiantare le sue idee in patria); anzi, a quanto ci è dato di sapere, la Gran Loggia lo sosteneva incondizionatamente. Per esempio, quando egli ristabilì nel Quebec la pratica operativa delle Letture (già in uso nella Grand Lodge of All England) pensò bene di cautelarsi chiedendo a Londra un’autorizzazione, e il documento che gli arrivò dà la misura della fiducia che l’uomo era stato in grado di ispirare: si dà piena facoltà al Fratello Dunckerley di revisionare i rituali esistenti mediante un cauto inserimento delle forme Antient (si noti che era la Gran Loggia Modern a scrivere)
E d’altra parte, la Gran Loggia d’Inghilterra sarebbe venuta meno all’opportunismo fino ad allora dimostrato, se si fosse pronunciata contro l’uomo che era riuscito nel compito di trasformare in pochi anni il sovversivo Quebec nella sua Provincia più popolosa, attiva e promettente. E poi, a parte le sue idee sui gradi, su tutte le altre questioni Dunckerley era un Modern più che ortodosso:  in politica, per esempio, amava definirsi un liberal, che nel linguaggio di allora voleva dire né più né meno un uomo di estrema sinistra. A Londra dovettero ridere parecchio quando vennero a sapere che soleva recarsi come visitatore nelle Logge Antient, e se trovava nel rituale elementi che a suo giudizio facevano torto alla tradizione, infliggeva loro scenate memorabili accusandoli di non essere Antients abbastanza.
Nel 1764, a quarant’anni, si congedò dalla Marina e rientrò in Inghilterra. Con un paragone un po’ azzardato, la sua partenza dal Quebec può essere paragonata alla scomparsa del Maresciallo Tito nella ex–Jugoslavia: la nave di Dunckerley non era ancora del tutto scomparsa all’orizzonte che già nelle Officine esplodevamo i primi dissapori, e in breve tempo cominciò l’incontrollabile esodo della Massoneria canadese verso gli Antients. Tuttavia, ci sarebbero voluti ben 25 anni perché il suo lavoro fosse cancellato del tutto; fu infatti solo nel 1789 che l’ultima Loggia Modern superstite cambiò bandiera.
Nell’anno 1792, all’apice del loro splendore, gli Antients canadesi potevano contare su due Gran Logge territoriali, e il Gran Maestro di una di queste era nientemeno che il Principe Edoardo (padre della Regina Vittoria). Nelle Logge Antient più integraliste, si giunse addirittura alla provocazione di negare l’accesso al Tempio ai Fratelli Modern in arrivo dall’Inghilterra.
La Gran Loggia d’Inghilterra tuttavia, dimostrando ancora una volta consumata abilità politica, si astenne sempre dall’assonnare la Gran Loggia Provinciale del Quebec, anche se in pratica non aveva più alcuna autorità sulle Officine: senza questa mossa preveggente, sarebbe stato ben difficile per lei riprendere il controllo del Canada dopo l’accordo tra Antients e Moderns del 1813, nel quale gli antient degrees sarebbero stati sacrificati sull’altare della concordia.
Il rientro di Dunckerley in patria era stato preceduto dalla sua fama di impareggiabile conoscitore delle tradizioni massoniche. Non fece in tempo ad arrivare per presenziare all’apertura di una nuova Loggia – la Geometric Lodge – che lavorava nei Gradi Azzurri secondo un rituale da lui stesso messo a punto, nei rari momenti di tempo libero dei suoi anni canadesi.
Il sistema della Geometric Lodge, attualmente non più in uso, rivestiva particolare interesse e ricchezza in grado di Compagno. La sua particolarità consisteva nell’essere un adattamento della cosiddetta Geometrick  fashion, una forma di Lettura di cui egli era appassionato cultore.
Dopo il rientro, per alcuni anni la sua preoccupazione principale fu di riuscire a farsi  ricevere dal Re. Ma solo nel 1767, quando Giorgio II era passato a miglior vita, ottenne finalmente di essere ricevuto da suo figlio, Re Giorgio III, che riconobbe le sue origini e gli garantì una pensione di cento sterline all’anno.

