Princìpi massonici e «ideali» profani

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di Amedeo Zorzi

Chi si avvicini alla forma tradizionale massonica mettendo da parte i pregiudizi che caratterizzano la mentalità moderna, con una disponibilità ad approfondire gli argomenti e con un desiderio di comprendere la natura di ciò con cui entra in contatto, non potrà far a meno di constatare l’esistenza di un importante patrimonio simbolico, rituale ed esoterico. Quali che siano le condizioni di decadimento delle organizzazioni massoniche moderne, tale patrimonio sussiste, a dispetto di tutti i tentativi finora perpetrati per cercare di distruggerlo, e deriva sia dalle più antiche organizzazioni iniziatiche legate all’arte del costruire, sia da elementi di altre forme iniziatiche occidentali ora scomparse, di modo che si può con sicurezza affermare che la Massoneria attuale è rimasta l’unica erede di tutto quanto è esistito di iniziatico e autenticamente esoterico nel mondo occidentale.
Uno studio su come sia avvenuto il passaggio dall’antica Massoneria operativa a quella moderna, se così si può dire, o speculativa, è materia alquanto complessa, sulla quale ci auguriamo di poter tornare più specificatamente in un prossimo futuro; per ora limitiamoci a ribadire che, a quanti si siano interessati seriamente della questione, appare una realtà innegabile che la Massoneria moderna, per quanto si presenti attualmente incompleta sotto certi aspetti, ha tuttavia conservato l’essenziale e l’iniziazione che ancora oggi può essere trasmessa, almeno laddove vengano mantenuti i requisiti dell’«ortodossia», è la stessa iniziazione che veniva trasmessa dalle organizzazioni di mestiere del medioevo e che si perpetua, attraverso le epoche, da tempo immemorabile.
Con queste premesse, può sembrare sorprendente che negli ambienti massonici attuali, il concetto della regolarità della filiazione iniziatica cui abbiamo fatto cenno non sia così pacificamente accettato ed anzi talvolta trovi accaniti oppositori. Si vuol sostenere, da parte di certuni, che la Massoneria sia nata effettivamente nel 1717, senza effettivi legami con le organizzazioni operative preesistenti, e che non sia altro che una società filosofica e filantropica, ove si perseguono determinati «ideali», che poi altro non sono che quelli che avevano corso nel ‘700, propugnati dal moralismo protestante e dall’Illuminismo.
Coloro che sostengono queste tesi non comprendono che implicitamente disconoscono in tal modo la regolarità dell’organizzazione alla quale appartengono e la vera natura dell’iniziazione stessa il cui rito di trasmissione, d’altra parte, si riduce per loro a una semplice «cerimonia». Chiedersi perché negli ambienti massonici attuali vi sia un rifiuto ad accettare il carattere tradizionale della Massoneria equivarrebbe in fondo a chiedersi perché in quegli stessi ambienti sia stato rifiutato il messaggio di René Guénon (salvo eccezioni che rappresentano comunque una piccola minoranza). Proprio l’opera che potrebbe fornire la chiave per comprendere il significato di quei simboli e riti che nonostante tutto vengono conservati e trasmessi (almeno per ora e non certo ovunque), viene o nettamente rigettata, o accettata insieme a qualunque altra in nome della «tolleranza», il che equivale di fatto ad un misconoscimento del suo autentico significato.
D’altra parte è assai raro che le richieste di «affiliazione» siano conseguenza di quella metànoia che dovrebbe manifestarsi in chi ha una reale aspirazione per la via iniziatica; in generale non vi è una ricerca in senso intellettuale, né un vero cambiamento di mentalità. Così ognuno si fa portatore delle idee del mondo profano e delle proprie individuali tendenze, di modo che è l’interno che viene influenzato dall’esterno e non viceversa, come legittimamente dovrebbe essere. Proprio per questo gli ambienti massonici, dalla fine del ‘600 in poi, furono sempre in qualche modo condizionati dalle idee «profane» che di volta in volta si affermavano in Occidente; e tuttavia bisogna riconoscere che, malgrado ciò, la Massoneria dimostrò sempre una sorprendente capacità di autoconservazione.
