Themis Aurea

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Le Leggi della Fratellanza della Rosa Croce

 

Scritto in latino dal Conte Michele Maierus, e ora tradotto in inglese per informazione di coloro che ricercano la conoscenza di quell’Onorata e misteriosa Società di filosofi saggi e celebrati…
Londra, dato alle stampe per il Sig. N. Brooke ad Angel in Cornhill
1656

Traduzione di Luca Ferruzzi

Capitolo I.
Dove tutte le leggi fatte in nome di Themis debbano rispettare il principio del benessere di coloro per i quali esse vennero promulgate.
Perché le leggi differiscono non soltanto a cagione delle loro istituzioni, ma anche a causa della loro accettazione; così, se non vengono imposte tirannicamente, esse sono mirate al pubblico bene, perché è tramite di esse che la società umana si mantiene, la giustizia viene amministrata e la virtù favorita, cosicché nessuno abbia a temere l’insolenza e l’oppressione altrui.
Possiamo così concludere che esse beneficiano e causano l’avanzamento della società: se ognuno correttamente riceve ciò che gli è dovuto, allora non avrà causa di lite o di lamentazione, ed ancor meno di porsi in istato di guerra; ma, al contrario (come nei tempi aurei) egli godrà di pace e di prosperità, perché le leggi difenderanno la giustizia, solo per mezzo della quale la pace prevale, il motivo del contendere si esaurisce, Themis sarà venerata e, finalmente, ogni cosa avrà condizione e stato di prosperità.
Donde molto saggiamente i poeti descrissero Themis esser figlia dei cieli e della terra, sorella di Saturno e zia di Giove facendole molto onore e celebrandone la fama, a causa della sua costante amministrazione della Giustizia, perché essa gioiva a causa dell’equità e della correttezza, così come di tutte quelle virtù che possan rendere l’uomo ben accetto agli dei, o servizievole con il prossimo suo. Essa quindi insegnò loro a vivere felicemente secondo giustizia e rifuggire la violenza, le ingiurie e la rapina, perché essi nulla abbiano a chieder agli dei (come già osservato da Festo) se non ciò che favorisce onestà e religione, ché altrimenti le preghiere rimangono infruttuose.
Essa disse inoltre che il Gran Dio, guardando sulla terra, riconobbe le azioni buone o empie degli uomini, e severamente punì gli iniqui con l’eterno castigo, ricompensando i buoni, a causa della loro integrità, con una vita che non avrà fine o decadenza. Altri, tra i greci, credettero Themis esser una profetessa di futuri avvenimenti, e per tale dono essa guadagnò grande autorità e venne tenuta in gran rispetto e considerata un’entusiasta, essendo in contatto e familiarità con gli spiriti e forse con gli dei medesimi, dai quali essa sorse ed ebbe origine; ed ai quali, dopo la morte, presumibilmente fece ritorno, per far parte del lor Consiglio sui fatti dell’umanità.
Nel tempo in cui essa fu considerata dea della Giustizia i Re, per suo tramite, guidarono i loro domini; essa li istruiva nei doveri verso i sudditi, istituendo inoltre la regola che le moltitudini pagar dovessero omaggio e soggezione ai loro legittimi Principi. Essa gettò le fondamenta della magistratura, edificando un’ordinata struttura politica. Per tutto ciò fu tenuta in cosi’ grande considerazione tra i pagani da far loro supporre che, sol a causa della di lei divinità il mondo intero si sostenesse e supportasse.
Le si eressero templi, e si istituirono riti e cerimonie divine in suo onore. Il primo tempio a lei dedicato fu in Boezia, sulle rive del Cepisso dove arrivarono, si dice, Deucalione e Pirra dopo il diluvio, per interrogar l’oracolo sul come l’umanità, perita nel diluvio, avesse dovuto esser ristorata; questo a quanto ci narra Ovidio nel primo libro:
O Themis, mostraci l’arte riparatrice,
Dell’umanità perduta,
alla vana ricerca del proprio interesse fallace.
Su Themis venne inoltre allegoricamente detto che essa, prudente e bella sopra ogni altra, fu oggetto delle mire di Giove, che dopo molto tentare venne alfin respinto; ogni contatto fu allora interrotto finché egli la sorprese in Macedonia, prendendola per sé. Da quell’unione nacquero tre figlie: Equità, Giustizia e Pace. Sempre da Giove ella ebbe un figlio di nome Medio Fidio, o il giusto, Guardiano della fede; Ogni giuramento in suo nome fu sacro ed inalterabile, ed i patriarchi romani arrogarono a sé tale solennità, esecrabile cosa essendo, per un uomo d’ingegno, il mancar di parola.
Sebbene convinti dell’inesistenza, sulla terra, di Themis, che mai profferì vaticinio o venne translata ai cieli, come invece ignorantemente immaginato dai pagani, confessiamo, purtuttavia, che l’idea vera di Giustizia o l’universale nozione di virtù debba qui (sebbene occultamente) esser considerata, perché è da essa che sorgono buone leggi, e non come alcuni pensano, dal vizio, che è solo accidentale cosa.
Questa equità mantiene saldi i domini, ordinati gli stati e le città e, finalmente, sprona gli umili inizi a raggiunger grande altezza e grado di perfezione. L’Equità è la regola con la quale gli uomini debbono impostare le lor parole ed azioni. Policleto, scultore d’ingegno, descrisse le proporzioni vitali delle membra del corpo umano, acciocché ogni artificiere potesse compararle nel provare l’opera sua; in verità tali regole, o assiomi, sono propri di ogni arte e scienza, per portar l’opra alla giusta conclusione a mezzo del principio deduttivo.
L’Equità così bilancia maniere ed azioni, così che esse non vengano influenzate da ingiustizia e cattiveria, evitando molti inconvenienti che facilmente ci condurrebbero a smarrimento. Perché, come lussuria e litigiosità sono causa dei malanni, così l’ingiustizia si accomuna a perdizione e pena quali inseparabili compagne e, al contrario, così come la salute rende l’uomo felice, non in se stessa, ma come portatrice di più grandi benefizi, così per il tramite di equità, leggi salutari vengono promulgate a conforto e vantaggio dell’umanità. Ma è proprio a causa della di ciò chiarezza agli occhi dell’uomo razionale che invano si spendono parole per il ciò dimostrare.
 
Capitolo II.
Le leggi prescritte alla R. C. dal fondatore di questa Fratellanza sono tutte buone e giuste.

Come l’uomo razionale non può negare l’assoluta necessità di buone leggi, così risulta appropriato che queste vengano lodate ed elogiate; L’indolente verrà pungolato alla virtù, ed il diligente godrà la meritata ricompensa. Vedendo quindi che tali disposizioni o leggi, stabilite dal padre dell’onorata Fratellanza, sono degne di essere profondamente considerate, sarà nostro dovere il lodarle appropriatamente, a seconda della loro natura e per i vantaggi che queste arrecano agli uomini, considerandole non solo come degne di accettazione, ma altresì di elogio.
Appare primariamente ragionevole l’asserire che ogni buona società debba essere governata da buone leggi, se fosse altrimenti, da cattive: Ma che questa società sia buona e legittima noi non solo supponiamo, ma anche deduciamo da particolari circostanze che a ciò riconducono. Diremo del loro numero totale, che è di 6, numero perfetto, così che la società non abbia a confondersi dalla troppa abbondanza, o che un numero minore sia a detrimento di ogni libertà.
Con la presenza di moltitudini di diverse leggi si può arguire la presenza di numerosi crimini ed enormità, perché colui che assottiglia il diritto sentiero della Natura e della ragione sarà certamente condotto per vie serpeggianti e labirinti prima di arrivare alla fine del di lui viaggio. Le nostre leggi non risentono di tali inconvenienti, sia per qualità che per numero; esse sono volontarie e tali da poter facilmente e molto razionalmente esser seguite: esse sono, nel loro ordine:

  1. Che ognuno che si ponga in cammino, professi la medicina e curi gratuitamente.
  2. Che alcuno, se facente parte della fratellanza, indulga nei propri costumi, ma li adatti alle abitudini e ai modi dei paesi nei quali risiederà.
  3. Che ogni fratello della Fratellanza ogni anno, al giorno C., sarà presente al luogo dello Spirito Santo o, se impossibilitato, giustifichi i veri motivi della propria assenza per iscritto.
  4. Che ogni fratello scelga una persona degna per essere suo successore al momento della morte.
  5. Che le parole R.C. divengano sigillo, caratteristica o segno di riconoscimento.
  6. Che questa Fratellanza permanga celata per un periodo di cento anni.
I fratelli solennemente giurano e severamente s’impegnano l’un l’altro a mantenere ed osservare queste condizioni ed articoli, in tutto ciò che non risulti di pregiudizio a sé medesimi, o dannoso ed ingiurioso per altri, ma che abbia lo scopo e l’eccellente intenzione della gloria di Dio e del bene dei loro vicini.
Proseguiremo quindi l’esame della materia, e, scorrendo attraverso le varie cause e circostanze, ne daremo, ad ognuna, maggior luce.
In primo luogo, in riferimento al primo autore di queste leggi, considereremo l’esame della di lui autorità e potere che ne permisero la legislazione per sé e per gli altri, e se obbedienza sia dovuta. Chi fu quindi l’autore, e perché il suo nome venne tenuto nascosto? Questi sicuramente fu un Principe che é, come fu, guida dei suoi sudditi, i quali sono membri. Tutto ciò è fuor di dubbio, come lo è l’occorrenza del di lui pieno potere a fare e a ratificar le leggi, perché tale potere appartiene in primis all’Imperatore e poi ad ogni Re, avendo essi il diritto di governare. Infine, questo potere riguarda ogni Principe o magistrato Civile.
Ma le leggi promulgate da inferiori, solo si applicano a coloro i quali abbiano con essi particolari relazioni, né sono durature, né si sostituiscono a leggi emesse da superiori, essendo principalmente obblighi riferiti al tempo, luogo, persona e soggetto specifico. Presso gli antichi, coloro i quali godevano della miglior reputazione a causa della loro saggezza, conoscenza, autorità e sincerità, e dotati della maggior esperienza, potevano istituire leggi in ogni città o nazione.
Così vediamo che Mosé venne eletto a capo riconosciuto degli ebrei mentre, tra i pagani, i primi legislatori furono gli zefiriani, dopo i quali Zaleuco, ad imitazione degli spartani e dei cretesi (che si disse ricevettero le antiche leggi da Minosse), scrisse leggi severe e trovò le giuste punizioni. Egli lasciò regole secondo le quali gli uomini sarebbero stati giudicati per le loro azioni, dimodoché molti, spaventati, furon spronati a comportarsi rettamente, perché in precedenza non esistevano leggi scritte, bensì sentenze e motivi causali che esclusivamente risiedevano nel petto del giudice.
In seguito, gli ateniesi ebbero leggi da Dracone e da Solone, che usarono in ogni corte di Giudizio, dai quali i romani, vissuti dopo trecento anni dall’edificazione di quella città, ricavarono le loro leggi delle dodici tavole, pubblicate dai Decemviri, per essere poi, col tempo, espanse dai magistrati e dai Cesari romani e divenir infine le nostre leggi civili, ancora oggi in uso.
Altre nazioni ebbero i loro legiferatori, come l’Egitto i propri sacerdoti, ed Iside, che ricevettero gli insegnamenti di Mercurio e di Vulcano ( Queste furono le leggi auree, essendo nate dal fuoco), Babilonia ebbe i Caldei, la Persia i maghi. L’India ebbe i bramini, e l’Etiopia i ginnosofi; Tra i Bactri vi fu Zalmosis e Fido tra i corinzi; Ippodamo tra i Nilesiani e, tra i Cartaginesi ebbesi Caronda. Infine, i Franchi ebbero i druidi.
Da ciò che è stato detto questo si può ricavare: che cioè ognuno è libero (se i propri compagni accettano e fedelmente si impegnano) di prescrivere leggi per se stesso e per essi, specialmente se queste leggi sono fondate sulla ragione ed equità perché (come dice l’attore) nel bene, cose giuste ed oneste vengono scambiate; ma come la somma di malvagità non può essere base legale, così sono condannate quelle bande che fanno legge della menzogna e dell’inganno; i loro giuramenti sono maledizioni e le loro regole metodi di villania; le leggi, comandi di cattiveria.
Il nostro autore era certo privato, non magistrato, pure, nella sua situazione particolare egli fu investito di tale autorità da poter obbligare e legare gli altri, esser Signore e Padre della Società, primo autore e fondatore di questa aurea medicina ed ordine filosofico.
E se alcuno tenterà di usurparne la giurisdizione a dispetto delle volontà e del consenso altrui, tosto si accorgerà di quanto i propri sforzi siano vani, e sebbene egli possa pensare che gli altri abbiano pregiudizi nei suoi riguardi, veramente egli farà la figura del Vescovo nell’altrui diocesi, perché qui la realtà è diversa, avendo i membri con giustizia e coscienza acconsentito al suo comando.
A conferma di ciò si potrà citare il tempo trascorso, perché tali leggi furono mantenute ed osservate per lungo tempo senza che ciò ne abbia diminuito l’autorità prima; perché se le leggi vengono prescritte a chi non ne era soggetto e continuano ad essere a lungo inviolate, ne segue che esse sian giuste, ed il bene può quindi durare a lungo; e non esiste intralcio al potere legislativo privato in uso, non essendo questo contrario a statuti Divini né civili, leggi di natura, leggi positive o usanze di nazioni.
Ad alcuni potrà sembrare cosa strana che il nome del nostro autore non venga rivelato; a costoro noi diciamo: Nostro padre, invero, giace nascosto, morto da lungo tempo, ma i fratelli vivono e conservano memoria del suo sacro nome, che non son disposti, per cause segrete ed importanti, a rivelare ad alcuno. Essi hanno genealogia e successione continua da lui a sé medesimi, e ricevendo una lanterna da fratelli noti e colleghi della Fratellanza, essi possono leggere l’animo dell’autore dai suoi libri, riconoscerne i lineamenti nelle immagini, e Giudicare il vero della causa dall’effetto, le cui azioni ne confermano bontà e sincerità.
Le loro mani possono vedere, così che il loro credo possa andar al di la della vista, e ciò che altri uomini stoltamente dicono incredibile e vano, essi sanno esser vero e possibile. Dobbiamo qui negare che coloro che furono scelti ed eletti per la Fraternità non conobbero il nostro autore? Sicuramente essi gli furono familiari ed intimi amici e sempre eseguirono con alacrità quanto egli ne domandava, o imponeva loro.
A coloro i quali la di lui conoscenza non fu di beneficio alcuno, egli non fu, ne era necessario, che fosse conosciuto, a meno che tali persone abbiano spiato in ciò che non le riguardava, perché la conoscenza dei piani che si agitano nelle mura di Troia, o di chi, nella lontana India, amministra la giustizia e promulga le leggi non ci appartiene, cosi essi non avevano nulla a che fare con quest’autore ed i suoi fratelli, anch’essi a loro sconosciuti.
Se vediamo del fumo uscire da una casa, riteniamo che là debba esservi un fuoco, perché quindi vorremmo discernere con l’occhio della mente e non soddisfarci delle opere di coloro i quali mai furono veduti da occhio estraneo? Possiamo giudicare l’albero dai frutti, anche se questi sono stati già raccolti: è quindi sufficiente, per conoscere un uomo, l’udirlo parlare. Socrate, rivolto ad un giovane virtuoso e riservato, disse: parla, ch’io possa udirti! Il cane scopre sé stesso dal proprio latrato, un usignolo dalle sue dolci note, e, fra tutte le cose, noi giudichiamo dagli atti.
E perché quindi non possiamo distinguere questo nostro autore dai falsi per mezzo delle sue leggi, essendo desiderio degli altri quello di illudere? Essi approfittano dei loro imbrogli, e ciò che sarebbe fastidioso ad altri, per essi è piacere, mentre rischi e pericoli sono il loro sport. L’autore nostro non ha nome ma è degno di fede; sconosciuto ai volgari, e ben noto alla sua società. Ed ancora alcuni potrebbero chiedere ragione di tale celamento. Sappiamo che gli antichi filosofi si accontentavano della lor vita privata, e perché quindi i moderni non dovrebbero gioire dello stesso privilegio, visto che ne avrebbero più necessità di quelli? Il mondo è oggi carico di malvagità ed irriverenza: invero l’intera creazione, nel suo fluire da Dio, aveva carattere di bontà, ma la caduta dell’uomo portò la maledizione sulle sue creature.
Polidoro non sarebbe stato cosi credulone se avesse potuto prevedere il proprio fato: altri hanno da ciò tratto esempio, non osando gettarsi interamente nella sgarbata moltitudine, ma preferendo segretamente il ritirarsi in sé stessi, perché l’occasione fa l’uomo ladro e colui che espone i propri tesori agli occhi di tutti, sulla collina più alta, invita alla rapina.
Gli uomini “Homines” derivano nome e natura “ab humus”, dalla terra, la quale è spesso disseccata da calore estremo; a volte sembra perire per le alluvioni, e tutto ciò a causa del sole, del vento e della pioggia, ciascuno dei quali nega o abbonda i propri doni. Così la mente umana non sempre è nella stessa condizione; espandendosi talvolta nella bramosia, mentre il vizio appare preferibile alla virtù ed il saccheggio viene preferito onestà ed alla giustizia. Ma non vorrei censurar allo stesso modo tutti gli uomini, riferendomi solo a coloro che, sprovvisti di ragione o di cultura, molto poco differiscono dalle brute bestie.
Laonde il padre di questa fratellanza non ebbe prudenza di celarsi ai propri interessi ma, in tale materia, saggiamente ebbe a consultarsi per il bene ed il benessere dei suoi successori e della fratellanza tutta. Potremmo noi reputare saggio chi saggio non appare per se medesimo? Così è che Aristippo, Anasarco e molti altri lodevolmente sopportano le loro pene. Ognuno può acquistar gloria da perigliosi successi e nobili imprese, mentre alcuni divengono famosi a causa di villanie famigerate ed esecrabili, come Erostrato, che diede alle fiamme il gran tempio di Diana: ma il nostro autore ed i suoi successori si nascondono, ben sapendo le spine che onore e popolarità hanno nella lor coda, non per odio o disprezzo dell’umana società, ma per poter migliormente contemplare, a certa distanza, le atrocità dell’uomo, essendo spettatori solo, e non attori.
Democrito, così è scritto, si rese cieco per non vedere, al posto di bontà e virtù, le vanità ed il vuoto del mondo, e gli inganni, vizi e lussuria; ma l’autore nostro ed i suoi successori molto saggiamente si nascosero: nessuno che voglia chiaramente vedere un oggetto vi fisserà ambedue gli occhi, così l’uomo saggio eviterà di intieramente rimettersi a Mercurio o Marte, patroni di ladri e rapinatori, o a Giove o Apollo, il primo essendo armato di fulmini, mentre il secondo ebbe strali per mezzo dei quali lo sfortunato Giacinto perì, metamorfosandosi nel fiore che ne conserva il nome.
 