C’è in rete una pagina ad opera di un discendente di Dunckerley, il signor Philip Dunkerley (al giorno d’oggi molti chiamano Dunkerley anche il nostro Dunckerley, ma in realtà il cognome Dunckerley perse la “c” e divenne Dunkerley negli anni trenta dell’Ottocento), che ha svolto ricerche sulla storia del suo illustre avo: egli afferma che dopo quell’incontro various other favours and many contacts with the most eminent gentlemen of the land followed, e questo senza dubbio alla sua carriera massonica non fece male.
Il compito che si era ritagliato – e a cui si sarebbe dedicato con inesauste energie per più di un trentennio, traendone poche soddisfazioni e un numero immenso di sconfitte – era il più difficile e ingrato che all’epoca si potesse immaginare: dedicarsi a tempo pieno al lavoro di mediazione tra gli Antients e i Moderns.
Dal 1764 al 1767 divenne Gran Maestro della Gran Loggia d’Inghilterra un suo amico, Lord Blayney. Questi era un Modern moderato, che condivideva le vedute di Dunckerley sugli antichi gradi e soleva incoraggiare gli Antients a conservare i loro rituali. Uomo di grande intelligenza ma non sostenuto da una buona salute, Blayney si era fatto promotore del clima di conciliazione di cui in quel momento la Massoneria britannica sentiva un gran bisogno, e fin dal primo momento Dunckerley fu al suo fianco per dargli una mano.
In quegli anni Dunckerley si occupava soprattutto dell’Arco Reale, che contando sull’appoggio di Lord Blayney sperava di riuscire a reintrodurre tra i Moderns. Entrambi erano coscienti che, se la Gran Loggia d’Inghilterra non avesse fatto qualcosa per neutralizzare il progetto degli Antients di costituire un Arco Reale autonomo su scala nazionale, questo avrebbe finito per attrarre a sé tutti i cultori degli antichi gradi (che anche tra le file dei Moderns, come abbiamo visto, non erano pochi), col risultato di far crescere ancora l’influenza degli Antients e prolungare la controversia ancora per chissà quanti anni (come di fatto sarebbe avvenuto); inoltre speravano che, se l’Arco Reale fosse stato riadottato dalla Gran Loggia d’Inghilterra, avrebbe svolto una funzione di cavallo di Troia per reintrodurre poco a poco gli altri antichi gradi.
Come George Oliver ha giustamente osservato, Dunckerley combatteva gli Antients facendo uso dei rituali che erano la loro bandiera, (rendendosi conto che), se un ponte poteva essere edificato, tramite concessioni e compromessi, attraverso il golfo delle divergenze nei rituali, si poteva ben sperare che i ribelli (così li considerava) lo avrebbero attraversato e sarebbero ritornati alla Gran Loggia d’Inghilterra.
Dunckerley e Blayney dovettero combattere anche contro l’irriducibile opposizione dei Moderns più oltranzisti, la cui influenza andava rafforzandosi di anno in anno con il crescere delle nuove leve di giovani Massoni che non erano emozionalmente legati ai vecchi sistemi. Ma il 22 luglio 1767 riuscirono nell’impresa di innalzare le colonne del primo Capitolo dell’Arco Reale sotto gli auspici della Gran Loggia d’Inghilterra, che pur sopravvivendo per molti anni assai stentatamente sarebbe diventato la fonte dell’attuale Supremo Gran Capitolo dell’Arco Reale.
La Gran Maestranza di Lord Blayney volgeva ormai al termine, e due dei suoi ultimi atti furono la concessione a quegli Antients che erano rientrati all’obbedienza della Gran Loggia d’Inghilterra di poter procedere all’Installazione dei loro Maestri Venerabili, nonché di convincere Dunckerley ad accettare la Gran Maestranza Provinciale dello Hampshire, sua terra d’origine.
Nel 1769, superando ancora una volta ogni opposizione, Dunckerley riuscì a dotare la sua Loggia madre (la Three Tuns aveva cambiato nome, ed era ora la Antiquity Lodge di Portsmouth) di un Capitolo dell’Arco Reale. La documentazione  relativa a quel Capitolo ebbe una storia travagliata: le carte originali furono… bruciate da una zia del Fratello che le aveva in custodia, convinta che la Massoneria fosse opera del Diavolo.
Ma del Libro di Loggia esisteva anche una copia cifrata, scritta in un codice assai complesso – tutto fondato su quadrati, angoli e triangoli – che gli storici della Gran Loggia d’Inghilterra, malgrado la loro competenza leggendaria, faticarono non poco a decifrare.
Qual’era la sua origine? E perché Dunckerley introdusse quel codice proprio a Portsmouth?
La risposta alla seconda domanda prende le mosse proprio dalle parole con cui si chiude il verbale di quella storica tornata:

(Il Fratello Dunckerley) ci disse di questa maniera di scrivere che deve essere usata nel grado che possiamo trasmettere ad altri affinchè i Compagni possano essere Mark Masons e i Maestri Mark Masters.