Accennavamo prima all’influenza del Protestantesimo e dell’Illuminismo; in effetti la formazione della Massoneria speculativa, che ebbe luogo in Inghilterra all’inizio del ‘700, fu anche il risultato di un processo di «protestantizzazione» delle organizzazioni massoniche, che in precedenza erano prevalentemente cattoliche, e tale cambiamento era d’altra parte inevitabile, sotto la spinta di forti condizionamenti politici. Nel resto dell’Europa, il nuovo corso, nato dalla Gran Loggia d’Inghilterra, assunse invece principalmente un carattere filosofico-illuministico e anticlericale.
In tal modo queste organizzazioni si trovarono a manifestare una contraddizione interna, avendo da un lato la funzione di conservare un patrimonio tradizionale, e dall’altro essendo contaminate da una diffusa mentalità di tipo filosofico profano e quindi antitradizionale; troviamo così da una parte la trasmissione iniziatica e le pratiche rituali, dall’altra l’adozione di un punto di vista morale e «laico». Da tali contraddizioni non potevano che nascere equivoci d’ogni genere e uno dei più gravi fu proprio la confusione fra punto di vista rituale e punto di vista morale, con l’affermarsi dell’idea che riti e simboli debbano essere intesi secondo un «significato morale».
Riti e simboli rappresentano, nel mondo umano, le reali corrispondenze che legano fra loro i molteplici stati di esistenza ed il legame di tutte queste differenti realtà con i principî metafisici dai quali tutte dipendono; per questo, riti e simboli costituiscono uno strumento indispensabile per stabilire una comunicazione fra il mondo umano e gli stati superiori dell’Essere. Così il simbolo acquista la sua vera funzione al di là di quello che è il dominio razionale e discorsivo, e di conseguenza il simbolismo non può essere finalizzato a qualcosa che, al contrario è contenuto esclusivamente in tale dominio e in esso si esaurisce.
Tutto quanto riguarda la morale può essere facilmente compreso con la ragione e può essere compiutamente espresso con la dialettica: si tratta di questioni che qualunque profano può capire, di conseguenza sarebbero del tutto superflui un’iniziazione ed un insegnamento esoterico che sarebbe, del resto, senza oggetto. Di fronte a una simile contraddittorietà, che dovrebbe spingere a ricercare quale sia il vero significato di questi elementi tradizionali, alcuni massoni moderni traggono invece la conclusione che tali elementi siano effettivamente inutili e giungono a proporne l’eliminazione. E d’altra parte, una volta «stabilito» che queste cose non servono, perché conservarle?
Su questo genere di deduzioni varrebbe forse la pena di soffermarsi un poco, in quanto esse appartengono ad un’ampia categoria nella quale si potrebbero classificare un po’ tutte le affermazioni antitradizionali.
Può essere significativo, a questo riguardo, fare riferimento a quello che nella tradizione islamica è l’episodio della ribellione e della «caduta» di Iblis, in quanto vi si trova, per così dire, il prototipo del ragionamento antitradizionale. Per inciso, la tradizione islamica è l’unica che conserva una rivelazione relativa a questo tema, importante e significativo dal punto di vista cosmologico, poiché sia il Cristianesimo che l’Ebraismo hanno da molti secoli relegato tra gli «apocrifi» i testi nei quali la questione è menzionata. Ritroviamo invece l’episodio in molti punti del Corano, ove Allâh ordina agli angeli di prosternarsi davanti ad Adamo. Va ricordato che nella tradizione islamica Adamo è un profeta, come si trova esplicitamente affermato alla Sûra II, v. 30 : « E quando il tuo Signore disse agli Angeli: – in verità, stabilirò un vicario (khalîfatan) sulla terra – essi dissero: – metterai su di essa qualcuno che vi spargerà la corruzione e vi verserà il sangue, mentre noi Ti glorifichiamo e Ti santifichiamo?» Egli disse: «in verità Io so quello che voi non sapete».