Capitolo III.
Dell’intento generale e dell’effetto di tali leggi nelle particolari circostanze di luogo, tempo, mezzi e finalità.

Avendo largamente discorso dell’autore e della causa efficiente di codeste leggi, ne tratteggeremo ora effetti e circostanze. Questo è probabilmente effetto che ovunque conviene alla di lui causa; dimodoché se il nostro autore fu uomo onesto allora quelle leggi da lui scaturite saranno parimenti buone, essendo cosa molto rara il notare degenerazione di germogli virtuosi dai loro genitori ed antenati.
Quindi è evidente che queste leggi ben rispondono alla loro intenzione, ciò che si desume dall’ordine e dal fermo nodo di sincera amicizia che ancora continua tra quella Onorata Società; Perché se ragione, Natura e verità giustificar non potessero i propri atti, senza dubbio questi sarebbero da lungo tempo alla rovina e non avrebbero condotto ad alcunché.
Molti, invero, puntano giusto ma falliscono nel colpire il bersaglio, e sappiamo che tempeste improvvise attraversano gli sforzi ed il desiderio del marinaio di raggiungere il suo porto sicuro; così colui che si accinge ad ogni nobile impresa troverà impedimento sul suo cammino, e se egli lo attraversa, si dovrà ringraziare Iddio, la cui provvidenza e benedizione sono state tanto felicemente ottenute.
Questi fratelli, finora, non mostrano pentimento della loro condizione né lo faranno, essendo servi del Re dei Re, al quale essi dedicano ogni frutto del proprio lavoro. Essi tengono la religione in più gran conto di qualsiasi altra cosa, leggendo dell’onnipotenza di Dio nei libri scritti ed in quelli di Natura, e della provvidenza sua e pietà.
L’aiuto ed il sollievo al povero ed all’oppresso essi tengono per dovere, e sicuramente divengono Cristiani per tali azioni, ritenendo disdicevole l’esser sorpassati in pietà da turchi e da pagani! Non è necessario conoscerne il luogo di ritrovo, noto solo a coloro a cui compete. Non è questo luogo in Utopia, o tra i tartari, bensì eziandio nel mezzo di Germania, l’Europa essendo simile a vergine, cui la Germania è ventre: essendo fuor di decenza alla vergine lo spogliarsi, se non vuol esser presa per puttana. Che sia sufficiente il saper che non è sterile, avendo essa concepito e partorito questa Fratellanza felice. Il ventre è illibato, eppur diede vita in abbondanza con arti e scienze rare e sconosciute.
Questa è la Germania che oggi fiorisce ed abbonda di rose e gigli, innaffiati in giardini filosofici ove mano scortese non possa cogliere o sciupare.
Le ninfe Esperidi Egla, Eretusa ed Espretusa qui han loro sicura dimora coi loro rami dorati, dalle insidie di Ercole. Qui i grandi tori di Gerione pascolano tranquillamente, lontani da Caco e dai maligni suo pari. E chi potrà mai negare la presenza, in questi luoghi, del vello d’oro o dei principeschi giardini di Marte e di Aeta; chi fingerà d’esser di Febo il figlio e di Fetonte il fratello? Qui trovano nutrimento pecore e buoi del Sole Pecude, da cui Pecunia derivò, Regina del mondo.
Non servirebbe a scopo alcuno il narrare del come tutto ciò sia stato dedotto dal loro autore primo, perché già i fratelli a lungo ne parlarono, in grande dovizia nei loro scritti e libri. Egli introdusse tali insegnamenti in Germania, suo paese natio, dall’Arabia, inserendoli poi, come principi della Fratellanza. Furono questi originariamente trovati nella prima parte del libro detto “M”, più tardi tradotto in latino e molto mentovato, e dal quale essi impararono molti misteri chiaramente osservando, pel tramite di esso come attraverso un vetro, l’anatomia e l’idea dell’universo.
E tra breve, senza dubbio alcuno, essi lasceranno che il libro “M” venga dischiuso al mondo, cosicché coloro che bramano la conoscenza possano averne soddisfacimento, essendo io convinto che giorni felici siano prossimi, così che possiamo giudicare il Leone dalle sue zampe; e come riflussi e correnti marine (come dice Basilio Valentino) trasportano ricchezze a regni diversi, così questi segreti, svelati alle genti, avendo in sé stessi l’armonia del mondo cara a Pitagora, arrecherebbero non minor profitto e soddisfazione.
Né è mai stato risaputo che due siano stati tanto simili come l’”F” all’”M”, né mai vi sarà un altro “M”. Il motivo per il quale queste leggi furon fatte fu per il bene comune ed i benefici che, in parte, anche i fratelli ne traggono per sé ed in rispetto agli altri, sia nelle menti o nei corpi per assicurar loro conoscenza, come per trovar rimedio alle altrui malattie, essendo lor ambizione il profitto ed il vantaggio al prossimo, motivo per il quale essi scelsero simile condotta.
Ma se taluno avrà delle obiezioni, dicendo che la propria salvezza non fu considerata, questi insegnamenti lo confonderanno, così come invece saranno cagione di benessere per altri. In questo caso i piatti della bilancia sono pari, non favorendo alcuna delle parti, e la prima Unità è come il quinto, o secondo e terzo messi assieme. Ciascuno, come dice il proverbio, battezzerà prima il suo figliuolo, ed i fiumi, l’uomo saggio dice, non straripano se la fonte non è colma; meglio si dà a color che danno spesso.
Ma imparerete, dalla Fama, che queste leggi vennero primariamente promulgate nel 1413. Egli nacque nell’anno 1378 ed iniziò a viaggiare a 16 anni, restò fuori sei anni e ritornò dopo otto, ma aspettò ancora cinque anni per compiere la sua opera e dar le leggi: ma tutto ciò è più congettura che realtà, essendo noi più interessati alla storia che ne causò l’origine.

 
Capitolo IV.
Della prima Legge e dell’eccellenza della Medicina sopra alle altre Arti, alla quale i Fratelli son devoti.

Siamo ora giunti a parlar più nel dettaglio di ogni legge, ed inizieremo con la prima, cioè: Chiunque di essi si ponga in viaggio dovrà professar la medicina e curare gratuitamente, senza compenso alcuno. Fu la necessità a forzar l’uomo ad inventare le Arti per il di lui aiuto; la curiosità ha spinto alcuni all’opra per soddisfar la fantasia, mentre la lussuria non è rimasta indietro nel cercar mezzi per soddisfar sé stessa. Ora, tra queste arti ed invenzioni, alcune sono più nobili ed eccellenti, sia rispetto a sé stesse che nella stima degli uomini. Non crediamo forse l’essere il governare cosa Divina e maestosa? Cosa di più glorioso esiste che l’ingaggiar guerra con successo? Nella società, esistono mercanti, artigiani e uomini d’affari, e ciascuno agisce nella sua propria sfera.
Per ogni profonda questione di divinità consultiamo l’abile clero e per casi legali dubbi e sottili, andiamo da un abile ed onesto avvocato; per malattie disperate cerchiamo il consiglio del fisico istruito e con molta esperienza. Ma la medicina, sembra di aver, meritoriamente, la priorità perché per quanto attiene alla malattia, il fisico governa l’Imperatore e prescrive regole e direzioni come il legale non può fare, perché la legge non ha forza e può essere cambiata ed alterata a piacere da chi primo la redasse. Allo stesso modo il fisico combatte con le malattie del corpo umano ed ingaggia fiere battaglie con queste, per pervenire al ristoro ed al mantenimento della salute, quasi perduta e decaduta.
Così Aristotele pone la salute tra quelle cose sulle quali tutti gli uomini concordano, perché ognuno sa essere cosa migliore e desiderata lo star bene, quasi come l’esser ricco e prosperoso. Per cui l’impiego di un fisico è lontano dall’esser disprezzabil cosa, essendo nella chiara volontà umana, sempre tendente alla bontà ed alla felicità, il desiderio di mantener salute e guarirsi dalla malattia.
Dio, all’inizio, creò l’uomo, e la Natura, di lui levatrice, ne condusse alla generazione dai semi dei due sessi; ed è ufficio del fisico il guarire l’uomo ammalato e ristorarlo alla sua salute originaria. Quest’arte, così, ha in sé molto del divino, avendo lo stesso oggetto della creazione e della generazione, cioè l’Uomo, che creato ad immagine di Dio fu Suo in virtù della creazione stessa, partorito da generazione di Natura.
Anche l’incarnato Cristo, assieme alla cura dell’Anima, non disdegnò quella del corpo. Tra gli israeliti, i profeti praticarono la fisica, e tra gli egizi i sacerdoti, tra i quali venivano scelti i Re. Infine, grandi principi hanno studiato quest’arte, non per brama di ricompensa, ma per poter aiutare l’ammalato. Abbiamo udito di alcuni che, avendo molto ucciso in una giusta guerra, si dedicarono poscia, per ripulir se stessi, a professar la fisica senza compenso, facendo il bene in espiazione al male prima praticato. Essendo quindi la professione fisica si’ alta, nobile e sacra, dovremmo questa maggiormente ammirare tra le altre arti e scienze nelle quali eccellono questi Fratelli della onorata Società.
Essendo io con confidenza convinto che essi, conoscendo i più intimi segreti di Natura, naturalmente possono produrre effetti alquanto strani, che molto stupiscono l’ignorante spettatore siccome testa di Gorgone, perché la medicina è a loro la più cara, essendo di grande profitto, e di valore.
Ma alcuni peraltro, potranno obbiettare nei confronti del Fratelli che non di fisici si tratta, ma di empirici, che solo intrudono nel campo della fisica. Costoro, in verità meglio farebbero a guardar a casa che fuori. Vero é, e lo confesso, che pochi Fratelli furono educati, ma grandi eruditi essi sono; a conoscenza di saper profondo e competenti alquanto. La medicina da lor amministrata, essi osservano, essere il midollo del Gran Mondo. Per parlar ancora più schietto, la lor Medicina essendo il fuoco di Prometeo che, con l’aiuto di Minerva, questi rubò dal sole e portò all’uomo, e sebbene malattie e pene vennero poscia inflitte dagli dei (come narra il poeta) sugli uomini, eppur più potente della pena fu il balsamo di Natura.
Il fuoco fu diffuso per il mondo tutto a beneficio del corpo e della mente, liberando chi dalle infermità, chi da passione dolorosa, perché nulla rallegra e contenta il cuore umano come questa Medicina Universale. Pietre preziose lavorate in polvere finissima e foglie d’oro fino ne sono gli ingredienti, come della medicina detta Edel heriz Pulver. Eschilo attribuiva l’invenzione della piromanzia, la composizione delle Medicine, la lavorazione dell’oro, ferro ed altri metalli a Prometeo, e per questo gli ateniesi gli eressero un altare assieme a Vulcano e a Pallas, in considerazione del fuoco necessario alla scoperta dei segreti di Natura. Deve però sapersi che, per portar la Medicina a perfezione, un fuoco a quattro facce è necessario, che, mancandone una sola, il lavoro tutto è perduto.