In queste semplici righe è racchiuso quello che è di gran lunga il contributo più importante fornito da Thomas Dunckerley alla storia della Massoneria: l’introduzione nella Massoneria speculativa della cosiddetta Mark Masonry, Massoneria del Marchio (vedi il mio articolo La Massoneria del Marchio e i suoi side degrees), che perpetua l’usanza operativa di trasmettere ai Maestri Massoni l’utilizzo di un Marchio personale.
A Portsmouth quindi Dunckerley, potendo contare su un’Officina di assoluta fedeltà, aveva colto l’occasione per  reintrodurre nella Gran Loggia d’Inghilterra, oltre all’Arco Reale, anche il Marchio. In Inghilterra però, prima di allora, il Marchio non era mai stato praticato in combinazione con l’Arco Reale: un usanza tipica della Massoneria irlandese (della quale infatti il rituale Dunckerley del Marchio, che fu usato in quell’occasione, è originario). Era necessario dunque che i suoi avversari – tanto Antients che Moderns – non venissero a conoscenza di ciò che egli aveva fatto: perché se questo fosse avvenuto, avrebbero individuato nel Marchio il punto debole per accusare di irregolarità l’intero sistema dei Capitoli dell’Arco Reale da lui creati.
Proprio questo imponeva l’adozione di un codice cifrato, ma non di uno qualunque: di un codice nuovo, che nessuno – salvo i Fratelli della Antiquity Lodge – fosse in  grado di decifrare.
Da dove lo prese Dunckerley ? Anche la risposta a questa difficile domanda è stata trovata. Dopo il riconoscimento da parte del suo fratellastro Re Giorgio III, egli era diventato un Royal beneficiary: un titolo che dava diritto a vari privilegi, tra i quali avere a disposizione un appartamento nel centro di Londra (il suo era in Hampton Court) e l’accesso alle Biblioteche Reali.
Di quest’ultimo diritto aveva approfittato per approfondire la sua passione per i cifrari segreti, e -avendo letto quanto di meglio fosse disponibile sull’argomento – il fiorito patrimonio grafico riscontrabile nella tradizione del Marchio non poteva non essere per lui uno stimolo irresistibile a creare qualcosa di più bello e di diverso di tutti gli “alfabeti massonici” conosciuti fino ad allora.
Nei cinque fondamentali simboli utilizzati negli antichi marchi – il Quadrato, la Pietra Cubica, il Triangolo Equilatero, il Diamante e la Svastica – vide la possibilità di elaborare un sistema di comunicazione. Quello che ne venne fuori dà la misura di quanto fossero estese le sue conoscenze in materia: il diagramma che ne fornisce la chiave ha al suo centro un Diamante formato da quattro Triangoli Equilateri incastonato in un Quadrato, e (in omaggio ai suoi trascorsi nella Navy) è circondato da quattro “semafori”, lo strumento usato in Marina per le segnalazioni.
Il limite di questo diagramma è che mancano i posti per quattro lettere: la E, la G, la H, e la O, che trovano posto nella Svastica. Fu proprio questa l’origine dell’alfabeto Dunckerley, cui gli esperti rendono omaggio come al più bello e ingegnoso cifrario massonico di tutti i tempi, anche se malauguratamente al giorno d’oggi non viene più utilizzato.
In tarda età, i tributi di stima che giungevano a Dunckerley da ogni parte cominciarono ad aver ragione della sua viscerale opposizione per le alte cariche. Finì per diventare Gran Maestro di otto Gran Logge Provinciali contemporaneamente (onore mai toccato a nessun altro Massone nella storia), che a dispetto degli anni amministrava rigorosamente di persona, spostandosi da una città all’altra con l’energia di un giovanotto.
Morì nel 1795, con l’amarezza che negli ultimi anni la sua voce –  sempre instancabile ad indicare la via della conciliazione nel binomio ripristino dei gradi antichi e centralizzazione dell’Ordine – fosse ascoltata sì col rispetto dovuto a un Fratello che era ormai un mito vivente, ma nella pratica regolarmente ignorata. Una volta di più la politica si era messa di mezzo, e della “storia infinita” dell’esecrabile controversia tra Antients e Moderns il Fratello Thomas Dunckerley non visse abbastanza per vedere la fine.
Ancora oggi esistono in Massoneria gli Antients e i Moderns: opportunamente aggiornati per quanto riguarda i nomi e il bagaglio ideologico, ma immutati per quanto concerne l’attitudine psicologica di chi li incarna. Per questo possiamo dire che il “cammino di mezzo” pazientemente additato da Dunckerley per sfuggire alla logica degli opposti riveste ancora una bruciante attualità, e questo è sufficiente a spiegare perché tanto i Massoni modernisti quanto quelli tradizionalisti non abbiano molta voglia di sentir parlare di lui.

Daniele Mansuino
(con la collaborazione del Venerabilissimo Fratello Giovanni Domma)

Thomas Dunckerley: un Massone dimenticato.ultima modifica: 2009-08-30T11:54:48+02:00da giovannisantoro
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