Da parte degli angeli vi è quindi una riluttanza dovuta ad una mancanza di comprensione, ma essi obbediscono all’ordine divino:
«E quando dicemmo agli Angeli: – prosternatevi davanti ad Adamo –, tutti si prosternarono eccetto Iblis che rifiutò per orgoglio e fu tra i miscredenti» (1).
Qual è l’obiezione di Iblis? « sono migliore di lui: mi hai creato dal fuoco mentre hai creato lui dall’argilla» (2). Non comprendendo quale sia veramente la natura dell’essere nel grado dell’Identità Suprema, Iblis trova un pretesto in quella che, nel dominio individuale, può essere una precedenza nell’ordine di produzione degli elementi, opponendola alla vera gerarchia spirituale, secondo l’ordine divino.
Si potrebbe dire che, di fronte a ciò che non comprende, l’intelligenza relativa di un essere si trova a un bivio: riconoscere i propri limiti accettando ciò che le è superiore, oppure affermare se stessa come un valore assoluto, negando ciò che non viene compreso. In questa affermazione di ciò che è relativo e illusorio, affermazione che diventa al tempo stesso negazione della verità, è quindi da ricercarsi la radice dell’orgoglio e di tutti quei processi mentali che portano alla negazione degli insegnamenti tradizionali e, in generale, alla negazione delle verità metafisiche.
La limitatezza dell’intelligenza individuale non può essere presa a pretesto per sostenere l’impossibilità di accettare o di riconoscere ciò che è superiore e va al di là dei propri limiti, in quanto nessun essere è «staccato» dal Principio. Anche nei casi più sfavorevoli di ottenebramento e di perdita dell’orientamento, tutti gli esseri umani devono pur conservare, a qualche livello, una coscienza e una possibilità di discriminazione fra vero e falso, giusto e ingiusto, superiore e inferiore; tale coscienza della verità può anche essere sepolta, soffocata, dimenticata, non di meno, finché esiste natura umana, deve sussistere in qualche misura una facoltà di discriminazione che dia un senso alla responsabilità nelle azioni e nelle modalità di pensiero. Questa traccia che necessariamente sussiste in quanto corrisponde alla natura più profonda ed autentica dell’essere umano, dovrebbe essere tanto più evidente e riconoscibile in coloro che hanno ricevuto un’iniziazione che, anche se ancora «virtuale», non potrà certo mai essere ininfluente.
Così come esiste questa coscienza della verità che dovrebbe condurre su quel cammino che viene definito, in senso spirituale, il «sentiero diritto», così la negazione, l’apparente ed illusoria opposizione alla verità è anche necessariamente cosciente, ed è una questione di scelta, dettata in quest’ultimo caso, da un’irrefrenabile tendenza all’individualismo e alla separatività.
«Lui è fatto di terra», dice Iblis: vi è in questa obiezione un procedimento che parte da una «definizione», dall’imposizione aprioristica di un limite; classificando l’oggetto nella categoria di tutto ciò che è caratterizzato da questo limite o da questo carattere (tutto ciò che è di terra), e, prendendolo in considerazione solo sotto questo aspetto, lo assimila e lo giudica al pari di tutti gli altri oggetti che appartengono alla stessa categoria. La fase successiva di questo procedimento è l’affermazione della propria superiorità in quanto soggetto non incluso nella categoria in questione.
Se si esaminano i procedimenti con i quali, dall’antichità fino ad oggi, è stato negato il punto di vista metafisico e, di conseguenza, l’insegnamento tradizionale e, in generale, tutto quanto discende dal dominio del «sacro», si vede facilmente come tali procedimenti seguano, con poche varianti, questo particolare meccanismo dialettico, che rappresenta una sorta di schema generico della mistificazione.