 
Capitolo V.
Della cura delle malattie con rimedi specifici di occulta qualità, quelli usati dalla Fratellanza, ben adatti alla natura umana e a tutte le sue occorrenze.

Non dobbiamo, per ciò che è stato detto, supporre che i Fratelli faccian uso di farmaci che non siano naturali, usando essi vegetabili e minerali, e sapendo, a causa di sincera conoscenza di manipolazioni segrete ed occulte, ciò che per la bisogna più sarà efficace.
Altri adoperano Pancresta, Policresta, Manus Cristi, Narcotica ed Alessifarmaca, sommamente osannate da Galeno ed altri ancora, attribuendo loro grandi qualità e, per colorar l’imbroglio, esigono che alcuno ne prescriva senza l’esborso di una grossa somma, come se il valore ne aumentasse l’efficacia e la virtù. Anche i Fratelli han molte medicine, che chiamano Re, Principi, Nobili e Cavalieri, a seconda dell’eccellenza e valor d’ognuna, che son date non per la scarsella ma a seconda infermità dell’ammalato; né essi desiderano ricompensa anticipata.  Non amano inoltre, costoro, por scarpe di bambino al vecchio, che le proporzioni si abbiano ad osservar con cura, una dracma essendo sufficiente per l’uno, mentre un’oncia della stessa Medicina va all’altro. Chi non direbbe esser assurdità l’applicar lo stesso impiastro alla dura mano del bifolco così come a quella, delicata e pulita, dell’erudito o del signore?
Colui che pratica la fisica, abbia a considerar il differente umore di coloro affetti dalla stessa malattia, come giudice sapiente debba mutar giudizio alla stessa causa, che molte circostanze potrebbero alterare.  I Fratelli, primariamente guardano alla costituzione del paziente e poi di conseguenza prescrivono, in ogni cosa confermando conoscenza con l’esperienza, ed usando molto selezionati vegetabili, che essi raccolgono quando questi più risultano impregnati di celestiali influenze: non per sterili nozioni astrologiche, ma certamente conoscendo l’ora migliore per l’effetto desiderato, mentre i vegetabili vengon applicati per le malattie per le quali venivano, coscientemente, destinati.
Essendo cosa alquanto irrazionale il mescolare ed il comporre qualità calde, fredde, umide e secche, allorquando la Natura ci fornisce semplici medicamenti per correggere ed ammendar le deficienze, correndo il rischio che un rimedio specifico, forse segretamente di natura contraria ad un altro, per mescolanza, le virtù proprie dei due, se non perdute tutte, potrebbe di molto diminuire. Affermano i Galenici che le prime qualità provocano alteramento e le seconde attenuano o ispessiscono, e dicono ciò, stoltamente ed ignorantemente di tutto il resto. Ove ogni vegetabile contiene in sé medesimo l’essenziale virtù per fugare il male al quale correttamente viene applicato.
Essendo in medicina come in un esercito, ove ogni milite s’accompagna agli altri o s’ammutina al proprio comandante, allora è quando il nemico si rinforza ed utilizza le proprie armi per ucciderli. Alcuni domanderanno cosa s’intenda per Specifico; con ciò io intendo quello che i Galenici illetterati chiamano la qualità occulta, non essendo essa calda, fredda, umida o secca; essendo in verità la conoscenza profonda e vera al di là della loro portata o comprensione.
Valescus de Taranta, lib. 7, cap. 12, dà la definizione della qualità galenica occulta. Viene infatti chiesto come si sia che una locusta appesa al collo possa guarir da febbre quartana, alla quale domanda essi rispondono che se queste medicine empiriche posseggono simili virtù è per causa della loro qualità occulta che contiene la forma specifica del malanno congiunta con l’influenza degli Astri.
Ma potremmo allora domandare che cosa sia la proprietà totale; Averroé la definisce come complesso, altri affermano essere questa la forma sostanziale di un corpo composto, altri invece l’intera mescolanza, cioè la forma, la materia ed il complesso, che Avicenna chiama la sostanza intera, dicendo che un corpo non possiede né operazione dalla materia, né qualità, ma l’intera sua sostanza o composizione.
Ma per parlar sincero e senza veli, nel divenir filosofi, noi sappiamo che esiste una virtù naturale ed una quale predestinazione che discende dall’influenza dei corpi celesti, che dà disposizione particolare alle forme che saranno; e questa é, come fu, determinata dal proprio oggetto, così che dopo adeguata preparazione della materia e congiunzione della forma, l’intera sostanza o corpo mescolato produce effetto proporzionabile.
E forse ciò intese Avicenna, ove invece Arnoldo, nel suo libro De Causis Sterilitatis, disse esser proprietà particolare di un corpo la sua propria natura, che procede dalla giusta disposizione delle parti da esser mescolate; e ciò si dice una occulta qualità, sconosciuta ai più a causa della sua difficoltà. Da ciò deriva che natura stessa è come complesso, anche senza esserlo veramente, ma trovato questo tramite ragione, scoprendone i segreti solo per mezzo di sperimentazione e pratica.
Da ciò si comprende che l’esperienza sia sopra la ragione, essendovi molti esperimenti ai quali non si può dar spiegazione razionale, né sviluppare, al lor riguardo, alcun metodo per soddisfar noi stessi. Per ciò che abbiamo così detto, chiaramente appare che l’intera proprietà di qualcosa non può esserne il complesso, che se così fosse tutte le cose aventi la stessa proprietà dovrebbero di conseguenza aver il medesimo complesso, ciò che è falso, perché rabarbaro e tamarindo per la loro proprietà attraggono il colera, pur non essendo dello stesso complesso, come affermato da Valesco. Quindi è chiaro che la vera proprietà delle cose medicinali è solo conosciuta per mezzo dell’esperimento, e non a causa delle false regole dell’Arte galenica, che nessuna luce danno sulla natura di alcun semplice.
Consideriamo, per esempio, la rosa; questa spande d’intorno piacevole profumo ed è di colore rubicondo ed amabile non per causa della qualità fredda e secca, bensì della sua propria intrinseca virtù, né dalle suddette qualità si puote alcunché dedurre, non essendo queste soggette al gusto, alla sensazione, o all’udito e di conseguenza ad alcuna, perché gli specifici hanno altro originale.
Come sono le prime qualità osservate? non dalla loro essenza e natura ma per cagion dei sensi, con ragione che ne trae la conclusione: ma non possiam vedere come la ragione possa determinare sul soggetto delle qualità di una rosa, e se esse siano calde, fredde, umide o secche, a men che la ragione sia stata informata dai sensi sul colore, odore, sapore o toccamento.
Ma queste regole sono incerte e fallaci insieme, e vi sono più esperimenti per confutarle che per conferma, perché chi oserà affermare che ciò che è freddo non può aver odore mentre le cose calde ne possiedono? Che le cose odorose siano calde, mentre fredde sono quelle senza odore, o che le cose bianche siano fredde o calde, mentre le rosse sono più calde delle bianche o, al contrario, le amare siano calde e le narcotiche fredde eccetera?
Perché l’oppio, lo spirito di vino, la rosa e molto ancora confuteranno simili opinioni, dimodoché è chiaro che le qualità dipendono da simili incertezze in relazione ad ogni semplice, e quindi miglior cosa essendo il fidar dell’esperienza e cercar nei segreti di natura, che non vanamente frivoleggiare il tempo nel dividere le qualità seconde dalle prime, e le terze dalle seconde, o cercar ragione dai sensi, cosa molto ridicola a meno che non sia per la cura di malanni, dove le qualità sono in confusione.
Avendo gli egizi ciò compreso, essi grandemente stimarono e studiarono la fisica, che fu sperimentale e non nozionale e quindi misero i lor malati per le strade, dimodoché i passanti che già ebbero la stessa malattia dir potessero il rimedio specifico col quale furon essi curati, ove si dimostra che talvolta val più il consiglio di una vecchia o l’applicazione di qualche empirico a certe malattie che così tanti fisici, con i loro dotti studi e metodi.
Che non venga io, comunque frainteso nell’affermare che l’esperienza debba esser l’unica guida della fisica; la medicina deve infatti, sia essa speculativa o pratica, accordarsi ed incontrarsi nella verità.
Noi non dobbiamo, per ciò che riguarda invenzione o prescrizione di fisica, dar troppo credito alla ragione, che esser potrebbe falsamente informata sulla natura delle cose, se non quando l’esperienza ci avrà dato conferma dei misteri e dei segreti, essendo la ragione di vista troppo corta per insegnar quelli, ma neanche dobbiamo perversamente ignorarli, invidiosamente rigettando ciò che non si può ottenere.
Io non considero esser fisico razionale colui che solo tiene in sua memoria una lunga lista di semplici e che facilmente potrà dire cosa sia caldo in primo grado, cosa nel secondo e cosa in terzo, e può’ scorrere le seconde qualità e le terze, e se chiamato al capezzale del paziente, da questa confusione, come dal ventre del cavallo di Troja, emette molte ricette e soluzioni essendo egli ignorante dei più comuni semplici e del loro corretto metodo d’applicazione.
Non dovrebbe egli, che ben comprende e conosce i suoi farmaci, agir con più senno?
Poche prescrizioni ben selezionate, di efficacia certa per la cura, certamente han più valore di una confusa moltitudine di ricette Galeniche. Esiste ormai una tal dovizia di medicine che il fisico è ora più confuso nello scegliere che nella invenzione stessa, non essendo l’abbondanza di rimedi che vince il male, ma solo virtù, metodo, ordine e scelta del tempo e dello spazio garantiranno alfine il successo.
Leggiamo nelle storie del coraggio e della bravura di quel Re spartano che, con una schiera di quattrocento baldi lacedemoni, s’impadronì della strettoia dalla quale Serse ed il suo esercito di un milione e settecentomila uomini sarebbero giunti, uccidendone gran quantità; e quando l’insolente persiano vantandosi disse che le lor frecce avrebbero oscurato il sole, Il Re spartano rispose che, allora, avrebbero combattuto all’ombra.
Da questi esempi evincesi allora che una selezionata compagnia di guerrieri scelti tiene grande vantaggio sulla confusa moltitudine: e perché non dovrebbero pochi rimedi ben scelti risultar d’efficacia maggiore di un mucchio di ricette vane? Si dice che, se l’esercito superi i centomila, divenga tumultuoso ed indisciplinato; così è la Medicina, che incrementandosi a dismisura uccide invece di curare, perché ogni guerra specifica o contrapposizione di opposte forze necessariamente disturba pace e tranquillità della Natura.