Si potrebbe portare l’esempio del rifiuto di quegli insegnamenti tradizionali che si trovano espressi in forma di racconti simbolici, con l’affermazione che si tratterebbe di semplici leggende o «favole degli antichi», assimilando in modo aprioristico e indebito questi insegnamenti alla categoria dei racconti di fantasia, e affermando poi la superiorità di chi non vi presta fede.
Un altro esempio potrebbe essere quello di coloro che cercano di snaturare l’esoterismo assimilandolo al misticismo, per cercare di inglobare tutto nel dominio exoterico, e poi esprimere giudizi in una materia sulla quale costoro non hanno la benché minima competenza. O ancora l’esempio di tutti i tentativi di assimilare l’esoterismo autentico alla categoria di tutte le forme di pseudo-esoterismo, al fine di gettare su quello vero il discredito che giustamente merita la categoria dell’esoterismo falso. Una forma estrema di quest’ultimo caso di mistificazione consiste nell’impiego del termine «esoterismo» per designare ciò che appartiene al dominio della stregoneria e del satanismo, con il risultato di gettare un’ombra sinistra su tutto ciò che può essere indicato legittimamente come «esoterico» e di capovolgere in modo davvero «satanico» il significato autentico del termine (3).
Le tecniche mistificatorie delle quali stiamo parlando sono state impiegate a iosa contro l’opera di Guénon e contro la sua stessa persona, ad esempio accostando abusivamente il nome di Guénon a quello di altri autori, per creare l’opinione che debbano essere estese anche a lui le critiche che facilmente e giustamente possono essere avanzate nei confronti di altri, che in realtà con l’opera di Guénon non hanno nulla a che vedere (4).
Ritornando ora all’argomento dal quale prendevano spunto queste considerazioni, il sostenere che riti e simboli abbiano semplicemente un significato morale o sociale, costituisce una falsa affermazione, che trae origine da un punto di vista profano e segue quel meccanismo di negazione di cui abbiamo parlato.  Riti e simboli vengono considerati nel loro aspetto più esteriore, e assimilati a tutto ciò che è classificabile come avente significato sociale, sentimentale, filosofico o comunque individuale. In tal modo viene negata la reale natura e l’autentica funzione del simbolismo e si apre la porta a successive fasi di deviazione e di sovversione. Noteremo fra le prime conseguenze, una supposta superiorità della scienza moderna rispetto al simbolismo così frainteso, per la maggiore complessità razionale della scienza rispetto all’ovvietà dei concetti moralistici. Una simile incomprensione porterà evidentemente a sottovalutare l’importanza delle pratiche rituali, che verranno abbreviate o con troppa facilità modificate, con la conseguente perdita di importanti elementi ed un progressivo impoverimento del rituale, fino al caso estremo di quelle «frange» che tenderebbero ad eliminare in quanto «inutile» tutto ciò che invece è realmente l’essenziale e la cui conservazione è ormai, in fondo, in assenza di una vera capacità e volontà di comprensione, l’unica valida ragion d’essere delle organizzazioni in questione.
Quanto stiamo dicendo circa l’illegittimità, nel dominio iniziatico, del punto di vista della morale laica, che fa tutt’uno con il punto di vista profano stesso, non porta affatto a sminuire l’importanza di quelle regole tradizionali e iniziatiche che stabiliscono comportamenti che esteriormente consistono nella pratica delle «virtù»; al contrario, dal punto di vista iniziatico, tali regole potranno apparire nel loro vero significato e in tutta la loro portata, piuttosto che sotto il mero aspetto dell’obbligatorietà. Non intendiamo nemmeno negare che un’organizzazione iniziatica possa svolgere, sia pure come una sua modalità secondaria, un’azione volta ad esercitare un’influenza positiva sulla società. Anche intendendo l’azione in un senso esteriore e pratico (come nel caso di iniziative umanitarie), tale azione, in sé, non sarebbe per nulla in contrasto con tutto ciò che corrisponde ad un aspetto più profondo, potrebbe anzi essere vista come un riflesso, sia pure lontano, di una caratteristica delle antiche corporazioni di mestiere, quella di svolgere anche un lavoro indispensabile per tutta la comunità. Solo non si dovrebbe confondere l’interiore con l’esteriore, l’essenziale con l’accessorio e, soprattutto, l’azione esteriore non dovrebbe portare a conformarsi tout-court alla mentalità profana.
Alla morale può ancora essere riconosciuto un certo valore tradizionale quando essa sia considerata come un aspetto di una pratica religiosa exoterica; ma quando anche questo punto di vista sia perduto e tutto si riduca ad un laicismo etico-deontologico, sarà di fatto perduto, sotto questo aspetto, ogni punto di ancoraggio con la tradizione. In tali condizioni, questo sottoprodotto di ciò che la morale era in origine, diventa qualcosa di meramente filosofico e «soggettivo», suscettibile quindi di modificarsi nel tempo, a seconda delle correnti psichiche e delle opinioni che periodicamente vengono a influenzare la mentalità generale. Così quelli che sembravano «principî», diventano un po’ alla volta qualcosa di instabile e fluttuante, in cui si può inserire qualunque ideologia, anche la più incompatibile con i valori che ci si illudeva di custodire.
Queste ultime considerazioni ci portano a dire qualche parola su un’altra «idea fissa» dei massoni moderni, quella della «tolleranza» intesa come un preteso principio massonico.
Anche in questo caso vi sarebbe almeno un’accezione secondo la quale la tolleranza potrebbe rappresentare, se non un «principio» almeno un’ottima regola: quella di considerarla come sinonimo di pazienza. In effetti è ben nota la grande importanza attribuita alla pazienza in tutte le tradizioni, sia nel dominio exoterico che in quello esoterico. Sennonché, insieme a questo senso legittimo, nel termine di tolleranza, così come viene comunemente inteso, vengono inglobati altri significati del tutto incompatibili con il punto di vista iniziatico: per una indebita trasposizione degli ideali democratici, è sufficiente che qualcuno sostenga un’idea qualsiasi perché questa abbia automaticamente diritto di essere presa in considerazione al pari di ogni altra; questo porta a ciò che più volte Guénon aveva definito come una indifferenza alla verità, ed è più che evidente come una simile forma mentis costituisca, in ambito iniziatico, una vera «squalificazione».
Ricordiamo, anche se è un’affermazione scontata, che un iniziato dovrebbe essere, innanzitutto, un ricercatore della Verità e, quali che siano le differenze che si incontrano nelle diverse forme iniziatiche e i differenti livelli, il metodo di ricerca della verità è comunque sempre riconducibile ad una discriminazione fra vero e falso. Una rigorosa, costante, sottile discriminazione deve essere applicata sia nell’approfondimento dottrinale teorico, sia nell’applicazione del metodo, nonché, in generale, in tutto quanto fa parte della vita, e tale «attività» è solo un riflesso della vera discriminazione fra reale e illusorio che dovrà essere esercitata, eminentemente, nel caso di un passaggio all’operativo. Dovrebbe quindi essere del tutto palese come l’invenzione di uno pseudo-principio di «tolleranza» ove vero e falso sono confusi ed accettati con ugual diritto, rappresenti, in un ambito iniziatico, una vera anomalia; e che cosa si dovrebbe dire di quei casi in cui, in nome di questo malinteso «principio» non solo viene ammesso ciò che è falso nel senso di «non reale», ma vengono accettate idee e comportamenti che provengono dai bassifondi dello psichismo inferiore e rappresentano vere e proprie aberrazioni; ben si applica a simili casi l’ammonimento con cui Guénon, ne «La crisi del mondo moderno», concludeva il capitolo dedicato all’individualismo:
«”Guai a voi, guide cieche” è detto nel Vangelo; oggigiorno non si vedono in effetti dappertutto che ciechi che guidano altri ciechi, e che, se non saranno fermati in tempo, li condurranno fatalmente all’abisso ove precipiteranno con loro».