 
Capitolo VI.
Sebbene altri fisici esigano il dovuto, ancora i Fratelli curano gratis, non avendo il denaro in conto alcuno.

Leggiamo nella storia che grandi uomini, Re e Principi, tennero al loro servizio celebri e dotti fisici, non solo in cambio di un salario annuale considerevole, ma conferendo loro gran favori ed onori. Eristrato scoprì il male di Antioco, essendo ciò l’amore per la suocera, dal quale lo guarì, ricevendone cento talenti dal figlio Tolomeo. Democido guarì Policrate il tiranno per due talenti d’oro, ed ebbe poi una ricca catena e due calici d’oro per aver curato Dario. Giacobbe Cotterio, fisico di Luigi II Re di Francia ricevette cinquantamila corone l’anno quale suo pagamento, mentre Taddeo il fiorentino ebbe cinquanta corone al giorno per andar su e giù a curar malati.
Le ricompense ed i guadagni indotti dalla fisica hanno convinto molti studiosi ad applicarvi tutto il proprio tempo e sforzi, più per amor di profitto che per la salute del vicino ed il bene della collettività. Considerando a quante infermità siam soggetti, troveremo la fisica essere più necessaria del cibo e del vestire, e quindi gli abili fisici vengono ricercati, che possano amministrar medicina con giudizio; ma nessuno impiegherà sforzi, tempo e danaro in ciò per il quale non avrà raccolto: Chi sarà servo altrui senza salario? Forse che l’avvocato patrocinerà senza profitto? Né esiste legge o ingiunzione ad obbligar il dottore a curare per nulla in cambio.
Sarebbe, in effetti, rigido e duro l’obbligar alcuno a dar via ciò che giustamente gli appartiene. Menecrate il Siracusano nulla ebbe per i suoi dolori salvo scomodar le divinità, dalle quali ebbe l’attenzione di Giove medesimo, che fu peggio che l’aver ottenuto attenzioni a lui più proporzionate. I Fratelli son così lontani dal ricevere una ricompensa che ne disprezzano il pensiero medesimo, così lontani dalla vanagloria del successo, che mai si vedranno tale favore riconosciuto.
Non hanno medicine diverse pei poveri o pei ricchi, ambedue parimenti rispettando; essi eseguono visite frequenti, portando conforto agli afflitti e la condizione dei poveri alleviando. Il lavoro è la propria ricompensa, il dolore alleviato divien ricchezza, mentre topi ed altri parassiti non posson diminuirne l’ammontare, né draghi o bestie selvatiche la fontana esaurire o avvelenare. Celio, nel suo libro 16, cap. 10 ci narra di Filo, un fisico, scopritore di certe Medicine ch’egli disse mani degli dei, ma il grande titolo non era che pretesto per gli occhi e le orecchie degli spettatori, che prometteva più di ciò che dava e deluse più di aiutare, medicine belle all’esterno, ma corrotte e marce internamente.
Ma i Fratelli, pur avendo le più efficaci medicine al mondo, si peritano più di nasconder le virtù che di farne esposizione. Forse le loro polveri saranno cinabro, o semplice cosa, ma di effetto superiore a ciò che ci si aspetti. Essi hanno Falaia e l’Asa di Basilio, la Nepente, che sconfigge le pene d’Omero e Trismegisto, il linimento d’oro, la fontana di Giove Ammone, calda di notte, fredda a mezzogiorno, tiepida all’alba ed al tramonto. Perché essi condannano i lor guadagni e redditi, né sono attratti da onori o preferenze, considerazioni accademiche e successi, ma vivono e lavorano in silenzio.
Non è questa una rara società di uomini, ingiuriosi di alcuno, ma alla ricerca del bene e della felicità per tutti, dando ad ognuno ciò che gli compete? Questi Fratelli non adorano il sole che sorge, non son parassiti che si adattano agli ordini dei grandi, che mascherano parole ed azioni nella menzogna. Dicono che la statua di Diana, costruita ad arte, adattasse le proprie fattezze per mostrar approvazione al pellegrino che le offrisse doni, aggrottandosi e minacciosamente disapprovando coloro che arrivassero a mani vuote; così è il mondo intero, per tutto ciò soggetto al dominio dell’oro. Ma questa polvere della terra non ha, per loro, valore alcuno, perché queste cose sono basse ai loro occhi, cose che gli altri grandemente adorano.Preferibbero scoprir un mistero di natura piuttosto che una miniera, avendo stima dell’oro solo se questo può essere utilizzato per continuar i loro studi.
Ed essi sognano l’era di Salomone, quando a Gerusalemme l’oro era più comune di tegole sui tetti e l’argento più delle pietre nelle strade, perché in tali tempi il suo uso era sconosciuto e gli uomini si accontentavano di ciò che la Natura potesse offrir loro, vivendo serenamente sotto il governo del padre di famiglia, senza arrosti, lussuria, orgoglio e, men che meno guerre.



Capitolo VII.
Del censurar gli abusi in medicina, così come le lunghe ricette a sfoggio di sé medesimi, sol per dimostrare che il fisico non sia un empirico, o per il guadagno dei farmacisti, senza rispetto al beneficio ed alla borsa del malato, quando pochi semplici ben scelti fan la cura.