Le considerazioni che abbiamo esposto a proposito della «tolleranza», si applicano in gran parte anche ad un altro fattore ritenuto essenziale e insostituibile, quello della «discussione».
Come abbiamo ricordato precedentemente, già dall’inizio del ‘700 il Protestantesimo esercitò una pesante influenza nella formazione delle moderne organizzazioni massoniche, e il «libero esame» finì per esservi introdotto, salvo eccezioni, in concomitanza al venir meno, al loro interno, di un valido insegnamento tradizionale. D’altra parte, una volta ammessa l’idea che l’attività caratterizzante debba essere la «speculazione filosofica», ci si trova di fatto nel campo delle idee individuali e dell’interpretazione individuale dei dati tradizionali, con le conseguenze che facilmente si possono immaginare. Una simile impostazione è, in tutta evidenza, incompatibile con l’applicazione di qualunque metodo iniziatico valido, e una volta accettata e generalizzata, comporta una vera deviazione da quelle che dovrebbero essere le legittime finalità di un’organizzazione iniziatica.
Quando si è in presenza di dottrine tradizionali autentiche, non vi è nulla che possa essere messo in discussione; tuttavia possiamo chiederci se, nell’esercizio di quell’attività di discriminazione cui abbiamo fatto cenno in precedenza, non si possa trovare un’applicazione iniziaticamente valida di una forma di dialogo, che non verta su idee individuali, ma si trasformi in uno strumento esteriore di verifica della comprensione dottrinale.
Il lavoro massonico è fondamentalmente e per sua natura, lavoro collettivo, e d’altra parte non si può esporre la dottrina se non per mezzo di espressioni verbali; di conseguenza, laddove l’impegno sia principalmente rivolto, come dovrebbe, ad un progressivo miglioramento della conoscenza dottrinale, mediante l’approfondimento e la rettificazione dei difetti di comprensione, questo lavoro non potrà non assumere la forma di uno scambio dialettico; va inoltre precisato che in realtà si tratta di qualcosa che non si esaurisce in un mero «studio», proprio per il valore iniziatico che questo metodo viene ad assumere, quando sia svolto in un ambito rituale.
Questo aspetto dialettico del lavoro iniziatico collettivo non va quindi in alcun modo assimilato alla «discussione» come questa viene comunemente intesa secondo il punto di vista profano, non avendo in comune con quest’ultima né l’oggetto né le finalità.
Un’altra pratica che comunemente viene considerata come un’applicazione di questi stessi presunti «ideali massonici», è quella di assumere le decisioni a seguito di votazioni. Ancora una volta troviamo un elemento che potrebbe essere del tutto compatibile con il punto di vista rituale: esistono in molte tradizioni, non solo occidentali, procedimenti volti ad assumere determinate decisioni, che prendono la forma di una votazione. In questi casi l’operazione collettiva è un vero e proprio rito, che diventa supporto di una presenza spirituale; se tutto si svolge nelle condizioni prescritte, le scelte che ne derivano non sono più semplici preferenze individuali ma cooptazioni conformi a ciò che è realmente giusto e conforme all’ortodossia tradizionale. Al contrario, sostituendo questi concetti con le idee proprie della mentalità profana, queste pratiche rituali si ridurranno immediatamente a votazioni democratiche dalle quali non risulterà che l’opinione della maggioranza.
Da tutti gli esempi che precedono, si può capire come la struttura corporativa e il carattere collettivo del lavoro, che sempre contraddistinsero le organizzazioni iniziatiche di mestiere, abbiano finito col costituire, sotto l’azione delle forze antitradizionali, un supporto favorevole per l’immissione delle idee democratiche; ciò avvenne, come abbiamo visto, con una interpretazione in senso profano di molti elementi autenticamente rituali, man mano che veniva affievolendosi la coscienza della vera natura di questi ultimi, e con la continua ammissione di persone sempre più contaminate dalla mentalità profana e sempre meno qualificate dal punto di vista iniziatico.