Ogni giorno si posson notare le male erbe che nascono dall’Oro, crescer rigogliose e soffocare il mondo. L’oro non ha solo rovesciato città e distrutto floride società ma ha corrotto le Arti, con quelle liberali divenute tra le più servili. Posiamo per un attimo, saltando il resto, gli occhi sulla medicina il cui flusso, più è stato allontanato dalla fontana, più si è insudiciato ed invilito, finché ora giace, pieno di lordume. Abbiamo prima affermato che la Natura si contenta di poco, che porta beneficio in malattia come in salute, perché più semplice è la dieta e più facile risulta a digerirsi, essendo difficile il cambiar molte cose eterogenee in una sostanza solamente.
Così nel male, la varietà degli ingredienti distrae, se non completamente intralcia la Natura nelle operazioni sue, perché essa deve ora combattere non solo con le infermità ma parimenti con il rimedio stesso, e come possono cose a sé medesime opposte e contrarie procurare e mantener la pace? Noi confessiamo che composizione giudiziosa è cosa necessaria, perché un semplice specifico non può conferir la cura per mali complicati, così che più semplici uniti possono sortire l’effetto che vien negato al singolo, né noi penseremmo cosi’ assurda la questione di quanto buono e requisito esser possa il metodo.
Ciò di cui ci lamentiamo essendo la grande moltitudine omnium gatherum di combinate erbe, radici, semi, fiori, frutta e cortecce, calde o fredde nel primo, secondo e terzo grado; cosicché si abbiano quaranta e più ingredienti in un medicamento, per dimostrar memoria ed arte d’un fisico stupido ed ottuso, o aiutar il farmacista furfante, che estorce il suo guadagno per cultura, e la rapida enunciazione delle sue droghe gabella per conoscenza sperimentale.
Al contrario, se qualcuno che ha coscienza in ciò che sta facendo prescriverà pochi semplici, rari ed approvati (come il Famoso Crato, fisico di tre Cesari), questi sarà tacciato d’ignorante, se non d’empirico, sebbene egli superi di molto, in ogni branca di sapienza, i commercianti di ricette. Guardate come i farmacisti volentieri passino sopra ad una ricetta semplice ma efficace, perché porta poco profitto, ma come invece si considerano fortunati di ricevere una ricetta lunga un cubito, facendo pagar il paziente per la sua infermità mentre, qualora egli guarisca, la sua tasca rimarrà malata. Considerate quanto tutto ciò sia ingiurioso per l’uomo e per la comunità; perché distruggendo l’uno essi minano l’altra, perché, se l’uomo pur rimane, solo un membro derelitto di questa egli sarà. Le malattie si protraggono così per la contrarietà tra le Medicine e la Natura indebolita.
Però reputiamo assurdità lasciar la via diritta che corre al bosco, per la tortuosa che può confondere e prevenir l’avanzamento. La moltitudine genera confusione in molte cose, ma specialmente in Medicina, se l’essenze dei semplici sono ignote. A conferma di ciò possiamo trovar esempio in tribunale, dove, se ognuno assieme perora e dichiara l’opinione, il caso diverrà ben più intricato, allontanando la corte da una decisione sulla controversia. Pochi e saggi consiglieri da ogni lato, invece, sapranno chiaramente presentare il caso e condurlo a saggia e repentina determinazione. La stessa discordia appare nella fisica se ogni semplice, nel trattar l’istesso male, debba avere i propri effetti, quando pochi semplici, ben selezionati potrebbero subitamente risolver la questione. Quindi ottimo espediente essendo, tra i molti, sceglierne alcuni e tra i buoni prendere i migliori, che possano assistere e rinforzar Natura nel di lei conflitto.
Se si seguissero queste osservazioni, il fisico non sarebbe stimato abile primariamente a causa delle sue alte parcelle, ma per la qualità dei suoi ingredienti; i farmacisti avrebbero più clienti, perché gli uomini non sarebbero spaventati dall’alto costo e non morirebbero per risparmiar la spesa, ma volentieri si sottometterebbero ad una cura facile ed onesta. Non devesi giudicar tutto dal volume, perché vediamo che bestie selvagge in corpo e quantità eccedono l’uomo, tuttavia il minore, essendo razionale e saggio, le governa. un po’ d’oro vale più di un gran mucchio di sassi o una miniera di basici metalli; così in Medicina, una piccola quantità può contener in se stessa più virtù di una gran misura di semplici diversi.
Ed è sufficientemente noto all’uomo saggio che le stesse erbe si alterano in diversi climi; e quella che è innocente nell’uno può diventar veleno nell’altro, e quindi non è cosa sicura il mescolare India, Arabia, America, Germania ed Inghilterra assieme, perché il Sole ed i pianeti hanno influenze diverse su questo o quel paese e di conseguenza alterano le piante. Nemmeno possiamo ignorare che nello stesso campo abbondano piante buone e cattive assieme; ed esempio di questa verità è nei minerali, perché il sale da solo non fa danni, come il nostro volgare Mercurio; ma se i due vengono sublimati assieme essi divengono veleno potentissimo; ma alcuni possono pensar che ciò derivi da Mercurio, che è senz’altro falso, potendo questo, con arte, condotto a liberarsi di nuovo, e qui la sua innocenza fa ritorno.
Allo stesso modo, può esser preso senza tema lo Spirito di Vetriolo, assieme ad altro liquore, e l’acqua di Salpietro può esser nel corpo ricevuta, ma se questi due vengono assieme distillati, essi fanno un’acqua che mangerà ogni metallo eccetto l’oro e morte certa produrrà a chi ne beva. Ma se alla prima sostanza si aggiungerà Armoniaco, la sua forza viene ad aumentare sino a ridurre l’oro in fluida ed acquosa sostanza, mantenendone però la sua natura, pura e perfetta.
Si potrà ancora obiettare che melassa, mitridato ed Ameco, con altri, furono composti da molti semplici che, ben digeriti da lunga fermentazione, divennero rimedi sovrani e sono stati usati da quali seicento anni, per il beneficio di centinaia di migliaia. Noi non neghiamo l’eccellenza di tali composizioni, tenute in gran rispetto in epoche passate e più recenti, ma, con queste, ne approviamo, peraltro, altre seicento, se con esperienza vengon macinate.
Perché coloro che per primi inventarono queste Medicine non ne considerarono le qualità calde o fredde ma la natura e l’essenza, mentre queste resistevano al veleno o conducevano all’evacuazione dei cattivi umori dal corpo, essendoci, nella melassa, carne di vipera ed ingredienti diversi di simili virtù. Noi discorriamo contro l’ostentazione estemporanea e vana nel prescriver Medicine composte di piante calde, secche, fredde ed umide, sia in questo, che in quel grado.
Dir qui si potrebbe di un fisico che si gloriava di non conoscere alcun particolar esperimento, essendo per lui tutti i rimedi eguali rispettivamente alle prime, seconde e terze qualità: e certamente ciò discendeva dalla di lui ignoranza di ciò che avrebbe dovuto invece esser noto; ma lo spirito saggio e prudente molto minuziosamente procede e discende nei particolari. Essendo, per regola generale, più facile dar giudizi sui semplici che trovar, per esperienza, le virtù proprie degli specifici; e ciò a cagione del fatto che ogni semplice ha una proprietà peculiare che lo distingue dall’altro, del quale, talvolta è contrario, mentre le qualità non solo differiscono rispetto agli altri, potendo lo stesso semplice aver effetti diversi in sé medesimo come appare nel Rabarbaro che, in relazione alle sue qualità prime, caldo e secco, aumenta il colera nel corpo umano ma, in relazione alla sua essenza ed alla specifica natura, questo ne purga.
Nel passare all’Oppio ed all’Aceto ed a tant’altri, vediamo come la stessa cosa nelle sue prime, seconde e terze qualità genera spesso contrarie operazioni, così il caglio assottiglia il sangue spesso della lepre, ma se molto fluido lo ispessisce; ed il Vetriolo, secondo sua natura, penetra ed è astringente ma repelle e disperde il piombo a lui applicato; O l’Argento vivo, che è ben pesante, ma si sublima al fuoco ed ascende, e sebbene abbia corpo spesso e grossolano, esso può ad arte essere usato per perforare qualsiasi corpo e poi ridotto alla sua propria nativa purezza.
Molte altre prove possono portarsi, perché nulla esiste, al mondo, per quanto basso ed abietto, che non sia marchiato con sigillo sicuro delle sue virtù proprie, delle quali l’ignorante solo scopre il guscio, o l’esterno della conoscenza. Ma perché quest’errore di giudizio non vada a detrimento della pratica, mettendo in pericolo così la vita umana, noi crediamo esser buona opera di servizio l’adoperar gli studi nell’onorata facoltà di Medicina, per ricercar vieppiù su pochi, rari e certi specifici, piuttosto che il seguirne di generali, che così comunemente ingannano.
Non dobbiamo mostrar noi stessi empi e dimentichi del dovere, quando ricchi ed onorati, fino a sdegnar i nostri poveri genitori; perché esperienza è la madre dell’Arte, e vorremmo forse noi condannarla perché non ne abbiamo di bisogno? L’Esperienza è maestra dei folli, e la Ragione regina dei saggi, ma in molti aspetti ciò non deve esser separato, perché molti esperimenti procreano ragione, cosicché questa sostiene ed adorna l’esperienza.

 
Capitolo VIII.
Del perché molte Medicine, a causa dei lor nomi altisonanti e delle stima che ne hanno gli uomini, che pensano che ciò che più costa meglio sia, sono tenute in gran considerazione, mentre altre, meno appariscenti e proprie del paese, sono superiori a queste in eccellenza ed in valore.

Oltre agli abusi prima mentovati, un altro vi si aggiunge di soppiatto; le prime son truffe in quantità e qualità, che svuotano la borsa, perché esse dipendono dagli umori degli uomini, che credono che una cosa sia buona se l’hanno ben pagata. Per questo Galeno nascose il proprio Impiastro d’Oro dai curiosi, per il quale ebbe cento corone, che invece era di scarso valore in se stesso; poiché vi sono molte cose eccellenti nell’uso che, se divulgate, la gente le disprezzerebbe stoltamente, perché mani volgari insozzano tutto ciò che toccano.
Alcuni motivi per i quali esse non paiono funzionar così efficacemente, è perché non fanno ben lavorar l’immaginazione, scoraggiando quindi alla cura e al risultato, perché se è vero che l’immaginazione altrui avrà su di me piccolo effetto, la mia medesima molto altera il corpo e può intralciare o promuovere un rimedio nella sua propria azione.
Ciò è evidente in molte malattie, e specialmente nella malinconia ipocondriaca, anche detta la vergogna de’ fisici perché raramente curata, ove la non efficacia della cura dipende dall’immaginazione pregiudiziale del paziente, che dispera di trovar aiuto; perché cure, dolore e disperazione alterano e cambiano il sangue, corrodono il cuore e travolgono gli spiriti, così questi più non possono attendere al loro ufficio; se quindi ciò potesse esser prontamente rimosso, vi è grande speranza di guarigione.
Sotto tale mantello, molti coprono la lor furfanteria e bramosia, altro non ricercando che guadagno dalla lor clientela, perché essi chiamano le loro Medicine con grandi nomi cosicché l’immaginazione del paziente, impressionata dalla ricchezza e valore del rimedio, faccia la cura; e quindi essi compongono le lor Medicine d’ingredienti rari come Oro, Argento, Perle, Bezoaro, Spermaceti, Muschio e molti ancora, dandone nomi secondo la lor nascita. Essi le chiamano il Balsamo di Vita, Il Gran Elisir, il Ristoratore di Vita, l’Oro Potabile, il Burro e L’Olio del Sole; e chi mai potrà dubitare dei loro trucchi coi quali confondono grandi moltitudini d’ignoranti? E però c’è del vero nei nomi dei farmaci da essi descritti, perché il Balsamo di Vita, tale è senz’altro per lor stessi, sostentandoli e mantenendoli vivi.
Ma anche ammettendo che queste costose Medicine siano buone ed utili, comunque essi devon confessare che altre, meno care, posseggano grandi virtù in loro stesse. Dobbiamo inoltre domandarci se essi, onestamente, non vendano un po’ di sale per oro, o veleno per Balsamo di Vita, e abbiamo saputo di alcuni condotti alla soglia della morte a cagione del loro Mercurio. Dico ciò perché gli altri possano aver più cautela.
Pensate cosa succederebbe se, per sbaglio si somministrasse Oppio al posto di Apium o prezzemolo. Così, essi sperimentano sul corpo degli uomini ed uno ne uccidono per salvarne un altro. Per di più, sebbene questi possan essere cordiali o antidoti eccellenti, eppure non sono appropriati alla malattia, e così, di conseguenza, lentamente conducono al dolore e alla rovina. Consideriamo, poi, l’abuso; il paziente caramente paga per ciò che gli è di misero vantaggio e rifiuta i mezzi alla sua portata, dove non vi è pericolo, essendo ciò confermato da esperienza e da tutti color che l’han provato. Non è difficile provare che ogni paese abbonda dei semplici più appropriati alle malattie del paese stesso, non c’è quindi bisogno di recarsi in India o di usar droghe esotiche.
Questa questione venne affrontata da molti uomini di studio e non vi perderemo ora troppo tempo. Noi non vogliamo negar l’uso, nel cibo e nella fisica, di spezie indiane ed arabe, né vogliamo condannar altri doni eccellenti di Dio, ma qui crediamo vi sia dolo nel lor prezzo. Usiamole quindi nei loro propri posti e tempi. Forse simili preziose cose furono fatte per grandi personaggi, e gran cura va profusa nella preparazione alfine di non sofisticarle. Dico che i ricchi posson permettersi di pagar salato per queste medicine, e cioè coloro che amano mangiar e bere l’oro, e sperano che, per via di questo, essi possano comprar ogni cosa terrena, e quindi anche la salute stessa.
Neanche vorremo si pensasse che noi ignoriamo le grandi virtù ed efficacia dell’Oro, ma qui diciamo degli abusi di quegli impostori che invece truffano e derubano: e possiamo tutti assicurare che nulla vi è di buono nel bollir e ribollir l’Oro. Essi gabellano il loro mestruo per Oro dissolto che, essendo ridotto a Spirito, può corrodere (e lasciamo che gli uomini lo sappiano); Imitando il cuoco distratto, che, avendo perso il brodo ove la carne bollì, porta a tavola una pietanza senza cuore né forza alcuna. Così essi, avendo consumato e perso il loro Oro con Sali ed in altri modi, vendono ciò che ne rimane. Quando l’uccello è fuggito, essi ne vendono il nido, e ciò essi chiamano L’Oro Potabile, spiritualizzato sol perché invisibile.
Può essere che essi pongano dell’Oro nel lor forno, ma che, in tal maniera, essi possano produrre simili Medicine, noi lo neghiamo. Molti si chiamarono Alessandro, o Giulio, ma uno soltanto fu Alessandro il Grande, uno Giulio Cesare, gli altri avendone il nome solamente. Se alcuno dovesse investigar nell’eccellenza dei semplici dei nostri paesi, troverebbe lavoro bastante per se stesso, ma lasceremo ciò ad un’altra volta. Ma, per non dir del prezzo, possiamo forse noi non sospettar della preparazione, e cioè che essi, invece del vero, vendano preparazioni ingannevoli, facendo difetto della lor arte e professione? Perché la bilancia dell’umana fragilità ha giustizia da un lato, dall’altro profitto, con questo, spesso prevalente; onestà ci può essere d’intralcio, ma il profitto con sé reca piacere e delizia.
Così oggi i mercanti considerano parte del loro commercio l’imparar le tecniche per meglio adulterar le loro mercanzie. Questo quando i Tebani non avrebbero permesso ad alcuno di divenir magistrato se questi non avesse dismesso i propri commerci da dieci anni almeno, tempo nel quale egli dimenticato avrebbe la frode, ma io qui tutto questo non censurerò. Lo stesso potrebbe esser detto di coloro che vendono Medicine, siano essi fisici o farmacisti, se questi abusano della lor professione.
Rimane quindi da mostrare che specifici o vegetabili e cose di poco valore esser più potenti contro il male di ciò che ha grande prezzo, né il motivo va’ cercato troppo lontano, perché le cose le cui proprietà assolutamente resistono alla malattia, queste di necessità abbisognano esser più efficaci di quelle che, per sbaglio, si accompagnano alla malattia e casualmente ne effettuano la cura.
Nell’arte meccanica, se colui che eccelle in qualcosa si vanta delle proprie capacita in ciò che pur non ha mai visto, voi direste trattarsi di un abborraccione, ma impiegatelo in un commercio nel quale egli sia stato ben preparato ed egli mostrerà l’essere operaio valente; così nelle malattie, ove ogni specifico agisce nel suo proprio campo, ma se applicato ad un altro, risulta inefficace. Né ci possiamo attendere da alcuno (anche se fornito di cento mani) di conquistar un intero esercito, che però può essere vinto da piccola schiera di esperti militi, ma di ciò abbiamo detto.

Capitolo IX.
Che molti tengono la Chimica in odio, ed altri disdegnan l’uso di vegetabili e composizioni Galeniche, ambedue delle quali potendo, nei casi propri, essere d’effetto.