Questo processo di decadimento attraversò fasi particolarmente critiche, come quella che coincise con la costituzione della Gran Loggia d’Inghilterra; seguirono, come è noto, in diverse epoche, tentativi di «raddrizzamento» e di restaurazione della regolarità iniziatica; tentativi che portarono risultati certamente importanti, soprattutto dal punto di vista rituale; ma non vi fu mai, almeno in generale, la possibilità di una restaurazione completa, che implicasse anche il ritorno ad una mentalità autenticamente tradizionale. Tutto ciò ha anche avuto, paradossalmente, un aspetto positivo, poiché in questo modo la Massoneria è sopravvissuta fino ai giorni nostri, mentre, se fosse stato rifiutato ogni compromesso, probabilmente essa sarebbe stata schiacciata dal mondo moderno e si sarebbe estinta, come tutte le altre forme iniziatiche occidentali. Ma va subito osservato che questa sopravvivenza non si è verificata certo grazie ai fattori inquinanti a cui abbiamo accennato, ma grazie a ciò che è stato realmente conservato, ed in ogni caso si può parlare di sopravvivenza solo laddove venga realmente mantenuto quell’insieme di regole e di condizioni che costituiscono propriamente l’«ortodossia massonica». Quando al contrario la presenza di deviazioni sia tale da rendere l’ambiente sempre meno favorevole allo svolgimento di un lavoro iniziatico valido, è legittimo chiedersi a quale punto siano realmente giunte le cose.
Vero è che, come afferma R. Guénon, parlando della Massoneria: «…l’incomprensione dei suoi aderenti e persino dei suoi dirigenti non altera in nulla il valore proprio dei riti e dei simboli dei quali essa rimane la depositaria» (5). Tuttavia è anche vero che un processo di decadimento e di deviazione non può continuare indefinitamente, anche perché l’incomprensione porta alla perdita progressiva del patrimonio tradizionale, alla deformazione e al fraintendimento dei suoi elementi, rendendo inoltre sempre più facile l’infiltrazione di forze antitradizionali e controiniziatiche. Dobbiamo pensare che questo processo arriverà alle sue estreme conseguenze e sopraggiungerà la morte, oppure è possibile sperare che la grande vitalità dell’iniziazione massonica avrà ancora il sopravvento e vi sarà ancora in futuro qualcuno che, grazie ad una certa comprensione dottrinale, sentirà come un obbligo interiore ineludibile il «rendere testimonianza alla Luce»?

Note:

  1. Corano, sûra II, v. 34.
  2. Corano, sûra XXXVIII, v. 76.
  3. Memorabile è rimasto il caso Leo Taxil, quale esempio di paradossale mistificazione escogitata per gettare sulla Massoneria accuse grottesche che, per quanto incredibili, ebbero all’epoca una certa risonanza. Non si deve credere che questo genere di antimassonismo sia scomparso, al contrario; accuse non meno grossolane vengono propalate oggi soprattutto attraverso il mezzo televisivo; questo strumento permette, con un’opportuna regia, di mascherare un poco la «grana grossa» delle invenzioni diffamatorie, almeno agli occhi del pubblico più superficiale.
  4. Un esempio è dato dal modo addirittura ossessivo con cui si insiste nel voler abbinare il nome di Guénon a quello di J. Evola, sia da parte di coloro che hanno un intento meramente denigratorio e trovano certamente più agevole criticare quest’ultimo, sia da parte degli «evoliani», che cercano di annettersi in qualche modo la figura di Guénon a dispetto di ogni evidenza e di tutte le esplicite smentite.
  5. «Études sur la Franc-Maçonnerie et le Compagnonnage», vol. I, pag. 273.
Princìpi massonici e «ideali» profaniultima modifica: 2009-05-30T12:31:20+02:00da giovannisantoro
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