Come il palato degli uomini non ha lo stesso gusto, ma ciò che ad uno piace è dall’altro detestato, così i giudizi degli uomini divergono e quel che l’uno approva, l’altro nega, essendo ciò causato da simpatia o antipatia, che fanno loro abbracciar o odiar le cose, corrotte inoltre da pregiudizio o da ragione. Alcuni non osano assaggiar formaggio per tutta lor vita, altri se ne astengono ma solo per alcuni anni, alcuni bevono solo acqua, rifiutando vino, o birra; ed in tutto questo vi è grande varietà. Così è la differenza tra le menti, per cui due che si incontrano per la prima volta desiderano e ricercano l’amicizia dell’altro e, al contrario, persone che mai si son recate ingiuria si detestano.
Così accade a colui che, vedendo due giocatori, inizia a parteggiar per l’uno che più gli si confà, e vorrebbe che questi vincesse e proverebbe piacere alla sconfitta dell’altro, sebbene egli mai abbia ricevuto cortesia dal primo o danno o mala parola dal secondo. Ora, se la comprensione eccelle il gusto e la facoltà sensuale ed ottusa, tanto più un uomo veramente saggio sorpasserà colui che solo esternamente appare giudizioso.
L’uno con riflessione considera e pondera la materia, l’altro tende superficialmente ad apprendere in maniera avventata. Così molti uomini istruiti, i cui desideri non sono stati soggetti alla lor ragione hanno abusato di se stessi, ed hanno quindi definito buone alcune cose, allontanandone altre come cattive.
Sembrerebbe cosa strana in Medicina che alcuni dottori debbano solo prescrivere vegetabili e fisica galenica odiando la chimica di cuore; mentre altri, interamente inclini alle novità debbano rifiutar ogni medicamento che non sia chimicamente preparato. Ambedue le parti, nella mia opinione, sono guidate più dal desiderio che dalla ragione, perché io suppongo l’esser assolutamente necessario prima studiar la nostra antica, dogmatica Medicina, sia nelle sue parti speculative che pratiche per corregger i difetti già notati delle prime, seconde e terze qualità; e far lo stesso, poi, con la chimica, cosicché tutto sia senza sospetto o frode e quindi cominceremo con il vecchio, per proceder poi nel nuovo.
Abbiamo già provato a sufficienza l’esistere di proprietà occulte e di virtù specifiche nei semplici, come mai venne negato dai galenici, che hanno inoltre affermato che queste proprietà non traggono la loro azione dalle loro qualità o gradi ma dalla loro natura, per mezzo della quale mitigano i sintomi e combattono la causa del malanno ristorando salute al corpo umano.
Se questo è vero, perché allora i fisici non mostran più attenzione nella raccolta e nella comprensione della natura dei semplici? Fernelio, nel suo libro De abditis rerum caussi afferma che questa virtù specifica, da lui detta forma, giace nascosta in ogni parte di un semplice ed è diffusa attraverso tutti gli elementi. Cosicché, l’acqua togliendo per via chimica, l’olio se ne estrae ed il sale si ottiene dalle ceneri, ciascuno di questi, acqua, olio e sale, avendo le virtù specifiche dei semplici, ma io credo non tutte equivalenti, ma se assieme unite, perfette e complete.
Avendo ciò evidenziato e confermato, dobbiamo confessare che il corpo esterno e tangibile di ogni semplice, che può essere schiacciato, tagliato, setacciato, bollito e mescolato con ogni altro, sia questo la corteccia o la carcassa, è l’abitazione della qualità dello specifico, essendone questa l’essenza e l’anima. E cosa diremmo adesso di quei preparati, fatti in farmacia, e contenenti bene e male, anzi, corruzione della peggior specie, in essi? Non rideremmo forse noi di colui il quale disdegna chi, essendogli comandato di chiamar qualcuno fuor dalla sua casa, gli dica di portarsi questa appresso? O che non può usar gli uccelli a meno che il nido non sia un ingrediente, o mangiar ostriche senza ingurgitarne la conchiglia?
Ma i farmacisti credono che ciò sia giusto, perché non sanno far di meglio. Le qualità occulte essendo così sottili che posson facilmente disperdersi a meno che vengano con cura osservate, e conservate o incorporate con grande abilità. La Canfora perde la sua forza se non viene curata con semi di lino. Il Rabarbaro si preserva nella cera o nello Spirito di Vino. I sali del sangue caprino evaporano se non son mantenuti sotto vetro.
E che cosa potremmo noi dire delle qualità specifiche qualora separate dai lor corpi? Non tornerebbero esse ai loro principi primi? Perché chi mai potrebbe separar la qualità del bruciare dal fuoco, o quella del bagnare dall’acqua? Ma se ciò è impossibile nei corpi semplici, quanto più difficile sarà nei composti? Potrei io quindi sperare nell’uso di Medicine che sien giuste, possibili e ragionabili, perché è soltanto abbandonando ostentazione ed orgoglio che la verità prospera.
Peraltro potremmo concedere che in sciroppi, giulebbi e conserve la gran quantità di zucchero non blocchi l’opera naturale del semplice; e forse potremmo approvar l’uso di elettuari, oppiati ed antidoti, a meno che la moltitudine dei semplici ivi composti non ne abbia ad estinguere la virtù vera. Forse le pasticche, e tutto ciò che è amaro, acido, acuto, o le Medicine nauseabonde potranno far del bene, ma comunque queste distruggon l’appetito e causano disgusto, cosicché il paziente preferisce il male al suo rimedio. Se l’amaro, l’acido o l’acuto ed un sapor cattivo sono qualità specifiche, esse dovrebbero esser più controllate che liberamente usate, ma queste sono solo serve a lor padrone, d’uso per la Qualità Specifica, con la differenza vera scoperta dalla chimica, che, se correttamente usata, separa il puro dalle impurità.
Ma non fraintendete; noi non diciamo che i preparati chimici solo abbiano dello spirituale e nessun corpo, ma sono più penetranti e sottili, più purificati dei corpi grossolani appesantiti da grandi quantità di zucchero che li avvince e ne limita la libertà di agire e compiere l’opera loro. A questo punto potrete notare la follia e la pazzia di coloro che odiano la chimica, che invece dev’esser usata con gran cura e giudizio non essendo lavoro del fisico quello di bruciare, incidere, cauterizzare e rimuovere la causa della malattia per indebolir il paziente e mettere in pericolo la sua vita, quando invece i sintomi devon diminuire e la natura sia ristorata e confortata da cordiali sicuri.
Arcagato fu il primo chirurgo a venir a Roma, e qui venne ricevuto con onori, ma iniziando egli ad incidere e bruciare, la gente lo trattò da boia, e fu per causa di coloro come lui che tutti i fisici vennero banditi. Carmio, condannando il giudizio dei suoi predecessori, creò nuove tecniche di cura e comandò ai suoi pazienti il ghiaccio e la neve, e bagni in acque fredde, così come Plinio ci narra, raccontandoci di aver visto vecchi al freddo assisi, a cagione delle di lui istruzioni.
Per curar la gotta, ci racconta Erasmo, Acesia guardò più alla malattia che al dolore, che, essendo negletto, aumentò; di qui il proverbio, applicato alle condizioni che peggiorano: Acesias medicatus est.
Quindi è chiaro, da ciò che è stato detto, che la Natura meglio si soddisfa con l’applicazione di medicine vantaggiose e salutari. Asclepiade, amico di Pompeo per primo dimostrò il beneficio dell’uso del vino agli ammalati, guarendo un uomo che veniva trasportato alla sua tomba. Egli insegnò a mantener salute con l’uso moderato di carne e di bevande, esercizio e molte frizioni; egli inventò pozioni deliziose e piacevoli, e prescrisse bagni, ed inventò giacigli sospesi, così che il sonno sorprendesse gli uomini in modo spensierato e noncurante. Plinio stesso ci disse che il fisico Democrito, avendo in cura Considia, figlia del Console Serelio, proibì l’applicazione di misure dure e severe e, per mezzo di uso lungo e continuativo di latte di capra, la guarì. Agrone, come ci dice Coelio Lib. 13, cap. 22, fu fisico ad Atene e, durante un gran contagio, essendo molte le persone infette, solo volle accendere dei gran fuochi notturni; e similmente fece Ippocrate, cosa per la quale egli venne molto onorato.
Da cui possiamo imparare che moderazione e gentilezza, in una malattia, son trattamenti più efficaci, per portar via la causa e nel curare i sintomi, di misure ruvide e severe. Il marinaio non spera in una bufera per giungere al porto desiderato, né il viandante cammina il linea retta, ma ambedue, alfine, raggiungon le loro speranze. Leggiamo che Fabio conquistò il suo nemico per mezzo del ritardo, ed è quindi capolavoro di prudenza prima il deliberare, naturalmente e bene, e poi l’eseguire; ma i metodi di cura rimangono immutabili, e gli assiomi son fissi, e cioè: se si rimuove la causa, l’effetto cessa; se la malattia è curata i sintomi svaniscono e si consungono.
Ma la chimica ci provvede Medicine sicure e piacevoli, e che in fretta raggiungono l’effetto al quale vennero intese: molti lo hanno confermato nei lor scritti, e quindi sarebbe improprio l’attardarvicisi. Passiamo ora a discorrere dei chimici. Essi andrebbero chiamati i giovani Teofrasto, aventi come il loro maestro un titolo Divino, che egli non ebbe da padre né da madre, ma personalmente si assunse come dono magnifico e glorioso. Ma senza dubbio egli fu uomo di conoscenza eminente ed ammirabile nell’Arte della fisica, eppur sarebbe sicuramente giudicata pazzia in sé medesima il dimenticar gli Antichi per seguire le sue nuove invenzioni.
Potrebbe sembrare assurda l’idea di voler ristorare ad un vecchio la sua forza, perché la Morte s’avvicina ed ogni uomo, alle lunghe, deve sottoporsi al di lei scettro. Non è forse il mondo antico assai, e pieno di giorni? E non è follia il pensar di guarirlo e chiamarlo indietro alla sua gioventù? Sicuramente, la lor nuova Medicina non può rianimar il mondo morente, ma potrebbe invece vieppiù indebolirlo ed approssimarne la fine. Però trattenetevi, vi prego, e non immaginate che io presentemente voglia censurare i preparati eccellenti e chiaramente divini della chimica, ma piuttosto le persone che la professano, che fanno della distruzione il loro affare, ma si sforzano di non costruire, che calpestano gli altri per innalzarsi ed esaltarsi, come Tessalo, che si lamentava contro tutti coloro che non fossero suoi seguaci. E Crisippo, maestro di Eristrato, che per conquistar notorietà ed eminenza, disprezzò Ippocrate e lo denigrò.
Questi e uomini simili sono capaci di promettere molto, ma eseguir ben poco, potendo certamente qui concludere che, sebbene coloro mostrino grandezza, essi mai l’otterranno con mezzi sì indiretti. Vorrei che molti dei paracelsiani non seguissero troppo pedissequamente i vizi del maestro loro, perché se molti tra gli scritti recenti fossero ben scrutati, ed esposti i loro abusi e l’aspro linguaggio verso gli altri, non dubito che i loro volumi si ridurrebbero di molto. Sarebbe molto meglio combattere il nemico comune, la malattia, piuttosto che vendicarsi dei rancori privati tra fisici.
Le bestie selvagge ringhiano, mostrano denti e sputano veleno; l’arma dell’uomo è la ragione, con la quale egli dovrebbe confondere i suoi avversari. Nel toccar la chimica, noi grandemente ammiriamo ed elogiamo le cose di essa che sono buone, né disprezziamo la fisica galenica, che è efficace in alcune istanze. La mia opinione è che tutto vada usato al posto che gli compete. Gli uomini non sono solo spiriti ma sostanze corporee, e quindi non abbisognano di Medicine esaltate al loro più altro grado di perfezione, o almeno non per ogni dolore applicato ad ogni persona ed ad ogni parte o membro.
Vi sono alcune malattie che, essendo calde e secche, non vanno curate da prescrizioni chimiche i cui ingredienti o preparati hanno simili qualità. In una società c’è il mercante e l’uomo d’affari, ma l’uno non può rimpiazzare l’altro, così un fisico prudente userà diversa misura ove egli ne vede l’occasione, in una guisa per il campagnolo, nell’altra per persona delicata; in un modo per malattie di poco conto, nell’altro per casi più pericolosi; l’uno per piacevolezza, l’altro per efficacia, così come necessità richieda.

Themis Aureaultima modifica: 2008-11-30T11:33:22+01:00da giovannisantoro
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